Il mulo, “l’ibrido Alpino” delle nostre truppe in pace e in guerra

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foto Mauro Ferraris/Alpitrek

È appena arrivato in libreria il libro del Generale Fabio Palladini “Il Mulo. L’ibrido Alpino” (ITALIA Storica, Genova 2023), interessante e documentata ricostruzione dell’impiego di questo versatile animale – e delle sue peculiarità – con le nostre truppe Alpine in pace e in numerose guerre, dall’Africa Orientale alla Grande Guerra alle steppe russe e nella storia dell’umanità.

Su gentile concessione dell’editore, presentiamo di seguito la prefazione del libro, stilata dal Presidente dell’Associazione Nazionale Alpini Sebastiano Favero.

Oggigiorno si è soliti abbinare la parola “ibrido” ad un concetto di risparmio energetico, specie nel settore dei trasporti.
Quando ho letto il titolo del libro del Generale Fabio Palladini, ho immediatamente apprezzato l’accostamento del concetto di ibrido con la figura del mulo, per secoli supporto indispensabile per i trasporti in ambiente montano.

Nello stesso tempo mi sono imbattuto in nozioni che si apprendevano principalmente in scuderia, ma anche nel cortile delle caserme delle Truppe Alpine, così come nelle marce di addestramento, durante le escursioni invernali ed estive e le scuole tiro.

Condivido lo spirito con cui questo libro è stato scritto, ovvero far ritornare alla mente ricordi di vita militare, di “naja alpina”, come la definisce l’Autore, ma, soprattutto, ho colto il messaggio di fornire, a chi non ne fosse a conoscenza, un motivo di riflessione sul ruolo del mulo nei Reparti Alpini.

La scuderia era scuola di vita e chi si è approcciato ai muli ha sicuramente imparato anche a conoscere meglio gli uomini.
Pertanto, aldilà di un doveroso inquadramento storico sull’impiego del mulo nel Regio Esercito (il cui inizio coincide con la nascita degli Alpini nel 1872), il libro riporta le conoscenze e le tecniche che erano alla base del suo impiego nelle Batterie di Artiglieria da montagna e nelle Compagnie Mortai dei Battaglioni Alpini e tratteggia con dovizia di particolari, noti solo a chi ha vissuto quella bellissima realtà, i problemi che comportava il movimento di unità someggiate in terreni vari e nelle più diverse condizioni ambientali.

Le trincee scavate nella neve per portare a termine lo “scavalcamento di colle someggiato”, il “rodeo” di un mulo durante l’abbeverata, piuttosto che al campo lasciando basto e carico sul terreno (con somma gioia dei serventi), sono alcuni dei ricordi che molti di noi, che hanno servito nei Reparti Alpini, ricorderanno oggi con piacere e con la soddisfazione che permea uomini consci di aver svolto il proprio incarico nel migliore dei modi, animati da senso di appartenenza e da spirito di Corpo.

Nel capitolo “Pratica e cura dei muli” sono riportate tutte le operazioni che il conducente svolgeva per prendersi cura del mulo, ma soprattutto l’Autore ha voluto ricordare il ruolo determinante del Sottufficiale Maniscalco nell’economia di un reparto someggiato.
Il trasporto a soma era il lavoro più gravoso cui può essere sottoposto un quadrupede ed il someggio dell’obice da 105/14 e del mortaio da 120 mm, che hanno armato per decenni le Batterie di Artiglieria da montagna e le Compagnie Mortai dei Battaglioni Alpini, è ben descritto, anche nei suoi aspetti tecnici, compreso l’ippotraino: una procedura di movimento in montagna poco conosciuta.

Ogni terreno presentava difficoltà diverse e richiedeva predisposizioni diverse, specie quando la neve imponeva di mettere ai piedi dei muli le racchette da neve oppure far loro trainare slitte con materiali.

Rifornimenti e trasporti, queste erano i compiti per cui erano impiegati i muli. In tale ottica il Generale Palladini, ha evidenziato come, prima dell’avvento dei veicoli a motore, il peso principale del supporto di campagna agli Eserciti gravasse sugli animali e, in misura particolare, su quella di un tenace e solido quadrupede: il mulo.

I sacrifici di conducenti e muli nelle due Guerre Mondiali sono noti ai più, ma nei nuovi modelli di Difesa il mulo non ha trovato più posto, così il 7 settembre 1993 presso la Caserma “D’Angelo” di Belluno ha avuto luogo l’asta degli ultimi muli in forza alle Truppe Alpine.
Il libro termina ricordando come il mulo è stato, a volte suo malgrado, protagonista della vita dell’uomo, senza dimenticare alcuni tra i tanti valorosi muli che hanno fatto insieme ai loro conducenti la storia delle Truppe Alpine.

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