Milano in mano alle baby gang, ma Sala nega

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«Armi (finte), droga e rapine: 16 arresti a Milano tra le baby gang». «Baby gang di criminali minorenni in azione: 2 rapine in pochi minuti, vittime picchiate». «Rapine in centro a Milano: arrestato un ragazzino (membro di una baby gang)». «Milano, baby gang di ragazze aggredisce studenti universitari in piena notte sui Navigli: “Volete fare a botte?”». Benvenuti a Milano, capitale della moda. Evidentemente fra le nuove mode c’è anche la delinquenza giovanile, perché questi sono solo alcuni dei titoli di «nera» nell’ultimo mese che riguardano il capoluogo lombardo.

Un fenomeno che nonostante il negazionismo di alcuni esponenti della politica (l’insicurezza cittadina sarebbe «percezione» secondo il sindaco Beppe Sala) piazza quella che era la locomotiva d’Italia al vertice della classifica del crimine stilata dal «Sole24Ore» lo scorso ottobre. Ancorché in calo rispetto al 2019, l’indice dei reati per centomila abitanti commessi a Milano resta il più alto d’Italia, battendo città come Napoli o Rimini (del resto sarebbe interessante capire se il dato romagnolo non debba esser letto anche come delinquenza giovanile milanese in trasferta balneare, cosa vista già la scorsa estate a Desenzano sul Garda). E intanto che la politica liberal nega, le corazzate mediatiche del wokeismo intorbidano le acque.

Quando si parlava di «mode» non era certo una battuta. A tirare la volata all’esplosione della criminalità giovanile c’è certamente l’istigazione da parte della nuova mania giovanile per la trap. Fenomeno di costume correlato a un genere «musicale» (virgolette d’obbligo) il cui asse portante è proprio l’esaltazione di comportamenti, parole d’ordine e messaggi antisociali, violenti, vandalistici e criminali. Qualcosa che si era visto negli anni ’50 della «gioventù bruciata», poi con il punk fra anni ’70 e ’80, ma che allora aveva una differenza sostanziale: quella musica – accusata di fomentare la ribellione giovanile – era appunto una musica di rivolta e fu la colonna sonora di un doppio scontro generazionale, portando anche quei messaggi discutibili. La trap, che definire «musica» è peccato mortale, non è affatto «ribellione», poiché è invece portata in palmo di mano e coccolata dall’intero sistema massmediatico, compresi quegli ambienti dove fino a un decennio fa la cosa più «ribelle» che si poteva sentire era… Vasco Rossi.

Che uno dei nodi centrali di questo problema sia proprio la subcultura della trap è testimoniata dalle cronache – non c’è notizia di «nera» che riguardi le baby gang che non citi qualche «trapper» coinvolto (ce ne sarebbe uno il cui nomignolo è proprio “Baby Gang“. La fantasia al potere, và…) – ma soprattutto da un dettaglio che riguarda gli addetti ai lavori. La trap è uno dei fenomeni fomentati dai nuovi social come TikTok. Social che tutti gli esperti di psyop oramai hanno riconosciuto come parte di una strategia di guerra cognitiva portata avanti dalla Cina per indebolire le società occidentali. Non è un caso che gli algoritmi di questi social spingano in alto contenuti degenerati come la trap (ma anche anoressia, droga, autolesionismo, sfide suicidarie etc.) all’interno delle comunità dei fruitori occidentali, mentre all’interno della repubblica popolare cinese questa roba sia letteralmente censurata, sostituita invece da messaggi edificanti – costruiti per lo più a tavolino – con giovani che studiano, lavorano o compiono bei gesti da boy scout. Una vera e propria «guerra dell’oppio» alla rovescia, con cui il Dragone sta rendendo pan per focaccia all’occidente, due secoli dopo quella del 1830 che invece vedeva la Cina cedere sotto i colpi della droga e della criminalità seminata a piene mani dall’imperialismo inglese per indebolirla e penetrarne i mercati.

Ma si fa presto a dar la colpa a qualcuno di esterno. Questi fenomeni attecchiscono da noi perché c’è un terreno fertile. I danni ce li facciamo da soli, e i nostri rivali nell’egemonia globale semplicemente se ne approfittano. Il progressismo e l’immigrazionismo hanno creato il brodo di coltura ideale perché la criminalità giovanile fomentata dalla trap potesse mettere radici. Lo testimonia la sproporzionata quantità di giovani immigrati o «nuovi italiani» coinvolti nel fenomeno, e la diffusione della medesima malavita fra le banlieue parigine, realtà che si trova appena 10-15 anni avanti a noi e che ci indica a quale destino andremo incontro continuando con l’importazione di centinaia di migliaia di giovani immigrati maschi non integrabili. Del resto, a Milano i protagonisti di questa malavita si chiamano maranza, crasi di “marocchino” e “zanza“, cioè delinquentello in dialetto meneghino, come ci informa Nina Verdelli sul “Vanity Fair”. Insomma, è la diversità, bellezza!

La «diversità» di cui si riempie la bocca la sinistra liberal è ovunque nel mondo associata a tassi di sviluppo più bassi, a tassi di disagio, criminalità, abbandono scolastico, scollamento sociale, suicidio più alti, a parità di densità di popolazione (dati che chiunque può constatare coi propri occhi, per esempio leggendo “Immigrazione: le ragioni dei sovranisti” di Daniele Scalea. Giubilei Regnani, € 16.00). Una «diversità» che non riguarda soltanto il dato etnico, con l’arrivo di masse immigrate non assimilabili, ma anche i modelli familiari, di istruzione, la diffusione delle droghe come «diritto». Negli Stati Uniti le amministrazioni dem che hanno fatto di questa ideologia la loro bandiera (arcobaleno) hanno visto gli standard di vita crollare letteralmente. Che ora la gente fugga dalla ultra-woke New York per emigrare nella Florida del conservatore DeSantis è un dato di fatto.  

Ovunque trionfi l’ideologia wokeista e sventolino le bandiere arcobaleno è inevitabile trovarsi in situazioni di degrado sociale come quelle che vediamo a Milano e che sono fatalmente destinate a peggiorare. Ovviamente a pagarne il prezzo sono le classi popolari, quelle che non abitano nei «boschi verticali», non hanno la scorta pubblica o il metronotte privato sotto casa. Quelle che devono pagare le ZTL coi risparmi o rinunciare alla libertà di spostamento. Molto semplicemente non si può avere la «diversità» e la sicurezza insieme. Beninteso, sempre se non abiti in un superattico di 800 mq.

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