La Sony ha ripubblicato “Rockmantico“, l’album cult di synth pop italiano che contiene la famosa “Tanz bambolina” , in cd e in vinile rosso limited edition
Cyberclown elettronico, brasiliano innamorato, cantautore techno etnik e fanatico di rock’n’roll! Questo è Alberto Camerini, 11 dischi di registrazioni inedite pubblicati tra il 1976 e il 2005, a seguire un’intensa attività live esplorando e sperimentando diverse forme musicali dalle arie veneziane alla musica barocca, tiratissimi concerti punk nei Centri Sociali, il recital unplugged “Ho visto un angelo”, lo spettacolo teatrale “In Love with a Killer” mini Opera Ballet ispirata all’album del 2001, “Il Buffo alla Moda” e tante feste di piazza con le canzoni degli anni ’80 che hanno scalato le classifiche. Sony Music ha pubblicato da pochissimo la riedizione in cd dell’album “Rockmantico”, colonna sonora dell’estate 1982, disponibile anche in vinile rosso, un album che consacra il successo del cantautore milanese nato a San Paolo del Brasile, presente nella classifica dei 100 dischi italiani più belli di sempre secondo Rolling Stone Italia, alla posizione numero 62.
I primi tre dischi escono per la mitica etichetta Cramps di Gianni Sassi e sono pagine fondamentali per la storia musicale di quel giro milanese formato (tra gli altri) da Eugenio Finardi, Area, Skiantos e Claudio Rocchi. “Cenerentola e il pane quotidiano” è un’opera prima d’alto livello con canzoni che fotografano alla perfezione la Milano di quel periodo, soprattutto nei brani “Santa Marta” e “La ballata dell’invasione degli extraterrestri”. Il secondo “Gelato metropolitano” più acustico, ci regala due perle: l’autobiografica “Alberto” e “Bambulè”, cantata in coppia con Donatella Bardi. Nel terzo album prodotto da Shel Shapiro c’è già una bozza dell’Arlecchino che finirà sulle copertine di tutte le riviste musicali nel decennio successivo. Tra i brani più amati spiccano “Neurox”, “Macondo” e “Sciocka”, quest’ultimo uscito anche su 45 giri con “Siamo tanti” sul lato b. Poi nel 1980 arriva la svolta electro-pop con “Sintonizzati con me”, “Serenella” e “Skatenati”, che mette l’accento sulla passione per la Commedia dell’Arte e l’allora nascente moda ska, con la chitarra filtrata dai sintetizzatori. L’anno successivo è la volta del boom di “Rock’n’roll robot” e nell’82 un altro singolo-bomba, la synth-song “Tanz bambolina” di sapore mitteleuropeo, per arrivare alla geniale “Computer capriccio” del 1983 che descrive con largo anticipo la realtà virtuale, tutta la frenetica comunicazione attraverso il computer e l’alienazione elettronica. Tutta farina del sacco di Alberto Camerini, impastata e cucinata con la produzione dell’amico Roberto Colombo, attuale marito di Antonella Ruggiero (ex Matia Bazar) e arrangiatore dei dischi di Garbo, Enzo Jannacci, Ivan Cattaneo, Adriano Celentano e molti altri.
Incontro l’ Arlecchino Camerini nella sua casa milanese.

Che effetto ti fa ritrovare nei negozi e nello shopping on line il tuo album “Rockmantico”, forse quello che ha venduto di più?
Il secondo, dopo “Rudy Rita” dell’81 però è stato quello che ha fatto centro nel campo della techno music/electro pop, anzi euro-pop. Nonostante “Mr. Rock” e “Fanatico di rock’n’roll” che erano due pezzi un po’ alla Ramones, beh mi ha fatto un enorme piacere. Nell’82 ero già sulla cresta dell’onda grazie alla CBS e soprattutto a “Rock’n’Roll Robot”, mi nacque una bambina meravigliosa, l’Italia vinse i campionati del mondo in Spagna e ricordo che nelle prime tre posizioni in classifica c’erano Miguel Bosè con “Bravi Ragazzi”, “Avrai” di Claudio Baglioni e “Tanz bambolina” di Alberto Camerini. Ero sempre in tivù, avvantaggiato dal fatto che avevo un physique du rôle per fare la pop star alla David Bowie.
