Morano Calabro, uno scrigno d’arte e cultura, un presepe nel Parco Nazionale del Pollino
Annoverato tra i Borghi più belli d’Italia. Oasi di rara bellezza il Parco della Lavanda
Morano Calabro, nel cuore del Parco Nazionale del Pollino, è un piccolo scrigno annoverato tra i Borghi più belli d’Italia, insignito della Bandiera Arancione. Uno dei centri storici più affascinanti e ben conservati della provincia di Cosenza.
«La nostra cultura gravita, da sempre, intorno alle rinomate, antichissime chiese parrocchiali» affermano congiuntamente il sindaco Nicolò De Bartolo e il consigliere comunale Mario Donadio. «Ve ne sono tre, tutte Collegiate: l’Arcipretura Santi Apostoli Pietro e Paolo, San Nicola e Santa Maria Maddalena. Ognuna custodisce opere di primissimo livello, come il quartetto marmoreo di Pietro Bernini, il Polittico di Bartolomeo Vivarini, le tele del Pomarancio, di Pietro Negroni, manufatti lignei realizzati dalla celebre scuola di intagliatori autoctoni del Settecento e dell’Ottocento. Basta spostarsi nella zona montana, poi, ove domina la macchia mediterranea, per ammirare panorami mozzafiato, esemplari di Pino loricato e diverse varietà di fauna endemica». La fondazione del suo nucleo antico, risale probabilmente al periodo immediatamente successivo alla guerra di Troia per mano degli Enotri. L’appellativo di Calabro venne aggiunto nel 1863, con decreto di Vittorio Emanuele II, per distinguerlo dall’omonimo Morano sul Po.
Nonostante le incertezze sulle origini, è sicuro, comunque, che Muranum e Summuranum, dai quali discende l’attuale denominazione, risalgano ad epoca imperiale. Il paese è infatti menzionato per la prima volta in un cippo miliare del 132 a.C. rinvenuto a Polla, nel Vallo di Diano, dove Muranum risulta statio della “via ab Rhegio ad Capuam”, comunemente conosciuta come Popilia-Annia. Successivamente, nel cosiddetto Itinerario Antonino (II sec d.C.) e nella Tabula Peutingeriana (III sec d.C.) la località è chiamata Summuranum. Ma Morano non è solo arte e storia. Un ruolo importante nella vita della comunità lo svolgono l’artigianato, il terziario, la ricettività. «Vi sono iniziative nel campo della lavorazione degli strumenti musicali tradizionali e dell’oggettistica minuta» specificano De Bartolo e Donadio. Differenti, e distribuite nell’arco dell’intero anno solare, le occasioni di svago. La stagione teatrale, la “Festa della bandiera”, le manifestazioni religiose.
Un deciso impulso allo sviluppo arriva dalle strutture espositive. Si distingue per qualità e quantità di reperti catalogati, il Museo municipale dell’Agricoltura e della Pastorizia. Tra i progetti privati, da segnalare il Centro Studi Naturalistici “Il Nibbio”, la Raccolta Malacologica e Gemmologica “D’Agostino”, il “Parco della Lavanda” di contrada Campotenese. Quest’ultimo, grazie alle premure di due giovani imprenditori, si presenta come un’oasi di rara suggestività, che promuove un approccio innovativo ed esperienziale, di contatto diretto con l’ambiente, impostato alla maniera della fattoria didattica.
Raffaella Salamina