Cossignano

Cossignano

La Città Identitaria ombelico del Piceno

Il comune immerso nelle colline marchigiane della provincia di Ascoli Piceno è un vero e proprio gioiello

Fra le sorgenti del Menocchia e del Tesino, su una collina posta a una manciata di chilometri dal Mare Adriatico, nelle Marche, sorge il borgo medievale di Cossignano. Soprannominato l’Ombelico del Piceno per la forma ovoidale del centro storico, il paesino conta ad oggi poco meno di 900 abitanti. La cinta muraria, le cui parti più antiche risalgono al XIII secolo, racchiude in un’area inferiore a quella di due campi da calcio una miriade di storie, leggende e simboli identitari emblematici della provincia italiana. I manufatti bronzei rinvenuti nell’area collegano le sue origini ad un fiorente sito della civiltà Picena del VII secolo a.C.

Ferax et Ferox recita lo stemma civico del comune, mostrando subito le peculiarità della sua popolazione: da sempre dedita all’agricoltura, ma contraddistinta anche da un’antica vocazione militare, già rappresentata dalla carriera del conterraneo console romano Lucio Afranio. Grande influenza sul centro, a partire dal XII secolo, ha esercitato la Chiesa, e in particolare i monaci benedettini dell’abbazia di Farfa, che include fra i suoi abati il cossignanese Enrico. Il primo riconoscimento di autonomia risale ad una lettera di grazia del Pontefice Niccolò IV del 1291; autonomia confermata dalla torre municipale e dalla sua campana, risalenti al 1303, anno in cui si conveniva alla celebrazione del millenario del martirio di San Giorgio, patrono del borgo. Una costante nelle vicende del piccolo comune, specie del XIV secolo, è la tendenza ad affrancarsi dalla giurisdizione fermana, appoggiandosi ora al nascente Stato della Chiesa, ora alla vicina Ascoli. Proprio in tale contesto si instaura la leggenda di Boffo da Massa che il poeta cossignanese Niccola Pansoni narra nel suo poemetto in dialetto del 1925.

Da citare sono concittadini illustri come Antonio Nicola Bernabei, medico di fama, autore nel 1708 di un’apprezzata Dissertazione delle morti improvvise, e Carmine Galanti, filologo e latinista, autore nell’800 di un pregevole commento alla Commedia di Dante. Afflitto dal sisma del 2016, che ha aggravato il preesistente spopolamento, la Città Identitaria sta tornando a nuova vita grazie al lavoro dell’amministrazione che, attraverso fondi legati al PNRR, iniziative culturali ed eventi volti alla valorizzazione dei prodotti del territorio, sta rivalutando quello che fu anche chiamato Castellum de Marte. Non resta quindi che recarsi in questo piccolo gioiello, passeggiare fra le sue strette vie, ammirare la settecentesca Chiesa Parrocchiale in piazza Umberto I, la Porta di Levante e scoprire la sorprendente Chiesa dell’Annunziata, per affacciarsi, infine, al “muretto” e ammirare la vista mozzafiato che dal mare porta alla montagna, passando per la stessa “più bella campagna” su cui Pansoni posava lo sguardo cent’anni orsono. [di Lorenzo Pallotta]

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