Camillo Langone (Parma, 1962) è l’esatto opposto degli art addicted che cicalano nel piccolo mondo antico della provincia italiana dell’arte che vuol far l’americana. A lui, che ha fatto il viaggio nella provincia italiana, (Il collezionista di città. Viaggi italiani) giriamo tre domande sullo stato degli artisti italiani della provincia: poi non veniteci a dire che Piero Chiara c’entra niente.
Caro Camillo, chi sono oggi i chiaristi lombardi, i discendenti della Scuola di Posillipo, i nuovi Maestri veneti e gli artisti della Scuola Romana?
Di chiaristi lombardi non ce ne sono più e non mi dispero affatto: davvero qualcuno sente il bisogno di un erede di Lilloni? Oggi ci sono piuttosto degli scuristi lombardi: Arrivabene e L’Altrella. Anche la Scuola Romana è soltanto un ricordo, in piazza del Popolo ci vanno solo i turisti e la piazza di internet, più che riunire, divide. Il discendente della scuola di Posillipo è chiaramente Tommaso Ottieri. Il nuovo maestro veneto è Nicola Verlato.
Lo scorso numero di CulturaIdentità era dedicato al cibo: un pittore che non sa cucinare cos’è per te? E pittrici cuoche, ne conosci?
Nemmeno io so cucinare, quasi nessuno sa cucinare: perché mai dovrebbero saperlo fare dei pittori e delle pittrici? Perché le pittrici sono donne e le donne dovrebbero starsene ai fornelli? Ma una pittrice prima di essere una donna dev’essere una pittrice. Il rapporto di un pittore con il cibo dev’essere innanzitutto pittorico, il caso più entusiasmante è quello di Enrico Robusti, che mi ha ritratto fra salami e bottiglie di Lambrusco.
Questo numero di CulturaIdentità esce a gennaio durante Arte Fiera Bologna: se volessi fare l’agente provocatore ad Arte Fiera cosa combineresti?
Detesto le fiere, anche quelle dedicate al cotechino, figuriamoci, e detesto le provocazioni. Sono un uomo semplice e diretto. Se avessi la mailing list degli intenzionati ad andare ad Arte Fiera scriverei loro pressappoco così: “Statevene a casa, piantatela di fare del turismo dell’arte e diventate protagonisti dell’arte, soggetti dell’arte. Ossia diventate committenti. Commissionate ritratti (vostri o delle persone che amate), commissionate paesaggi dei luoghi a voi cari. Non fatevi usare dal mondo dell’arte: usate il mondo dell’arte! Non comprate opere seriali realizzate da qualcuno che nemmeno vi conosce, e che potrebbero essere vendute a chiunque. Le fiere dell’arte stanno all’arte come i quartieri a luci rosse stanno all’amore. Andate a trovare gli artisti nei loro studi, parlate con loro, pranzate con loro, bevete con loro e alla fine commissionate un quadro che non sia solo uno scambio di denaro, un quadro che vi appartenga intimamente e per sempre. Immortalatevi, immortalate”.
Il Padiglione Italia di Camillo Langone se alla prossima Biennale di Venezia lo curasse lui: fuori i nomi
Esporrei pittori, solo pittori, nient’altro che pittori. Nel numero evangelico di dodici. Ma i nomi li tengo dentro, anzi non li tengo da nessuna parte, sarebbe spazio mentale sprecato siccome non mi faranno curare alcunché.
