Nell’82 anche il tuo look subì l’ennesima trasformazione. Sbaglio o l’Arlecchino che portavi in scena diventò quasi melodrammatico?
Esatto. Ossigenai i capelli e mi ricordo che andai a Roma e il direttore marketing della CBS che era Alberto Cusella mi disse che stavo malissimo. L’anno prima avevo la cresta bicolore, con la ciocca chiara e ancora prima li portavo arancioni alla Johnny Rotten. Nell’82 li ho proprio ossigenati completamente ed è pericoloso farlo da soli, ricordo che venivano giù le ciocche, poi nell’83 per “Computer capriccio” sono tornato al bicolore perché c’era la ricrescita.
Nell’82 partì il Tour delle Bambole negli stadi e nei palasport. La televisione Svizzera riprese un tuo concerto per intero, ripercorriamo insieme la scaletta dell’epoca: che cosa ricordi? (gli mostro la scaletta originale di quel Tour)
Ricordo che avevo due manichini sul palco, la fata bionda e la strega nera e poi avevo l’insegna luminosa al neon “Arlecchino Italian Restaurant”, cambiavo costume e mi vestivo anche da cameriere, lanciavo i maccheroni sul pubblico (ride).
Il disco era un concept album, poteva chiamarsi anche “Arlecchino educato dall’amore” visto che riprendeva un canovaccio di Marivaux o sbaglio?
Sì esatto, Arlequin poli par l’amour. Ho sempre avuto la passione di Arlecchino, in tutte le mie canzoni c’era la parola “Arlecchino” però non sono mai riuscito a fare l’Arlecchino veramente come avrei voluto, non mi hanno mai apprezzato in quel senso. Ero più un cioccolatino per le ragazzine che mi aspettavano sotto casa, molto superficiale, molto rapido, usa e getta. Invece c’era tutto un discorso con delle radici molto più profonde, ma la pop music è quella che è e bisogna accettarla per gli aspetti positivi, per la gioia e la felicità. In scaletta c’erano “Mon amì”, “Il Re di plastica”, “Maccheroni elettronici”, “Questo amore” e “Il Ristorante di Ricciolina”.
“Rockmantico” è un disco pop elettronico, ma dentro troviamo anche “Mr.Rock”, come citavi prima, che sembra un pezzo degli AC/DC, con un assolo di chitarra pazzesco. Come mai questa scheggia impazzita in mezzo a tante canzoni con arrangiamenti che ricordano un pò la musica del settecento?
Sì, in effetti è vero. Non saprei spiegare, forse con un eccletismo…mi piaceva sia la Commedia di Marivaux che rendeva bene sulla scena ma anche il rock. Un pò rock, un pò romantico. Infatti Donatella Milani venne ad un mio concerto a San Giovanni Valdarno e mi disse: “Erano bellissime quelle due statue che avevi sul palco, una da fata e l’altra tutta vestita futuristica” perchè la commedia era un atto unico per tre personaggi e il concerto era visivamente molto divertente, funzionava bene. Poi suonavo la chitarra; anche i Beatles hanno fatto cose di svariati generi musicali, dal blues di John Lennon alle ballate, “Revolution”, musica country. Anche i Beatles facevano un pò di tutto. La chitarra era la mia anima musicale mentre gli arrangiamenti erano l’anima di Roberto Colombo e l’album è uscito così, con un’apertura di mente. Marivaux, autore francese della prima metà del settecento, scrisse anche per gli attori italiani quindi per l’Arlecchino di Tommaso Vicentini e la compagnia di Lelio Ricoboni, modenese e la coppia Silvia Balletti e Mario Balletti. L’Arlecchino è la prima commedia che scrisse perché gli attori italiani improvvisavano, parola per parola, scritta, vincolate al testo, per essere anche più censurabili, con tre attori, per cui era anche un inizio, poi Marivaux ha scritto delle cose più complesse per due e quattro attori, scusate se sono così pedante ma è la mia passione.
