Il mito di Mani pulite

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Senza la televisione non avremmo mai avuto Tangentopoli. L’inchiesta Mani pulite si collocava infatti all’inizio del decennio successivo a quello televisivo per eccellenza, gli anni Ottanta, in cui la tv trasforma la notizia in spettacolo e la carta stampata, anche mainstream e autorevole, acquisisce gli stili di quella che nel decennio precedente era la stampa militante, soprattutto di estrema sinistra ma anche di estrema destra – in cui il tema della corruzione era onnipresente, si pensi al quotidiano “Lotta continua” da un lato ma anche al “Candido” di Pisanò dall’altro.

Giornali tv che imitano gli stili dello spettacolo e giornali cartacei che imitano il gridato e l’immediatezza della tv preparano il terreno per l’emergenza del divismo dei pm, altro elemento senza il quale potremmo difficilmente comprendere Mani Pulite. Emerge una nuova generazione di magistrati capaci di controllare i mezzi di comunicazione da un lato (come se avessero letto, altrettanto bene dei Codici, McLuhan, Debord ed Eco) e dall’altro di intrattenere rapporti molto stretti con i giornalisti, tanto quelli della carta stampata che quelli della Tv.

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