Sono nato musulmano nel 1952 da genitori musulmani in un Paese a maggioranza islamica. Ho vissuto i miei primi vent’anni in un Egitto sostanzialmente laico, dove gran parte delle donne al Cairo vestiva all’occidentale e non indossava il velo. D’estate sulle spiagge frequentate dalla popolazione autoctona, le donne egiziane musulmane s’immergevano tranquillamente nell’acqua in costume e, talune, in bikini. Nei film in bianco e nero dell’epoca le attrici erano emancipate, protagoniste della loro vita, manifestavano il loro amore, abbracciavano e baciavano il loro uomo. Le donne lavoravano nelle aziende e negli uffici, potevano accedere alle cariche pubbliche al pari degli uomini.
La realtà di Stati a maggioranza islamica governati da sistemi di potere sostanzialmente laici era diffusa ovunque, dal Marocco ad ovest all’Iran ad est, con delle punte di laicità nella Turchia fondata nel 1924 da Kemal Ataturk, che era dichiaratamente ateo e odiava l’islam, e nel Libano multiconfessionale che al momento dell’indipendenza nel 1932 aveva una maggioranza cristiana e veniva ribattezzato la “Svizzera del Medio Oriente”.
Il drastico cambiamento, una vera e propria involuzione, si ebbe a partire dalla sconfitta degli eserciti arabi nella guerra del 5 giugno 1967, che segnò il tramonto dell’ideologia laica e socialista del panarabismo e, in parallelo, l’avvento dell’ideologia religiosa e integralista del panislamismo, che ha sostituito la centralità della persona con quella di Allah, i diritti civili con la sharia, la legge islamica. Ed è da allora che nei Paesi islamici gran parte delle donne indossa il velo.
Allah impone alla donna di coprirsi con il velo perché il corpo della donna è considerato di per sé peccaminoso e deve essere occultato per non eccitare i maschi.
«E di’ alle credenti di abbassare i loro sguardi ed essere caste e di non mostrare, dei loro ornamenti, se non quello che appare; di lasciar scendere il loro velo fin sul petto». (24, 31)
Allah concepisce la donna come un essere antropologicamente inferiore.
«Gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre e perché spendono per esse i loro beni.» (4, 34)
Maometto all’età di 50 anni sposò una bambina di 6 anni e la deflorò a 9 anni. Così l’islam legittima la pedofilia consentendo ai maschi spose-bambine di 9 anni
Tuttavia per la «Corte Europea dei Diritti dell’Uomo» è reato definire Maometto un pedofilo. Non perché si contesta il fatto incontrovertibile che nel 620, all’età di 50 anni, sposò una bambina di sei anni, Aisha, anche se il matrimonio fu consumato tre anni dopo, nel 623, quando la bambina aveva nove anni. Ma perché, spiega la sentenza del 2018, Maometto e Aisha rimasero sposati fino alla sua morte nel 632, cioè per nove anni, quando Aisha aveva 18 anni. Quindi, secondo la Corte Europea, si può dire che Maometto sposò una bambina ma non che sia stato un pedofilo perché «pedofilo è chi è attratto solo o principalmente da minorenni». Insomma essendo stata Aisha l’unica moglie-bambina di Maometto, mentre le altre sue 15 mogli erano maggiorenni, ed essendo stato Maometto suo marito fino alla sua morte, non si può attribuire a Maometto l’orientamento sessuale del pedofilo.
Per Allah le donne sono un oggetto sessuale a disposizione del marito.
«Le vostre spose per voi sono come un campo. Venite pure al vostro campo come volete, ma predisponetevi; temete Allah e sappiate che lo incontrerete. Danne la lieta novella ai credenti!» (2, 223)
L’arma demografica islamica per conquistare l’Europa era stata profetizzata dal Presidente algerino Houari Boumedienne in un discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1974: «È il ventre delle nostre donne che ci darà la vittoria».
Il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan, in un comizio del 17 marzo 2017 a favore del Referendum che l’ha incoronato presidente a vita, reagendo aggressivamente al divieto posto dalla Germania e dall’Olanda alla presenza sul proprio territorio di ministri turchi per fare propaganda elettorale in seno alla cospicua comunità turca residente, sollecitò i turchi in Europa a fare cinque figli a testa, precisando che i musulmani saranno il futuro dell’Europa: «Faccio un appello ai miei fratelli in Europa. Vivete in quartieri migliori. Comprate le auto migliori. Vivete nelle case migliori. Non fate tre figli, ma cinque. Perché voi siete il futuro dell’Europa. Questa sarà la migliore risposta all’ingiustizia che vi è stata fatta».
Già oggi ci sono cinque capitali europee, Londra, Berlino, Bruxelles, Amsterdam e Oslo, in cui tra i nuovi nati il primo nome è Maometto.
Dobbiamo essere consapevoli che se dentro casa nostra i musulmani si comportano in modo ostile ai nostri valori, regole e leggi, la responsabilità è della popolazione autoctona perché non è in grado di farsi rispettare a casa propria. Nella Storia la fine degli imperi e delle civiltà è sempre stato il frutto della propria intrinseca fragilità, non della forza del nemico.
“Ed è da allora che nei Paesi islamici gran parte delle donne indossa il velo”. Quel velo che in prospettiva si vuole imporre all’Europa intera. La molle Europa avrà la forza di ribellarsi e restare laica?
Intanto, tutti, a Lampedusa!
Così non poteva mancare l’arrivo dell’onorevole Soumahoro. Né le sue tante lamentele per il fatto di averlo voluto coinvolgere a ogni costo nelle malefatte addebitate alla moglie e alla suocera. Lasciando alla magistratura il compito di dirimere la matassa di che trattasi, a ogni modo, di uno che non si accorge delle malefatte che giornalmente gli si srotolano sotto gli occhi al riparo del tetto familiare, c’è poco da fidarsi. Perché delle due l’una: o è un incapace patentato o un ipocrita specchiato. Eppure, è la carta migliore che la sinistra tutta ha saputo presentare alle elezioni politiche del 25 settembre 2022. Preannunciando e poi accelerando, ahiloro, lo sbriciolamento in atto di quell’emisfero affidato alle cure di Elly Schlein, a sua volta affidata alle cure di un’armocromista per scegliere i vestiti di questa parata che si fa sempre più malinconica e grottesca insieme a ogni giorno che passa.