Ricordo che nella scaletta dell’anno successivo (1983) avevi incluso anche “Pane quotidiano”, il tuo primo singolo del ’76 però in una versione lunghissima di ben undici minuti, piena di assoli. Non te la ricordi? Dalla faccia che fai direi di no.
Sai che non mi ricordo? A che punto della scaletta?
Eh mi chiedi troppo. Comunque Alecchino non lo hai mai abbandonato, anzi nel nuovo millennio lo hai reso cibernetico ed è nato “Cyberclown” un album realizzato con la tua etichetta 316 records a cui tieni molto e forse meritava di più. Che dici?
Eh si è stato ignorato, completamente emarginato. Vabbè, ma pazienza, no? Quando manca la promozione della casa discografica non c’è niente da fare non è una grossa tragedia, bisogna accettare la vita per quella che è e va bene lo stesso. Quel disco l’ho suonato dal vivo con una band favolosa e poi dopo ho fatto anche i centri sociali con un trio punkettone. L’ho portato anche in Teatro, in un’altra dimensione, con Liudmila Markova e Chiara Napoli, due attrici bravissime ci siamo divertiti.
Nel 2005 è uscito l’album “Kids wanna rock” che hai presentato all’ottava edizione del San Giuseppe Rock di Cosenza e in rete c’è ancora quella fantastica esibizione. Perchè lo hai definito “l’ultimo giro di punk”?
Quando stavo producendo “Cyberclown” in realtà volevo già fare il disco punk ma ero vestito da Marylin Manson (ride) e mi dicevano che dovevo cambiare stile. Dentro c’era anche lo ska e il reggae. Così mi sono rotto i coglioni e l’ho fatto dopo, con il gruppo degli Skidsoplastix. Ci sono dei testi interessanti, ad esempio “Gli uccelli” o “Stai perdendo contatto”.
Le tue passioni musicali comprendono anche le arie da battello e la musica dance. Quante anime musicali possiedi?
Sette anime. Il punk, prima il rock e poi il brasiliano ma io ho fatto addirittura un sito in cui io sono Billy Albert Rock, Joãozinho Ipiranga quando faccio musica brasiliana, Aniello Canarini quando canto le canzoni melodiche alla Pooh e poi c’è quello della EDM Electronic Dance DJ Starlovski Electronic Dance Music e le arie da battello e sono quindi cinque diverse. La mia casa psycografica ha cinque autori che sono sempre io. Dovrebbero essere contenti. Cinque stili diversi perché amo la musica semplicemente perché non sono limitato nei miei gusti musicali, mentre molti apprezzano soltanto una cosa perché non sanno che esiste il resto del mondo.
Stai producendo delle cose nuove che ogni tanto butti in rete…
…che poi tolgo immediatamente (ride). Sono purtroppo ancora dei provini, non sono dei master per cui devo trovare uno studio professionale e far uscire un pezzo finito e masterizzato bene, “Chitarra romana” per esempio però non sono ancora riuscito a farlo e allora l’ho tolto dalla rete. Ho lasciato solo “On danse” una canzone latin chic e ti racconto la storia. Un giorno sono andato alla Scala di Milano al bar a bere un caffè e ho incontrato Alessandra Ferri, lei in persona! Più di Mick Jagger (ride) bellissima, e ho scritto una canzone che riguarda le ballerine di Degas, in francese, a me piace quello stile. Quello che non ho ancora fatto è un lavoro da adulto, una vera opera da Biennale di Venezia, anche lì però è tutta una fila lunghissima, conosco Luca Francesconi che è compositore anche lui fa delle musiche molto cerebrali assolutamente prive di popolarità. E’ ridicolo fare un’opera oggi perché l’opera era la radio di allora, la gente cantava le canzoni di Verdi, non c’era la radio e compravano lo spartito, si mettevano davanti al pianoforte e la sera cantavano.
