Repubblica, che da tempo da smesso di separare i fatti dal tifo, continua nella sua indefessa opera di destabilizzazione della Rai, architrave funzionale al suo disegno di cannoneggiare il governo guidato da Giorgia Meloni.
Dopo giorni di beatificazione di Amadeus, odi poetiche al Nove, nuova oasi di libertà e approdo naturale per martiri epurati dalle redivive camicie nere, il quotidiano di Molinari oggi si supera sparando a tutta pagina che Mediaset avrebbe sorpassato la Rai. Per vincere le nuove battaglie non è più tabù nemmeno esaltare il regno del vecchio nemico, l’ex Cavaliere (anche lui nero per la sinistra) di Arcore.
Ma anche in questo caso trattasi di fake news, un mero desiderio non surrogato da nulla di reale.
Con una nota ufficiale la Rai smentisce seccamente la notizia: ”A fronte di notizie, infondate, che parlano di “sorpasso” da parte di Mediaset negli ascolti, Rai ribadisce quanto già più volte ripetuto: le reti generaliste Rai – Rai 1, Rai 2, Rai 3 – mantengono saldamente il primato rispetto alle tre reti generaliste del principale concorrente. In particolare, dal confronto a pari perimetro tra le tre reti generaliste più il canale all news nell’anno 2023 (Fonte Auditel) emerge che Rai è leader sia nell’intera giornata con uno share del 31 per cento e una media di 2 milioni 527 mila spettatori (contro il 26.8 e 2 milioni 184 mila della principale concorrente), sia nel prime time con uno share del 32 per cento e 6 milioni 12 mila spettatori (contro il 26.7 e 5 milioni 8 mila della concorrenza).
È una notizia troppo ghiotta per Fiore che nella sua rassegna stampa mattutina a Viva Rai2 legge il titolone di Repubblica sulla debacle della tv pubblica. “È bello perché così ci sarà uno stimolo nuovo per fare meglio”, ironizza il conduttore. ”Al posto del cavallo della Rai in Piazza Mazzini c’è il già il Gabibbo”.
Alla sinistra forse non vanno giù gli ottimi risultati del DG Rossi (che si appresta a diventare AD) che nel piano industriale presentato in CDA ha messo in risalto come l’indebitamento è stato ridotto di 82 milioni e netto in pareggio. L’obiettivo è trasformare la tv pubblica in digital media company, assicurando la stabilità strutturale della Rai e raggiungendo la sostenibilità economico finanziaria.
Resta un pizzico di amarezza per un giornale, un tempo anche autorevole, ridotto, lui sì a grancassa del PD in una battaglia ipocrita, con il soldato Ruotolo che ormai abbaia alla luna al punto da non poter essere preso più sul serio nemmeno lui.
Gli allarmi fascisti non mobilitano nemmeno gli stessi militanti, a giudicare dalle esigue presenze al recente sit-in in viale Mazzini, ma la linea sulla tv di Stato, enorme arma di distrazione di massa per mascherare un’opposizione inconsistente e inefficace a livello parlamentare e politico, sembra non voler cambiare, in sprezzo anche al senso del ridicolo.