Gli orfani del Convento San Martino facevano le staffette tra le barricate
Tra i tanti eroi delle Cinque Giornate di Milano troviamo i piccoli Martinitt, bambini con la cartella a tracolla, merenda nelle tasche e biglie per giocare.
Nel 1848 Milano era la capitale del Regno Lombardo Veneto, parte dell’Impero austriaco; nella città, a mantenere l’ordine, il generale ottantaduenne Josef Radetsky.
Molto era il malcontento tra i cittadini e quando venerdì 17 marzo in città arrivò la notizia che a causa delle insurrezioni popolari di Vienna il conte Metternich cancelliere di stato si era dimesso, sorse la volontà di organizzare una manifestazione pacifica davanti al palazzo del governatore allo scopo di ottenere maggiore autonomia in Lombardia tramite: abrogazione delle leggi repressive, libertà di stampa, istituzione di una guardia civica alle dipendenze della municipalità, scioglimento della polizia.
Ma, il giorno seguente, la manifestazione pacifica si trasformò in un assalto e il rappresentante del governatore firmò una serie di concessioni per cercare di fermare i combattimenti per le strade della città.
Il Generale Radetsky, preso alla sprovvista, si rinchiuse nel Castello Sforzesco per poi, con l’aiuto di 18.000 soldati, circondare la città. Ventiquattro ore dopo, però, i milanesi riuscivano ad organizzare quasi 1.700 barricate, oltre a difese dalle finestre e dai tetti delle case.
Fu una reale ribellione di popolo che mise gli austriaci in difficoltà. Le forze dei ribelli nella città meneghina erano divise in tre blocchi ideologici: i mazziniani repubblicani rappresentati da Attilio de Luigi, Pietro Maestri e Luciano Manara; I democratici riformisti nemici del regno di Sardegna di Carlo Alberto con a capo Carlo Cattaneo e Giulio Terzaghi e i nobili e patrizi interessati alla fusione con il Piemonte guidati dal podestà Gabrio Casati.
Tra le diverse problematiche subito riscontrate nei ribelli vi era quella di restare in contatto tra loro, di avere una comunicazione rapida e sicura tra le diverse zone della città, cercando di “scoprire” anticipatamente le mosse degli austriaci: ecco l’idea di utilizzare i piccoli patrioti dei moti risorgimentali, i Martinitt.
Pochi conoscono la storia di questi eroi delle epiche giornate di ribellione a Milano contro gli austroungarici; ma chi erano i Martinitt? Bambini orfani ospiti nel convento di San Martino (da cui il soprannome piccoli Martini) che furono reclutati come staffette tra le 1700 barricate della città.
I bambini erano riconoscibili dalla loro uniforme che comprendeva cappello basso a staio con giubba di panno a coda; il loro compito era quello di potare gli ordini del comitato di guerra, assieme alle informazioni delle vedette, al quartier generale.
Il famoso cronista di quelle storiche giornate Vittorio Ottolini scrisse di loro: “conosciuti per la loro assisa, essi sgattaiolavano in mezzo alla folla e alle barricate colla noncuranza della loro età e furono utilissimi”.
L’importanza dei Martinitt era assoluta, grazie a loro le informazioni volavano rapidamente da una barricata all’altra e negli ultimi due giorni presero addirittura parte attiva negli scontri di Porta Vercellina, mentre alcuni erano al servizio di ambulanze e alla cura di feriti.
Il 23 marzo il generale austriaco ordinò la ritirata e Milano fu libera. L’importanza dei Martinitt nella liberazione dell’Italia non si limitò alle incredibili Cinque Giornate di Milano, il loro sacrificio continuò, in particolare nella guerra del 1866. Chi più di loro poteva essere assoldato per imprese militari senza che qualcuno li potesse piangere?
I figli d’Ignoti ebbero un’importanza fondamentale per l’unità d’Italia. I Martinitt non furono impegnati solo in azioni di coordinamento militare, battaglie e aiuto negli ospedali da campo.
I più piccoli che rimasero nell’istituto contribuirono alla causa con quel poco che potevano. Durante i moti del 1848 rinunciarono per tre volte la settimana al pasto giornaliero per contribuire all’economia milanese. I più grandi agivano direttamente come militari nelle prime linee, i più piccini si privavano in modo spontaneo di quanto nessuno avrebbe avuto coraggio di chiedere loro.
La storia dei Martinitt è il racconto di veri eroi sempre poco ricordati, reclutati per la rivoluzione perché miserabili, perché senza genitori. Con i moti rivoluzionari del 18 marzo del 1848 iniziò anche il “governo provvisorio di Milano” il cui motto era “Italia libera Dio lo vuole”.
Il Presidente fu Gabrio Casati che guidò il governo di aristocratici in contrapposizione al consiglio di guerra repubblicano al comando di Carlo Cattaneo. Con la sconfitta di Custoza del 29 luglio a danno dei piemontesi alleati di Milano gli austriaci varcarono l’Oglio, obbligando Carlo Alberto a firmare la resa dei piemontesi il 5 agosto e lasciando Milano senza una guida politica precisa.
Vista la situazione il governo provvisorio decise di continuare a difendere la città: nacque così il comitato di pubblica difesa con il sostegno di Carlo Cattaneo e di Giuseppe Mazzini. Il nuovo organo resse le sorti di Milano sino al definitivo Armistizio di Salasco del 9 agosto 1848 firmato a Vigevano che mise termine alla prima guerra d’Indipendenza, preludio della futura liberazione dell’Italia.
















