Tutt’intorno, nella stanza, echeggiava un fragoroso silenzio: un susseguirsi di case e abitazioni avvolte in una tacita atmosfera. Il mondo intero, in quei giorni, si riappropriava prepotentemente di suoni, luci e colori appartenenti alla natura: flora e fauna, indiscussi protagonisti di uno scenario a dir poco surreale, si stringevano la mano in un contesto nuovo in cui l’uomo fungeva soltanto da temporanea comparsa. Nemmeno il più abile dei pittori, seppur dotato di grafica minuziosa e tratti lumeggiati, sarebbe riuscito a rappresentare con fedeltà un simile tripudio di bellezza. Un’insolita sensazione di smarrimento e speranza colmava gli stati d’animo delle persone. Sono stati mesi infiniti nei quali il precario equilibrio di noi tutti fu messo a dura prova da un nemico invisibile e sconosciuto. Una nuova era, che sarebbe passata alla storia, scalfiva la nostra memoria. Un disagio indelebile affiorava giorno dopo giorno, nel vedere numeri inimmaginabili di vittime colpite da questo subdolo ed incontrollabile virus. In questo triste scenario, un giorno qualunque, di un venerdì qualunque, arrivò la telefonata che mai ti saresti aspettata di ricevere:”La nonna è in ospedale. È grave”. Poche parole, secche e sferzanti come un pugno in pieno volto. Seguirono giornate d’interminabile attesa. Gli ospedali della Lombardia, regione più coinvolta, erano stracolmi di malati contagiati dall’ostile e meschina minaccia. Non sapevamo cosa fare, in realtà nessuno lo sapeva. Primo tra tutti,il personale medico, costretto a lottare contro qualcosa mai visto prima. Pazienti relegati in un lazzaretto, parola che in tutta onestà, dopo gli studi liceali dei Promessi Sposi manzoniani, mai e poi mai avrei creduto di poter ripetere. Mi feriva terribilmente immaginarla in un freddo letto di ospedale, sola, senza alcuna possibilità di contatto. Nemmeno una telefonata. Un destino crudele sceglieva per lei il momento peggiore per farla ammalare; eppure è andata così. Il periodo di tragica emergenza sanitaria separava per mesi l’intero Paese dalle persone a cui volevamo stare semplicemente vicino: una imprevedibile spada di Damocle che in un bizzarro paradosso colpiva brutalmente e senza pietà alcuna le generazioni più forti.Sono loro, la cui pazienza, resistenza e perseveranza unita alla più profonda esperienza, questa volta, non sono state sufficienti. Non amo definirli anziani: sono semplicemente sagge persone con una conoscenza approfondita della vita, quella naturale padronanza delle cose che non si impara sui libri ma necessariamente, con il trascorrere degli anni. Mi sembra ancora di sentirle quelle buffe espressioni dialettali, accompagnate da aneddoti e proverbi di un mondo ormai lontano, di quell’Italia che ha vissuto e combattuto due grandi guerre ricostruendo un’intera nazione segnata dal conflitto mondiale. Piano piano, uno dopo l’altro, se ne stanno andando silenziosi, senza arrecare alcun fastidio. Muoiono soli, impauriti ed indifesi. Se ne vanno senza un addio lasciandoci nella memoria, il valore di un ricordo. Ebbene, ad oggi, tutto il loro operato è dunque stato speso invano? A cosa è servito il sacrificio e la loro battaglia? Dobbiamo rivendicare i loro sforzi lottando, ora più che mai, alla salvaguardia ed esaltazione della nostra Patria, cosicché l’espressione poetica di “Bel Paese”, tanto cara a Dante e Petrarca, padri indiscussi della lingua italiana, valga ancora la pena di essere pronunciata.
Ciao Cristina, la descrizione che hai fatto di questo difficile momento mi ha emozionato e la condivido totalmente. Gli anziani sono la memoria e le radici di un Popolo. Questo patrimonio di esperienza oggi viene banalizzato e ignorato intenzionalmente .Viene relegato nell’oblio collettivo. E senza memoria non si può costruire nulla. La memoria ti dona la consapevolezza, ti rende capace di vedere oltre l’apparenza delle cose. Senza di essa non sai chi sei , non sai da dove vieni e dove sarai diretto. Non puoi essere sorretto da una grande forza , quella dell’Autodeterminazione e di conseguenza si diventa vulnerabili e ricattabili . E tutto questo oggi viene messo a tacere. Chi attinge dalle proprie radici proiettandosi nel futuro ha molte più possibilità di sopravvivere.
Credo che questo venga ostacolato in ogni modo.
Anna