Debora Caprioglio è più che mai attiva a teatro, dove è impegnata con ben quattro spettacoli. Uno di questi è Plaza Suite, la commedia di Neil Simon che torna in scena al Teatro Manzoni di Milano fino al 27 ottobre, dove è protagonista con Corrado Tedeschi. A voler essere precisi, Plaza Suite è la rappresentazione di tre coppie diverse, tutte interpretate dagli stessi attori, giusto per aggiungere altri ruoli a Debora, che presto sarà in scena anche con Donne in pericolo (con Vittoria Belvedere e Benedicta Boccoli) e intanto prosegue con due personaggi storici straordinari come Maria Callas (in tournée da ormai 10 anni) e Artemisia Gentileschi. Insomma, guardi Debora Caprioglio e capisci che il teatro è un’arte più che mai viva: “Ho praticamente un computer in testa pieno di file, che tiro fuori al momento opportuno!”, scherza lei a proposito dei tanti impegni.
Tiene a precisare che non vorrebbe mai trovarsi, nella vita reale, nei panni di nessuna delle tre protagoniste di Plaza Suite ma, da questa intervista, emerge proprio quella sua voglia di giocare con diversi ruoli.
Debora, vocazione di attrice sin da sempre. E ora parte una nuova stagione importantissima.
Aprire la stagione di prosa al Manzoni di Milano è una grande responsabilità, perché significa in un certo modo invogliare il pubblico a tornare a teatro anche per gli spettacoli successivi. Milano è una città di tradizione e frequentazione teatrale, dove c’è un pubblico molto esperto, che ama andare a vedere gli spettacoli vestendosi bene, vivendo completamente la serata. E poi al Manzoni hanno recitato i più grandi del teatro italiano: inutile nasconderlo, i loro fantasmi si percepiscono sempre ed è un’emozione meravigliosa.
Vince l’entusiasmo sulla paura quindi.
Assolutamente. Emozioni e gioie sono sentimenti che fanno bene a questo lavoro; quando smettono di esserci vuol dire che non si ama più il teatro.

L’amore a teatro è un tema spesso centrale, spesso con raccontando situazioni complicate. Perché un sentimento così semplice crea tante preoccupazioni?
Forse è insito nello spirito umano: quando si ha la felicità non ci si accorge e si spreca il tempo in pensieri senza viverne il momento. L’amore è bellissimo ma non tutti lo riescono a cogliere, rendendolo più complicato e lasciandoselo sfuggire inconsapevolmente.
C’è un comune denominatore circa i sentimenti, tra gli spettacoli che porti in scena?
Emerge la varietà di sfumature dell’amore. Nasconde sempre una parte irrazionale, che rivela come il sentimento venga dall’anima più che dal cervello, per cui si rende più vulnerabile a vivere alti e bassi. In Plaza Suite si tratta l’argomento in modo brillante, esorcizzando i tradimenti che, nella vita, tanto ridere non fanno. Con la Callas e la Gentileschi racconto amori assoluti che hanno creato forti sofferenze, quindi in modo più drammatico. È stimolante per me anche questo continuo cambiamento di interpretazione.
L’altro giorno con una battuta scrivevi sui social che, tra tutti questi impegni che porti avanti parallelamente, l’Intelligenza Artificiale “te spiccia casa”. Da attrice, non temi che in qualche modo questa famigerata Intelligenza Artificiale possa avere il sopravvento su tutto?
Un po’ spaventa, ma determinate forme di spettacolo non potranno mai essere superate dall’AI. Se uno spettatore vuol vedere un artista dal vivo, l’unico modo per farlo rimane andare a teatro: credo sia un problema che possa riguardare più tv e cinema, dove c’è un rapporto distaccato. Trovo sia preoccupante in particolare per le nuove generazioni di artisti che vogliono recitare, facendo magari anche doppiaggio. Loro sicuramente si vedranno tagliare una parte di platea, che via via si abituerà a questo mondo che conosciamo ancora poco.
Tu che rapporto hai con tutta questa tecnologia sempre più in evoluzione?
Confesso che non ne so molto, ma non la amo, perché prediligo ancora il rapporto umano. Da tempo siamo soggetti a intelligenza artificiale: basti pensare a come siamo circondati da navigatori, risponditori automatici, ecc…Quando si deve chiedere un’informazione, ormai, bisogna pregare in turco per parlare con un essere umano! Ecco, a me parlare coi robot non piace.
In pochissimi possono vantare di avere recitato al fianco di così tanti Maestri del cinema e del teatro come è capitato a te. Rimpianti? Occasioni perse?
Nessuna, anche perché credo molto nel futuro e guardo a quello più che al passato, quindi so che c’è sempre tempo per fare tante cose. Sono stata molto fortunata, indubbiamente: ho lavorato con attori che stimo. Da buona Toro sono anche conservatrice, quindi mi piace recitare spesso con gli stessi attori, creando una collaborazione dove ci si conosce maggiormente in ogni sfumatura, lavorando meglio: con Tedeschi siamo alla quinta volta insieme, con Jannuzzo ho fatto due spettacoli…
Ultimamente anche attori di teatro, che qualcuno considera dimenticati finché non tornano in tv, partecipano a reality. A Ballando con le stelle sta spopolando un tuo ex collega televisivo, Luca Barbareschi (insieme a Sapore di mare, nel 1991, ndr). Non ti viene voglia di tornare a qualche reality o talent?
Ormai tutti questi programmi vanno in onda da molti anni, quindi cercano ogni volta nuove formule, dove si punta sempre di più a raccontare la persona. Quando partecipai a L’Isola dei famosi, nel 2007, il programma era ancora alle prime edizioni: c’era la curiosità di vedere persone abituate ad un certo stile di vita, confrontarsi in una situazione stile Robinson Crusoe. Era un’esperienza fine a se stessa, che trovai molto divertente. Oggi il reality si costruisce molto intorno alle storie personali dei protagonisti e questo mi appartiene meno. Trovo che questo sia il contrario del significato del mestiere dell’attore.
Cioè?
Chi sceglie di fare l’attore ama prima di tutto giocare a indossare maschere, raccontare storie che appartengono ad altri, a personaggi di cui si interpreta il ruolo. Poi altre motivazioni possono portare a fare scelte diverse, che non giudico, per carità. Però l’interesse principale per chi recita è quello: si parte da un concetto molto differente.
Questa intervista l’abbiamo fatta poco prima che tu riparta per Milano: questo lavoro ti fa viaggiare tantissimo. Qual è la tua città identitaria?
Venezia, la città delle mie origini, che sento nell’anima, quando ci torno come recentemente è capitato per fare la Madrina alla Regata storica, è un’emozione unica. Quando sono a Venezia sento odore di casa.