Circa un anno fa, con un’azione eclatante, un gruppo di vandali assaltava il Senato della Repubblica, imbrattando la facciata di Palazzo Madama con della vernice arancione. Le gocce di quella tinta sono state quelle che hanno fatto traboccare il vaso, evidentemente, perché ora finalmente la Camera dei Deputati ha approvato il 18 gennaio il Ddl contro gli “eco-vandali” con 138 voti favorevoli, 92 contrari e 10 astenuti. Il voto sugella quello favorevole al Senato del giorno precedente. La legge prevede sanzioni amministrative più elevate, tra 20.000 e 60.000 euro, oltre a quelle penali già in vigore per chi danneggia beni culturali o paesaggistici, che al momento vanno dai sei mesi a cinque anni di reclusione.
La nuova normativa punisce chi “distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali o paesaggistici propri o altrui”. Chi deturpa, imbratta o destina i beni culturali a un uso pregiudizievole o incompatibile con il loro carattere storico o artistico rischia una sanzione che oscillerà tra i 10 e i 40 mila euro. I proventi delle sanzioni saranno destinati al ministero della Cultura per il ripristino dei beni danneggiati.
Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, dal quale era partito l’iter che ha condotto a questo provvedimento, ha elogiato il lavoro del Parlamento, sottolineando l’importanza di proteggere il patrimonio artistico e architettonico. Sangiuliano ha poi aggiunto: “Chi si renderà responsabile di atti vandalici nei confronti dell’arte e dei monumenti nazionali, patrimonio della nostra identità e dell’umanità, deve sapere che ne risponderà direttamente in prima persona dal punto di vista patrimoniale. Si tratta, infatti, di sanzioni amministrative immediatamente irrogabili dal prefetto del luogo dove il fatto è commesso, sulla base delle denunce dei pubblici ufficiali. È bene poi ricordare, ancora una volta, che colpire l’arte significa danneggiare anche la natura, perché in virtù dell’antropizzazione del paesaggio alcuni luoghi o monumenti sono diventati parte integrante delle nostre città. Compito dello Stato, come sancisce l’articolo 9 della Costituzione, è quello di preservare questa risorsa unica e preziosa che abbiamo il dovere di proteggere e custodire per le future generazioni”.
Le opposizioni, tranne Azione e Italia Viva che si sono astenute, hanno votato contro la norma, facendo apologia degli ecovandali o minimizzando l’impatto delle loro bravate.
Da diverso tempo l’azione degli “attivisti” è stata identificata da diversi analisti, fra cui per primi Enrico Petrucci e chi scrive, come uno dei cavalli di Troia col quale la cancel culture contro il patrimonio storico-culturale può arrivare anche in Italia, dopo che ha provocato danni enormi ai retaggi storici e monumentali in paesi come gli Stati Uniti o la Spagna: “Come dimostra il caso delle proteste che hanno preso di mira musei e gallerie d’arte negli ultimi mesi c’è anche l’altra finestra di Overton spalancata sul fronte della cancel culture: gli attacchi alle opere d’arte e agli edifici storici servono per spostare un’altra asticella, quella della percezione pubblica del patrimonio storico-culturale della nazione come un tesoro prezioso da preservare. […] proprio le azioni dei fanatici eco-vandali servono a cambiare la percezione che gli italiani possiedono del loro patrimonio storico-artistico. Inesorabilmente passa il messaggio che un’opera d’arte o un palazzo storico sono meno importanti del “messaggio di allarme” lanciato da questi attivisti “straordinari e coraggiosi” (stunning and brave secondo il collaudato frasario del wokeismo americano che ne è il primo focolaio d’infezione)”.
“La reazione della parte sana della politica verso questa minaccia – concludeva l’articolo scritto in occasione dell’imbrattamento del Senato da parte di ecovandali, esattamente un anno fa – non può essere solo “sintomatica”. Se il wokeismo è una malattia sociale – e lo è – non è sufficiente trattare i suoi sintomi esteriori sperando che la malattia receda da sola. Non ci può essere peggior strategia di una “tachipirina e vigile attesa” politica, che abbassi la “febbre” aspettando che la buriana passi spontaneamente. Vanno ideate accurate contro-strategie, studiando attentamente ciò che è già avvenuto nei cosiddetti “Paesi più progrediti del nostro” dove la pazzia contagiosa del wokeismo è già diventata ideologia non ufficiale di Stato. I provvedimenti tesi a contrastare il vandalismo wokeista e ambientalista non devono mirare tanto agli autori quanto a ribaltare la Finestra di Overton che è il loro vero obbiettivo dietro il false flag dell’imbrattamento di un palazzo storico”.
Le dichiarazioni di Gianluca Caramanna, capogruppo in Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo, sembrano confermare che il cuore del provvedimento va nella direzione auspicata: “Le disposizioni contenute nel documento mirano a un doppio obiettivo: da una parte si vuole disincentivare chi deturpa o crea danno a opere culturali e paesaggistiche dall’altra, inoltre, evitiamo di mostrare un’apparente trascuratezza verso i nostri tesori”.