Ronsecco, borgo dell’acqua e del riso
Il comune del vercellese è ricco di tradizioni rurali e di storia
Ronsecco è un borgo di pianura di origine antica di tradizioni rurali: sullo sfondo azzurro dello stemma comunale, concesso con Decreto del Presidente della Repubblica (4 maggio 1951 – Archivio Centrale dello Stato), sono infatti raffigurate, fondate su una verde campagna, tre spighe di riso d’oro i cui steli sono attraversati da una fascia d’argento:
«D’azzurro, alla fascia d’argento, passante sopra gli steli di tre spighe di riso fruttate e gambute d’oro, uscenti da una campagna di verde al naturale. Ornamenti esteriori da Comune»
E’ verosimile che il primo insediamento di Ronsecco sia sorto nei pressi del Santuario del Viri Veri (nome che deriva dal fatto che la chiesa, in tempi lontani, era denominata S. Maria villae veteris, o de villa veteri, da cui per contrazione è derivato Viriveri), abbandonato nel XII secolo e ricostruito nell’attuale sito, cioè la chiesa del Viri Veri, intorno al 1660 sotto l’episcopato del vescovo di Vercelli Uguccione. Circondato dal verde e dalle acque delle risaie, il Santuario della Beata Vergine del Viri Veri (questo il nome storicamente esatto) sorge alle porte del Comune sulla strada provinciale Trino-Tronzano, all’interno del Parco Don Dorino: edificato su una chiesa preesistente del XIV secolo, presenta sul frontone pregevoli affreschi del pittore Saletta di Casale, eseguiti verosimilmente nel 1766. Il luogo in cui sorge è legato alla liberazione del paese dall’epidemia di colera del 1867 e oggetto di grande venerazione è la statua dell’Assunta. Scriveva infatti lo storico R. Orsenigo in un interessante studio su tutte le parrocchie del vercellese, con notizie biografiche, storiche ed artistiche, intitolato Vercelli sacra. Brevissimi cenni sulla diocesi e sue parrocchie (Ferrari, Como, 1909; ristampa anastatica Novara 1995): “[…] la Madonna del Viri Veri, dedicata alla SS. Vergine Assunta. E’ posteriore di quasi un secolo alla chiesa parrocchiale. Giudicando dalle linee del piccolo campanile, dalla croce in ferro battuto che vi sta sopra, si potrebbe credere che la detta chiesa risalga alla fine del secolo XVI. Ma la statua della Madonna, il genere di dorature della medesima, lo stile dell’ancona dell’altare, le caratteristiche mosse barocche dei veli degli angeli rimontano alla prima metà del Seicento” – fonte: chieseitaliane.chiesacattolica.it
Il nome Ronsecco sarebbe composto da “ronco” e “secco” e il suo significato potrebbe essere “luogo incolto, terreno arido”: la più antica definizione, quella di “Roncho Sicho” compare in un diploma datato 707 in cui il re dei longobardi, Ariperto II, la pose sotto la guida del vescovo di Vercelli e in un altro del 999 riguardante donazioni fatte da Ottone III alla chiesa vercellese. Fu il vescovo Uguccione, a cui era stata ceduta da Federico Barbarossa, a spostarla, nel X secolo, nell’attuale zona. Nel 1700 Ronsecco era già ridotto a cantone: infatti, in un documento che attesta una visita pastorale del 13 maggio 1748, si parla della chiesa “del cantone di Viriverio”.
Di fatto oggi Ronsecco è un borgo immersa in un paesaggio a risaia fra rogge, sorgive e cascine e l’acqua ne è in un certo senso l’elemento simbolico, basti pensare che un mese fa, in occasione della 27esima Sagra di San Lorenzo, è stata inaugurata l’opera d’arte Vehra, prima realizzazione artistica del progetto Le custodi delle vie d’acqua: essa infatti consta di una figura femminile, come la terra che da sempre accompagna gli agricoltori, con in mano due gocce così da essere il simbolo perfetto dei borghi legati tra di loro da un elemento comune e fondamentale: l’acqua, appunto.
Sotto la signoria dei Bondonni (o Bondonis), una delle più importanti di Vercelli (dopo di loro dominarono altre famiglie: i Ghisleri, i Braida, i Parado e molto tempo dopo i Lafranchi di Chieri), che durò fino al 1560, furono edificati due castelli, entrambi teatro di violenti scontri avvenuti nel 1467 tra i Savoia e Galeazzo Maria Sforza: del primo, edificato tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo, non è rimasta quasi alcuna traccia mentre dell’altro sono visibili il letto dell’antico fossato e le basi del muro di cinta (l’edificio è privo di elementi difensivi come torri, caditoie e merli): è il Castello di Ronsecco, che alcune leggende sostengono sia infestato dai fantasmi. Rosaldo Ordano (1923-2015), storico vercellese che ha guidato la Società storica Vercellese dalla sua fondazione nel 1972 al 2011, scriveva in Castelli e torri del Vercellese: storia, leggende, divagazioni (Vercelli, 1985) proprio del toponimo “castellazzo” come luogo abitato da gente malvagia. Nel documentatissimo blog dedicato ai castelli itialiani castelliere.blogspot.com a proposito del Castello di Ronsecco leggiamo infatti:
“Il toponimo “castellazzo”, assai significativo, è rimasto alla cascina che si trova sulla riva della roggia Mussa. Ancora nel catasto attuale una piccola area del cascinale conserva la denominazione “castello”, facendo apparire chiaramente la presenza di una fortificazione nel luogo, successivamente abbandonata e in disuso, la quale diede alla zona la tipica denominazione di “castellazzo”. Nessun documento noto fa riferimento a questa località fortificata, che tuttavia ha lasciato traccia nelle leggende locali, avvedutamente raccolte dall’Ordano (Ordano 1966; Ordano 1985, p. 212). Esse fanno menzione del “castellazzo” come luogo abitato da gente malvagia, distrutto poi dai Tricerresi con l’aiuto dei soldati di Vercelli. La fortificazione del “castellazzo” si inserisce quindi nella questione costituita dalla probabile contemporanea presenza di almeno due luoghi fortificati in territorio di Ronsecco”.
Il territorio del comune di Ronsecco è inserito nel percorso storico della Via Francigena, proveniente da Lamporo e con successiva direzione verso Lignana e Vercelli.
Emanuele Beluffi