Non ce l’ha fatta Caterina Giovinazzo, l’ottantottenne che aveva avuto un malore scoprendo di dover pagare oltre 15 mila euro per una bolletta dell’acqua. Non si è più ripresa da quel colpo ed è deceduta la Vigilia di Natale all’ospedale Borea di Sanremo. Gli eventi risalgono a inizio dicembre, quando la signora ha appreso di dover saldare un importo di 15.339 euro al gruppo Iren, responsabile del servizio idrico di cui si serviva e che la banca dove la sua bolletta era domiciliata aveva autorizzato il pagamento di metà della clamorosa cifra.
Un uno-due di automatismi che mostrano come proprio nell’epoca dell’intelligenza artificiale, dei controlli elettronici a distanza e dei big data, i diritti, la dignità e – in ultima analisi – la vita degli individui non sia affatto al centro dei nostri sistemi. Situazioni da romanzo di Kafka con cui più volte nella vita chiunque ha avuto a che fare, situazioni che fanno accapponare la pelle perché sarebbe semplicissimo prevenirle.
Il primo malcostume da sbattere al banco degli imputati, ovviamente, è quello dell’aver sostituito con dei meccanismi il rapporto umano. Certo, è comoda la lettura a distanza o il contatore elettronico (tacendo ovviamente l’immane prezzo in libertà che pagheremo, il giorno in cui questi contatori verranno usati per bloccarci le utenze a distanza con un clic perché non siamo stati all’altezza del nostro “credito sociale”). Ma poi un qualunque errore espone a un incubo burocratico nel quale il cittadino perfettamente innocente viene trasformato in una sorta di “colpevole” che deve cercar di spiegare a un sistema automatico, sul quale nemmeno gli operatori umani (ammesso e non concesso che si riesca a raggiungerne uno) possono intervenire. Un errore di sistema all’inizio di una pratica espone a situazioni degne di “Brazil” di Terry Gilliam.
Il secondo malcostume è che nessuno ha pensato di implementare (o imporre ai gestori) che questi sistemi possiedano capacità discrezionali automatiche oppure possibilità di intervento umano esterno. Questo secondo punto ancora più grave, nel momento in cui una bolletta che registri un consumo evidentemente anomalo può certamente essere frutto di un errore (cosa che dovrebbe essere riconosciuta automaticamente, visto che di sistemi automatici parliamo) ma potrebbe anche essere una spia d’allarme. Una perdita – di gas, d’acqua… – una dispersione d’energia, un picco di consumi che denuncia un’attività illegale.
E invece no. Il sistema automatico, con gli operatori al suo interno che si fanno passare una bolletta da 15 mila euro sotto il naso senza avere o sentire il dovere di effettuare un surplus di indagini, approva, passa, stampa e invia. La banca riceve e automaticamente, senza che l’impiegato senta il dovere d’alzare il telefono e chiamare il correntista, prende e approva il bonifico non dovuto (naturalmente non sappiamo se ciò sia avvenuto realmente, dalle notizie non è chiaro. Però in altri casi che riguardano personalmente chi scrive una banca ha autorizzato blocchi e interruzioni di servizi arbitrariamente e senza alcun preavviso).
Questa mostruosità non riguarda solo le aziende private a cui è stata svenduta nella follia eurinomane il patrimonio pubblico di reti e servizi della Prima Repubblica. Riguarda anche (terzo inaccettabile malcostume) gli apparati dello Stato. Quegli apparati che hanno denaro per fornire agli agenti di polizia strumenti di lettura a distanza delle targhe automobilistiche e conoscere in tempo reale lo stato degli adempimenti del proprietario dell’auto, ma non pensano di dover stanziare 16 centesimi per un sms che lo avverta in anticipo dell’approssimarsi di una scadenza, come può essere il bollo, la revisione o l’assicurazione. Lo Stato insomma spera che il cittadino, pardon, l’utente-consumatore, cada in fallo, per poterlo multare e spremere. Le autorità sono quella cosa che piazza l’autovelox in fondo a un rettilineo con la speranza che qualcuno acceleri, non a metà del tratto per disincentivare un comportamento pericoloso (true story. Accanto ai suddetti velox ci sono poi gli altarini coi fiori di plastica che ricordano l’automobilista che ha visto l’apparecchio all’ultimo, ha inchiodato e c’è rimasto secco o ha fatto ammazzare qualcun altro. Ma quegli ordigni stanno là per la nostra sicurezza, sia ben chiaro…).
La nostra epoca avrebbe tutti i mezzi per rendere serena la vita delle persone. Sistemi automatici che avvertano di un’anomalia nei consumi e quindi prevengano furti, errori, perdite nelle reti… sistemi automatici che avvertano di scadenze burocratiche… Sistemi automatici che mettano in condizione un operatore umano di interfacciarsi con il cittadino per agevolarlo… Invece usiamo questa potenza di calcolo per stringere le maglie del controllo, per deresponsabilizzare i pochi operatori rimasti, lasciati incatenati al protocollo e a contratti di lavoro umilianti, in cui l’evidenza di un errore viene lasciata correre perché mors tua vita mea e quando uno fa turni di 12 ore per poche centinaia d’euro al mese non ha certo tempo di preoccuparsi se una vecchia rischia l’infarto perché le arriva una bolletta pazza. E probabilmente non ha nemmeno la possibilità di farlo, anche se la coscienza riuscisse a imporglielo, perché l’algoritmo occupa un posto più alto nella catena gerarchica della sua azienda.
A quanto pare, dei parlamentari (Angelo Bonelli e Raffaella Paita) faranno interrogazioni per capire dal governo di più sulla vicenda. Non sappiamo se questo porterà a nuovi provvedimenti. Ma se le nuove iniziative si concretizzeranno solo in ulteriori meccanismi, algoritmi, protocolli e non a una rivoluzione che restauri la dignità del cittadino come stella polare d’ogni azione pubblica o privata (come Costituzione comanda, del resto), sarà nella migliore delle ipotesi un facite ammuina, nella peggiore una manciata di sale sulle ferite di un popolo sempre più suddito.