Successi e fregature di Gibba, padre dei cartoon italiani

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Un fotogramma de "Il nano e la strega", primo cartone animato erotico italiano

Avrebbe compiuto oggi 100 anni, Francesco Maurizio Guido, noto come “Gibba“, uno dei pionieri dell’animazione italiana. Morto all’età di 93 anni, era originario di Alassio, in Liguria, ma ha trascorso gran parte della sua carriera a Roma prima di tornare nella sua città natale.

Ha iniziato a lavorare nel settore dell’animazione negli anni ’40 presso la Macco Film con i fratelli Cossio. A Roma, Gibba ci era arrivato con l’intraprendenza e una valigia di cartone: aveva conosciuto Cesare Zavattini ad Alassio (col quale divenne amico), mentre il maestro girava “I bambini ci guardano”, dove fece la comparsa insieme ad alcuni compagni di ginnasio. Con le conoscenze fatte su quel set e la raccomandazione di un amico entrò alla Macco, che era finanziata dal Partito Fascista. Nemmeno maggiorenne, già guadagnava 1.200 lire al mese, il doppio di suo padre che lavorava come autista per il comune di Alassio… Dopo l’incendio che ha chiuso la Macco Film, si è trasferito alla Incom, lavorando con Antonio Rubino e Niso Ramponi. Gli eventi bellici però distrussero gran parte del suo lavoro, perché le pellicole – inviate in Germania per essere sviluppate dalla Agfa – andarono perdute. Durante la guerra, ha comunque contribuito alla realizzazione del film “La rosa di Bagdad”.

Tornato ad Alassio e divenuto renitente alla leva della RSI, ha poi fondato l’Alfa Circus con Giannetto Beniscelli, creando il primo spot animato del dopoguerra e, dopo aver visto il disneyano “Biancaneve” anche il mediometraggio neorealista “L’ultimo sciuscià”, un progetto avveniristico che puntava ai finanziamenti pubblici, i quali arrivarono (per interessamento di Andreotti, dichiarò Gibba stesso), ma pochi e tardi, anche per colpa di distributori furbi e disonesti. Tanto che la sua Alfa Circus fallì… Negli anni ’50, di nuovo a Roma, ha realizzato i lungometraggi “Rompicollo” e “I Picchiatelli” con Antonio Attanasi. Ha stretto amicizia con il produttore Ezio Gagliardo e ha diretto il reparto animazione della Corona Cinematografica, producendo numerosi documentari animati e il film “Il racconto della giungla”. Per la Corona ha anche creato serie animate per il mercato americano come “Popeye” e “Krazy Kat”. Per qualche tempo aveva anche collaborato con Federico Fellini al cortometraggio “Hello Jeep!”, progetto rimasto incompiuto. E nel giro romano, Gibba rimedia altre fregature: il suo socio incassava grosse cifre ma con Gibba, che ci metteva il lavoro materiale, piangeva sempre miseria e gli pagava pochi spiccioli…

Nell’Italia del Boom, Gibba lavorava a sigle, stacchetti pubblicitari e intermezzi di animazione, come “Attanasio cavallo vanesio” per le riviste di Renato Rascel (del resto, era difficile fare una corsa di cavalli su un palco teatrale… il cartone animato divenne così un’ottima soluzione).

Negli anni ’70 e ’80, lavorando come freelance per la RAI, ha realizzato il cult “Il nano e la strega”, il primo film d’animazione erotico italiano, e le sequenze animate per vari film italiani fra cui e le sequenze animate per i film “…E tanta paura” (1976) di Paolo Cavara e “Scandalosa Gilda” (1986) di Gabriele Lavia con Monica Guerritore.

Tra i suoi ultimi lavori negli anni ’90, ci sono il lungometraggio “Kim” e la sigla TV di “Linda e il brigadiere”. È stato anche presidente dell’UNAC fino al 1980 e ha ricevuto numerosi premi per il suo lavoro, inclusa la creazione del noto omino di latta del Carosello alla Rai e il premio speciale all’Expocartoon 2001. Se n’è andato nel 2018, un po’ dimenticato ma sempre scanzonato, ricordando nelle interviste più le fregature ricevute da produttori, distributori e colleghi furbi che i suoi successi.

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