Arrigo Musti, artista “identitario” fra smalti e merletti “Impop”

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Ha esposto alla Biennale di Venezia nel Padiglione Italia curato da Sgarbi con un testo di presentazione del premio Oscar Giuseppe Tornatore. Ha all’attivo numerose mostre personali e collettive in gallerie d’arte contemporanea e musei tra Italia, Francia, Inghilterra, Olanda, Stati Uniti. Di lui hanno scritto fra gli altri Maurizio Calvesi, Angelo Crespi, Lorenzo Canova, Vittorio Sgarbi, Mark Jenkins (Washington Post), Annabelle Priestley (Princeton Art Museum New Jersey). Le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private e sono presenti in mostre permanenti (Watergate Gallery, Washington) e in spazi istituzionali (tra i tanti il Tribunale Penale Internazionale dell’Aja, acquistate da Christie’s dalle Nazioni Unite; il Museo Guttuso a Palermo; il Dayton Peace Museum in Ohio; il Museo Marino Marini di Firenze). Il Memorial Center di Srebrenica delle Nazioni (Bosnia Erzegovina) lo esporrà stabilmente dal 2022, mentre l’Atlante dell’Arte De Agostini 2022 gli ha dedicato una pagina. E’ presente anche nell’enciclopedia Treccani e di lui hanno scritto articoli su Washington Post, Rolling Stone, Il Giornale dell’Arte, il Giornale, La Stampa, Repubblica, mentre Skyra, Mondadori, Fondazione Maimeri hanno pubblicato cataloghi delle sue mostre. Lui è Arrigo Musti (Palermo, 1969; vive e lavora tra Roma e Bagheria) e la sua mostra ai Musei di Villa Torlonia curata da Lorenzo Canova nel 2014 racchiudeva già nel titolo “Impop” l’estetica della sua innovativa cifra stilistica: pop e non solo. Oltre il pop c’è di più: la nostra storia, che è sempre contemporanea. “Impop” come “impopolare”, perché interrogarsi sul significato dell’arte guardando quel passato che rappresenta le nostre radici classiche ci fa sembrare appunto “troppo poco pop” rispetto alla pop art cui siamo abituati, quella di Andy Wharol, delle sue Marylin e delle sue Brillo Box. Eppure, eppure. Queste tecniche miste a smalti su merletto e alluminio con dimensioni medie variabili da 160×190 cm a 4 metri x 5 sono un po’ un varco spaziotemporale, un “gate” che dalla pop art ci fa atterrare alla classicità: colori sgargianti, un caleidoscopio lisergico da cui emerge un’iconografia classica, quella classicità di cui siamo figli e che sono un po’ la nostra radice archetipica, quell’immaginario collettivo che fa parte della nostra cultura e della nostra storia. Come ha scritto Lorenzo Canova sull’artista palermitano: “Il lavoro di Arrigo Musti si inserisce in modo personale e autonomo nel contesto attuale, fondendo sapientemente riferimenti alla storia dell’arte con temi pressanti e di grande attualità come la difesa del patrimonio culturale e la memoria storica”. Arrigo Musti, un artista identitario che dal pop (anzi, dall’ “Impop”) ci trasporta nel mare della nostra storica contemporaneità.

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