Bartolomeo Pagano, il “Maciste” degli scaricatori di porto di Genova

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Nessuno ne parla, ma Genova ebbe il suo Supereroe. Meglio di Batman e dell’Uomo Ragno. Bartolomeo Pagano, uno scaricatore di porto nato a Sant’Ilario (GE) nel 1878  e morto nella sua città dopo la seconda guerra mondiale. Una bellezza impareggiabile, tratta dalla forza pura forgiata negli anni dalla vita di banchina nel porto di Genova. Un metro e novanta di uomo, del peso di oltre un quintale che faceva parte dei Caravana di Genova, benché non fosse originario del bergamasco. Il suo passatempo, nei tempi morti del lavoro, era gareggiare con altri nello spostare di peso un macigno di cinque quintali nella zona del Molo.

I fasti dello schermo nel ruolo di Maciste non gli diedero mai alla testa. Lo statuto della Compagnia dei Caravana risale all’ 11 giugno del 1340. Nella Repubblica di Genova gli scaricatori di porto ammessi dovevano  essere originari del bergamasco. Questo avvenne anche a Venezia, con la compagnia dei Bastagi. Il porto privilegiato fu e restò sempre quello di Genova. Quando la moglie di uno dei Caravana rimaneva incinta, doveva lasciare la città ed andare a partorire al paese, perchè il figlio potesse da adulto esibire l’atto di nascita e lavorare a Genova come il padre. Il termine Caravana deriva dall’arabo “carwan” che significa società. Ed una vera e propria società fu che visse in simbiosi con Genova tutti i suoi fasti e le sue pestilenze. I Caravana erano molto benvoluti dal tessuto sociale genovese, perchè grandi lavoratori, dotatissimi fisicamente e tanto integrati nel tessuto urbano da prodigarsi gratuitamente in occasione di pestilenze nella città. Questa organizzazione aveva al suo interno regole rigide, quasi militari: era proibito il gioco d’azzardo, la bestemmia, era obbligatoria l’osservanza delle feste religiose ed i colleghi dovevano provvedere all’assistenza ed alla sepoltura di chi si faceva male o moriva. Parecchie frange della società orobica si arricchirono solo per il fatto di avere dei figli fra i Caravana. Dopo il primo statuto del 1340, nel 1487 e nel 1576, con l’infittirsi dell’attività portuale, le zone di reclutamento dei giovani facchini si espansero in Lombardia a Valli diverse dalla Val Brembana. Ancora una volta, per comprendere una scelta apparentemente strana come quella di affidare a “foresti” l’amministrazione del facchinaggio portuale ci fa riflettere sulla lungimiranza nel governo della città. Nessuno, in Genova, fra i genovesi, doveva permettersi di arrestare il lavoro in porto e magari ricattare il Governo della città . Il porto era centrale. Le loro beghe, se le sbrigassero quegli omoni con mani come pale scesi dalle montagne. All’uopo, nella Chiesa del Carmine, fu a loro attrezzata un’apposita cappella.

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