Il confronto fra mondi culturali contrapposti deve interessarci molto di più della querele nostrana destra / sinistra, tutta priva di contenuti e molto legata alla propaganda politica. Naturalmente, per la vicenda di queste ore, mi riferisco ad uno stato canaglia come l’Iran e alle sue fobie religiose contro le donne. Certo, in Italia esiste una critica estenuante al Governo Meloni che sembra voler smerigliare persino la verità dei fatti. Ma il rischio di questa opposizione ossessiva è quello di buttar via con l’acqua sporca anche il bambino. Una continua, ostinata negazione della realtà. E bene ha fatto a sottolinearlo la Meloni nella sua ultima conferenza stampa. Anche se ci piace di più ricordare una frase detta oggi dalla nostra presidente, che credo la caratterizzi per quello che è prima di tutto, una donna e una madre: “Sala? Mai provato una emozione più grande di quando ho chiamato la madre!”.
Certo è che nella vicenda del sequestro / arresto e della liberazione di Cecilia Sala sono le donne italiane ad emergere e a contrapporsi al regime feudale islamico sciita. La protagonista, la giornalista del Foglio e delle Stories di Chora Media, con il suo dinamismo professionale, l’audacia e l’energia giovanile che sprigiona. La Premier, Giorgia Meloni con l’umanità, la passione e l’istinto politico, la tenacia e l’intuito nel mettere in campo ogni utile azione al fine di riportare a casa una figlia del nostro modo di essere e di vivere liberi. La madre di Cecilia, Elisabetta Vernoni, con la sua compostezza, l’infinita dignità nel custodire paure e dolore. La madre di Cecilia, con la sua forza morale, figlia di una costruzione sentimentale molto chiara e forte.

Si dice che tutto è bene quel che finisce bene. Ma nulla si improvvisa. Anche in questa brutta storia finita bene l’Italia vince sul piano morale e culturale grazie ai secoli che ci hanno regalato queste nostre convinzioni. Vince per i diritti conquistati, per le libertà acquisite, per la pietas conservata dal mondo classico e costruita in secoli di cristianità. Vince per le sue rivoluzioni liberali e sociali. Non può non venire in mente il profetico discorso a Ratisbona di papa Benedetto XVI. Riemergono i Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Un consiglio: andate a rivedere le foto dei tanti ritratti della mamma di Cecilia dei Promessi Sposi. Riassumono, in uno, amorevolezza e dignità della donna che deposita sul carro la figlia morta di peste. La madre di Cecilia compare nel capitolo XXXIV, considerato come uno degli episodi più toccanti di quel capolavoro letterario. Renzo Tramaglino giunge a Milano per cercare di raggiungere la sua amata Lucia Mondella. La città è in pieno caos, a causa della peste. Circolano per le strade alcuni monatti, incaricati di recuperare le salme dei defunti. Ed è proprio in questo frangente che compare in scena una giovane donna che tiene in braccio il cadavere della figlia. Costei è la madre di Cecilia.
“Scendeva dalla soglia d’uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunziava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa, che brilla nel sangue lombardo.”
La madre di Cecilia risulta sconvolta dalla morte della propria figlia e ciò lo si evince dai suoi tratti fisici trasformati dal dolore. Eppure, Manzoni mette in risalto la bellezza della donna comparandola con quella della regione lombarda, oggi possiamo ben dire la bellezza dell’Italia e delle italiane …
Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però d’insolito rispetto, con un’esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno né disprezzo, “no!” disse: “non me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro: prendete!»
Cecilia Sala, la madre di Cecilia, la nostra presidente del consiglio, sono una vera e propria lezione della storia ai barbari, che nascondono il volto delle donne. Che, ancora, le sottomettono. Che le palpeggiano in branco quando sono ubriachi.
Ciò non di meno proprio per le ragioni ideali, morali e politiche che caratterizzano la nostra società abbiamo comunque un dovere. Un dovere ulteriore. Quello che è accaduto non deve farci dimenticare gli strumenti della nostra democrazia e i valori civici e costituzionali della nostra convivenza e cioè che non deve mancare rispetto e capacità di inclusione anche per chi ci chiede ospitalità partendo da ambiti religiosi e culturali così arcaici. Sapendo, però, che ci si integra su un modello che è quello delle libertà e dei diritti della società occidentale. Che è quello della parità e del rispetto.
A noi il compito di una vera integrazione. A tutti gli altri un monito, poche regole, qualche utile consiglio, parole chiave come riconoscenza, riguardo, lealtà, amicizia.