La generazione elettronica che cantavi nell’83 in “Computer capriccio” non era soltanto una visione. Cosa ne pensi dell’intelligenza artificiale?
E’ una tematica, questa dell’intelligenza artificiale, che sorprendentemente per me è diventata attualissima con i nuovi sviluppi della tecnologia, le automobili guidate da robot, Internet of Things cioè Wi-Fi per aprire e cancelli, robot in cucina per cucinare. Diventa tutto un po’ automatizzato, non l’avrei mai pensato. All’epoca in realtà, forse il mio messaggio era quello di dire: “Sono talmente fanatico di rock’n’roll da diventare un robot perché in realtà era il rock’n’roll la mia ossessione in quel periodo”. Oggi non si usa più l’amplificatore per la chitarra, lo metti nel computer, c’è una serie di tools, di programmi che si aprono, che processano il suono e ti danno il suono di chitarra. Viene sempre più facile, più semplice e più economico anche, la musica fatta con il computer. Oggi mi diverto nel mio home studio a rimanipolare le mie canzoni vecchie e nuove, realizzo varie versioni dello stesso pezzo, in “Sushi bar” ho inserito la voce del robot , poi ho fatto una seconda versione poi ho pensato anche ad un arrangiamento leggermente diverso magari più batteria, meno batteria…una strofa con una tastiera , la seconda strofa con un’altra sequenza posso fare molte cose, ho diversi programmi e questo consuma tutte le mie energie.
Stai scrivendo anche un libro?
Esatto, si chiama “La clinica delle bambole” ed una specie di giallo informatico che parla di intelligenza artificiale, di robots artificiali. “La Stampa” di Torino mi ha intervistato, ho detto loro che stavo scrivendo questo libro e che il mio sogno era quello di farlo pubblicare da La Nave di Teseo che è una casa editrice molto prestigiosa, molto intellettuale. La domenica in cui è uscito il giornale mi ha telefonato Elisabetta Sgarbi e mi sarei messo in ginocchio a piangere dalla venerazione perché è un personaggio che io ritengo molto colto è un po’ come la vecchia Feltrinelli. Hanno pubblicato dei libri di filosofia di Gianni Vattimo, traduzioni, è una casa editrice d’avanguardia più di quanto fosse stata la Cramps ai vecchi tempi che era molto centrata sul situazionismo politico, questa invece è cultura allo stato puro.
Con questa lunga chiacchierata abbiamo anche parlato di “Rockmantico”, il disco di “Tanz bambolina” che la Sony ha ripubblicato all’inizio del 2025 colmando un vuoto di 35 anni. Infatti i tuoi primi 7 albums vennero pubblicati in cd nel 1990 e mai più ristampati. Tra l’altro il booklet interno con i testi riprende la grafica originale della busta interna del vinile originale.
Sono molto contento per questo. La Sony ha ristampato quasi tutti i miei dischi in vinile colorato. Vi saluto di cuore e poi tu Claudio sei bravissimo, uno degli storici più accurati della musica pop italiana, uno degli archivisti più puntuali e precisi e con una memoria lunghissima. Ti siamo riconoscenti, grazie.
Dove arriverà il tuo Arlecchino?
Un tempo ti avrei risposto che arriverà sul pianeta Saturno che è il pianeta del Carnevale, adesso diciamo che con questo tsunami di internet e la bomba atomica Nord Coreana non so dove andrò a finire, sicuramente in internet, ormai il teatro globale è la rete.


















