Il primo occidentale che abbia fatto menzione al caffè è Gianfranco Morosini, bailo a Costantinopoli. In una sua relazione del 1585 egli racconta come i Turchi usassero bere “Un’acqua negra, bollente quanto possono sofferire, che si cava d’una semente che chiaman Kahvé, la quale dicono che ha la virtù di far stare l’uomo svegliato”. Questa bevanda era però conosciuta a Venezia già dalla fine del Medioevo, almeno da quei marinai che frequentavano il porto sul Bosforo e gli altri porti del Levante, e gli studiosi del tempo, che leggevano e conoscevano i documenti della storia e della cultura orientale, sapevano che Ibn S’Ina, più noto col nome di Avicenna, già intorno all’anno 1000, consigliava ai suoi lettori di sorbire il caffè. Sapevano poi che a La Mecca e a Medina c’erano, già dal XV secolo, le “Case da Caffè”, in seguito considerate dalle autorità luoghi di perdizione al punto che furono chiuse nel 1511 con la scusa che “la nera e diabolica bevanda aguzza le facoltà critiche e scioglie la lingua”.
A Venezia la bacca, torrefatta e ridotta in polvere, venne trattata all’inizio come un medicinale, (si acquistava in farmacia) e venduta a un prezzo altissimo ma già nel 1683 la sua infusione cominciava a piacere molto giacché il Senato ordinava ai Savi alla mercanzia di trarne una rendita maggiore rendendola più accessibile.
Nel 1683 fu aperta una bottega da caffè sotto le Procuratie Nuove denominata “All’arabo” (vendeva solo caffè e non bevanda) e ben presto se ne videro altre nelle varie contrade della città.
Nel XVIII secolo erano quasi tutti caffè i negozi di Piazza San Marco dove oltre al caffè si servivano anche “acque gelate” come orzate e limonate, cioccolata in tazza, rosoli (fatti a Venezia), papine (sorbetti di latte e altri ingredienti), baicoli, bussolai, bignè e fritole (Marangoni). Per attirare i clienti venivano offerte mandorle confettate, biscottini e una presa di tabacco, il tutto con una spesa di soldi 4, tazzina di caffè compresa (Rorato). Molti di questi caffè non ebbero vita lunga, aggiunge sempre il Marangoni.
Il 29 dicembre 1720 registra una data importante nella cronologia e nella storia di tutti i caffè europei perché apre a Venezia il caffè “Alla Venezia trionfante”, quasi subito ribattezzato “Florian” dal nome del suo proprietario Floriano Francesconi. Frequentato dalla clientela più aristocratica, salì in breve tempo a tale rinomanza da essere segnalato e ricordato nelle guide turistiche più importanti dell’epoca. Altrettanto noto il “Caffè Quadri” aperto però sul finire del ‘700 da Giorgio Quadri (venuto da Corfù) dove i veneziani gustarono, più che altrove, la semada, una bibita estiva a base di succo di semi di anguria, mandorle e zucchero, e, per la prima volta, il caffè fatto alla turca (Rorato).
Nel 1749 il commediografo Carlo Goldoni fece entrare il caffè nelle sue commedie a iniziare dalla “La putta onorata” e vi abbina i “bussolai” che, secondo l’affamato Arlecchino, dovevano essere inzuppati proprio nel caffè. L’anno successivo il Goldoni scrive e rappresenta la famosa commedia “La bottega del caffè”. Si comprende quindi l’importanza sociale che suddette botteghe rivestivano per la città senza però cambiare le vecchie tradizioni del popolo e dei patrizi, infatti i veneziani continuarono ugualmente a recarsi nei “magazeni” e nei “bastioni”, osterie di rango inferiore, ma anche nelle malvasie, nelle furatole e in tutti i locali dove si poteva gustare un buon bicchiere di vino.