Amsterdam Centraal, pomeriggio di pieno agosto: turisti vanno e vengono sul piazzale, accolti da una piacevole melodia di un violino suonato da una giovane artista di strada.
Qualche giorno dopo, alla stazione Paddington di Londra, a rendere ancor più dolce l’arrivo in stazione c’è persino una piccola orchestra a ritmo di jazz.
Milano Centrale, fine agosto: il solo suono che si sente, tra i fraseggi del cammino veloce dei turisti, è una animata discussione tra extracomunitari di diverse etnie. Un ragazzo, alterato da chissà quali sostanze, cerca di provocare altri due sdraiati elegantemente sul cornicione della Stazione, con una lattina di birra sulla pancia. Cosa venga urlato verso di loro dal primo non si sa, ma dai toni e dalla gestualità minacciosa di sicuro non sta dando lezioni di solfeggio. D’altra parte la musica, ormai, a Milano è sempre quella.
Non si tratta di un episodio sfortunato, infatti. Ripetiamo l’esperimento in un giorno casuale di dicembre: appena fuori dalla stazione ecco subito avvicinarsi un uomo che, noncurante del freddo, si presenta in canottiera per affermare la sua passione enologa chiedendo “Due euro per un treno o per una bottiglia di vino”. Sia nell’uno che nell’altro caso, evidentemente, di basse pretese ma dalla sufficiente capacità di rendersi molesto.
Venerdì 12 gennaio ore 14: non si fa in tempo a entrare nel piazzale della Stazione Centrale e, incrociando lo sguardo di un ragazzo che si atteggia a padrone della zona, si viene subito fermati da questo con una domanda. “Hai bisogno di qualcosa?”, chiede. Non sembra usare la stessa cortesia che potrebbe adoperare l’operatore di una proloco: si declina l’offerta dello spacciatore (con gentilezza, perché lì comanda appunto lui, quindi è meglio togliere in fretta il disturbo, senza farlo irritare) e si procede oltre. Malgrado le sbandierate apparenze, figlie ancora di vecchie amministrazioni capaci di portare la città meneghina al livello delle più grandi metropoli europee, Milano non riesce proprio a regalare quella accoglienza melodica che si accompagna a Londra o ad Amsterdam.
Seguendo la strada a piedi verso il Duomo, il primo artista di strada che si trova è un fisarmonicista all’altezza dei giardini di Corso Venezia. Per intenderci, due chilometri dopo. Stiamo già parlando di un caso raro, perché gli altri si troveranno tutti quasi un chilometro più avanti. Ci fermiamo con quel fisarmonicista e gli domandiamo come mai non ci sia nessuno a suonare in Stazione Centrale. La risposta era prevedibile: “È una zona comandata da altri”. Altri cantanti e artisti che troviamo in piazza San Babila ci rispondono con ancora più schiettezza: “C’è gente che appena vede due euro per terra perde la testa. Non solo li ruberebbero, ma sarebbero talmente in tanti da non potere nemmeno contrastarli da soli”.
C’è paura tra gli artisti di strada di Milano: per fare gruppo ed evitare rapine , si sono costretti a radunarsi più o meno tutti nella stessa zona: tra piazza San Babila e il Castello Sforzesco.
Francesca, cantante che bazzica spesso le vie di Milano con il suo microfono e la sua cassa cantando musica lirica, ci racconta che ogni tanto le capita di esibirsi nelle metropolitane alle fermate di Loreto e Garibaldi, ma non si sente sicura. Lì il Comune ha installato dei set musicali che i cantanti possono prenotare gratuitamente: un incentivo all’arte di strada, ma solo apparente. “Cantare lì vuol dire farlo con gli occhi costantemente sbarrati, perché oltre alle ormai famose zingare inseguite da Striscia la notizia, c’è sempre qualche faccia poco raccomandabile. Intorno a quei set non c’è nessuno della sicurezza: quello che succede succede”, dice Francesca. E aggiunge:
“Se uno lascia generosamente un’offerta per l’esibizione, resto con l’ansia fino alla fine del brano e poi mi piombo a raccoglierla, perché lì il passaggio è molto frequente e altrettanto veloce”. Insomma la vita di un artista di strada diventa uno stress, più di quanto già non lo sia altrove.
Nella Milano di Beppe Sala (e in quella precedente di Pisapia) è impossibile comportarsi con la stessa leggerezza consueta nelle altre capitali europee: a parole si incentiva l’arte ma concretamente non si fa nulla per promuoverla.
Anche il pubblico, che lo vedi costantemente con le mani in tasca non per proteggersi dal freddo ma per evitare che qualche mano lesta gli scippi il portafogli, sembra non sentirsi tutelato. Per andare nei teatri del centro città è pressoché impossibile usare l’automobile, ma i mezzi pubblici, di cui la cronaca riporta costantemente notizie di aggressioni, non sono il miglior stimolo a uscire di sera per godersi uno spettacolo. Quando sali dopo le 23 trovi quasi sempre quello ubriaco che ti fissa e rispetto al quale non ti senti protetto in alcun modo.
A quel punto, piuttosto che dedicarsi una serata di cultura, tanto meglio rimanere a casa.
Incivili e ignoranti: così Sala sembra volere i milanesi. Pazienza se nel piazzale della Stazione Centrale un giorno sì e l’altro pure si assiste a una rissa. Ciascuna città ha lo spettacolo che si merita: in questo Milano sembra ormai volersi prendere il primato europeo. Il dramma è che ormai i cittadini meneghini hanno imparato da una decina d’anni a muoversi in questo insostenibile far west che non fa più notizia: è ora di cambiare registro.
Foto Robertino Radovix, CC 4.0 sa by nc
tutto sacrosanto, siete bravi a narrare questo incredibie scempio di una bella citta’ quale e’ Milano