Identità culturale piemontese, un modello da seguire: Cavour

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Guardando al passato per un nuovo Risorgimento che coinvolga il Paese

Che cos’è l’identità territoriale? È la capacità di saper guardare con orgoglio al proprio passato e di trarre da questa introspezione gli elementi corretti per tracciare le linee future dello sviluppo. Identità territoriale significa anche radici profonde che devono rimanere come patrimonio intoccabile e, parametrandolo alla realtà, iniziative che non devono essere portate via. Quando si parla di territorio, il concetto di identità può essere declinato sotto molti aspetti: culturale, sociale, sportivo, antropologico e in tutte queste sfaccettature può essere ricercato quel valore, quel modello che ci deve stimolare a perseguire e valorizzare il nostro cammino. Lo studio del passato e degli uomini che prima di noi hanno calcato il palcoscenico politico-economico della nostra terra aiuta a trovare stimoli ed ispirazione. Guardare al passato non significa cullarsi nel ricordo fine a sé stesso, ma trarre dagli esempi dei nostri progenitori gli stimoli corretti e anche le capacità, attraverso la loro visione, di sfruttare idee e politiche sempre valide. Il Piemonte e l’Italia hanno avuto il privilegio di annoverare tra i propri figli una persona, un politico e un innovatore come Camillo Benso conte di Cavour. Il padre della patria italiana, il creatore della nostra nazione, capace, al tempo stesso, di creare il nascente stato italiano e di saperlo imporre nella geopolitica continentale risorgimentale con un’attenzione e una capacità unica, ma soprattutto di trasformarlo attraverso riforme di natura economica e fiscale. E che sia un modello da studiare e da copiare lo ha confermato il  Presidente del Consiglio Mario Draghi che, nel suo insediamento al Parlamento, ha menzionato un discorso di Cavour a favore delle “riforme necessarie che, se compiute a tempo, sono in grado di rafforzare l’autorità invece di indebolirla”. Una chiave di lettura espressa nel Parlamento subalpino ed effettuata da Cavour quando era solo un semplice deputato in un tempo in cui non si vedevano i prodromi dello stato italiano. Tutto ciò la dice lunga sulla capacità di essere non solo un visionario, ma anche un costruttore di futuro e di speranza. Prima ancora che brillante politico, Cavour, è stato un valente giornalista e un abile osservatore di costumi, di leggi e di economie. Questo bagaglio di esperienze è stato messo a frutto nel momento in cui il Conte ha avuto l’opportunità, prima come deputato, poi come ministro e infine come statista di poter legiferare. In dieci anni la politica economica da lui portata avanti si è espressa seguendo un filo logico: “deve esistere un rapporto stretto tra economia e finanza, la seconda deve accompagnare i progressi della prima intervenendo con lo strumento della spesa pubblica per incrementare nuove opportunità di mercato”. La sua visione dello Stato e la sua capacità di inserire riforme diedero il via a una vera e propria rivoluzione culturale ed economica e, mentre tutti noi conosciamo l’aspetto politico e militare che portò all’Unità d’Italia, pochi si sono soffermati sulla grandezza della sua attività organizzativa, sul libero scambio commerciale e sull’abbattimento dei dazi doganali artefici del successo economico di un piccolo stato che di- ventò nazione. L’idea stessa di Cavour di collegarsi con l’Europa e di puntare su nuove economie sfruttando le tecnologie è una sfida che noi oggi possiamo raccogliere, rinnovare e proporre grazie a un lavoro di squadra basato sul confronto con le associazioni datoriali e con le relazioni sul tessuto produttivo. Questo ha permesso di inserire nel DSU (documento strategico unitario) lo strumento entro cui utilizzare al meglio le risorse della programmazione europea nel 2021/2027, suggerimenti e proposte utili per lo sviluppo del Piemonte. Questo sistema può funzionare, ma deve essere inclusivo e accogliente. Solo con un gioco di squadra, mettendo al centro la nostra creatività, possiamo essere vincenti. Un’interrelazione continua tra i vari distretti industriali facendo emergere le eccellenze è la sfida che dobbiamo cogliere e vincere. Abbiamo un mix produttivo di saperi e di intelligenze che sono unici. Un nuovo Risorgimento è alla nostra portata. Dobbiamo seguire l’esempio di Cavour, che era molto pragmatico, un piemontese, figlio di questa terra sabauda, che aveva costruito la sua esperienza cercando di conferire al territorio i saperi maturati con studi approfonditi. La figura dello statista piemontese dovrebbe essere presa a modello non solo per quello che ha studiato e realizzato, ma anche per la capacità di superare le avversità. Stupisce, ad esempio, che nei primi anni del suo governo, anche lui, fu costretto a lottare contro una pandemia. All’epoca il male oscuro era il colera che infestava tutta l’Europa, dopo essere arrivato dall’Oriente, si parlava di quarantena e le attività imprenditoriali e quelle commerciali rischiavano di chiudere per fronteggiare quella malattia, ma Cavour affrontò la crisi in modo razionale, senza mai abbandonare la politica di riforme inaugurata, sintomatica in questo caso la sua affermazione: “Cette suite de contrariete a ralenti et presque arrete le impu vement economique qui s’etait manifeste avec tant d’energie et paralyse entre mes mains bien de ressurces en verite je puis dire che depuis deux ans j’administree l’avversitè”. (Questa serie di fastidi ha rallentato e quasi fermato l’impul so economico che si era manifestato con tanta energia e ha paralizzato nelle mie mani tante risorse. In verità posso dire che da due anni ho amministrato le avversità). Ma nonostante ciò non si diede per vinto e alla fine raggiunse i traguardi che si era prefissato. Senza scomodare un pensatore come Vico, che parlava dei cicli storici che si ripetono, credo tuttavia che la politica e gli amministratori dovrebbero guardare di più al passato, al proprio territorio, una sorta di recupero del valore e del ruolo del genius loci, delle qualità del territorio che hanno dato i natali a uomini e a esperienze che meritano di essere ricordate e prese ad esempio. Non deve essere solo orgoglio di bandiera, ma la memoria deve spingerci a trasferire il meglio delle esperienze passate e di tramandarlo ai po- steri quale patrimonio genetico di una terra che ha saputo in tantissimi campi essere pioniera e campione di inventiva e di coraggio. Per rima- nere nel periodo risorgimentale mi sovvengono le figure di altri tre piemontesi che vale la pena citare come Alessandro Cruto (inventore di una lampadina più efficace di quella del contemporaneo Edison), Galileo Ferraris (padre dell’elettrotecnica) e Ascanio Sobrero (che sintetizzò per primo la nitroglicerina), ricordati anni fa da una mostra itinerante e che ben rappresentano il Genius loci. Ecco, se posso permettermi, dobbiamo essere fieri delle nostre origini e questo orgoglio ci deve spingere a valorizzare al meglio i nostri talenti e le nostre professionalità, non a caso siamo appena stati designati quale capitale dell’intelligenza artificiale, se non è un segnale questo.

Andrea Tronzano
Assessore allo Sviluppo delle Attività Produttive e delle piccole e medie imprese

2 Commenti

  1. Legga, caro Redattore dell’articolo, il libro “L’invenzione del Mezzogiorno” di Nicola Zitara, e poi rilegga quello che ha scritto nell’articolo.

    Credo che converrà con me che il modello Cavour è, per chi lo subisce, un filino discutibile.

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