L’incontro tra il poeta Paul Verlaine e la giovanissima Mathilde Mautè de Fleurville avviene nella casualità, con il concorso inconsapevole del fratello di lei, Charles De Sivry. Le due anime comprendono la solidità del legame e convolano a nozze, viste favorevolmente dalla famiglia con la sola ostilità del padre, poco attratto dalla vacuità del futuro genero. Quei dubbi su una simile scelta, diventano certezze, appena Mathilde resta incinta e rivelano la natura del carattere del neo marito, instabile, irascibile e dedito all’alcol. L’insicurezza, insita nel suo essere, ha minato ogni speranza di conseguire il futuro sperato nel firmamento dell’Arte ed ora Verlaine sconta una bassa opinione di sè stesso che sfoga contro la moglie, addebitandole la colpa di non comprenderlo e di non assecondare la sua natura.
Sullo sfondo i tragici momenti della fine del Secondo Impero, decretato dall’epilogo inglorioso della guerra franco-prussiana e dalla deposizione di Napoleone III. Ad essi seguirà l’esaltante epopea della Comune, che dilaga come fosse una prosecuzione dell’azione demolitrice della Rivoluzione del 1789, capace di travolgere il conformismo borghese instaurato da Haussemann, per far posto alle istanze del popolo e proclamare un’eguaglianza non solo nominale. Si tratta di prodromi di esperimenti socialisti, viziati da intenzioni velleitarie e romantiche, lontane dalla concretezza delle teorie marxiste, che consentono a tutti i protagonisti del nuovo pensiero filosofico dilagante in Europa, di prenderne le distanze. Verlaine sta a guardare, incapace di schierarsi verso posizioni determinate. Segue gli uffici amministrativi a Versailles per mantenere il posto di impiegato ed assecondare le accorate suppliche di sua madre, ma strizza l’occhio al movimento dei parnassiani che sorreggono e sostengono le idee della Comune. Una ambivalenza che contribuisce ancor di più a marcare quella instabilità caratteriale che si è impadronita del suo essere. Bisognerà scegliere e bisognerà farlo in fretta perché il segno del tempo è implacabile e l’occasione di condursi verso l’immortalità artistica, attraverso un disinvolto sconvolgimento dei sensi e della morale, molti pensatori l’hanno già attuata. Serve solo una spinta capace di vincere una cronica indecisione; per trovare la forza di imporre le nuove idee e decretare così il congiungimento della Poesia con uno stile di vita deliberatamente svincolato da legami borghesi e perbenisti.
Questa spinta prepotente e vigorosa, gliela fornirà Arthur Rimbaud. Ha dieci anni di meno e molta più determinazione di quanto non abbia Verlaine. Sembra un bambino, ma ha la forza tentatrice di un demone. Viene dalla provincia sonnolenta e sarebbe destinato ad una vita anonima se un carattere ribelle non lo allontanasse da ogni consuetudine. Sfrontato ed avverso ad ogni obbligo morale, intende imporsi al mondo con il piglio di chi lo pretende, per elezione, per merito personale, per consapevolezza di essere il migliore. Fornito di vivida intelligenza e munito di un’autostima senza limiti, è l’esatto contrario di Verlaine che lotta quotidianamente per imporre la sua valenza, quasi elemosinandola. Scrive cose bellissime guidato da un modo di esprimersi sempre estroverso ed anticonformista. Ha letto i versi di Paul e si è rivolto a lui per fargli conoscere i suoi scritti ed averne un giudizio, accompagnando la richiesta con parole di stima.
La lettera arriva a Rue Nicolet…
Buona lettura.
MATHILDE
Commedia in due atti
Personaggi
1° Signore
2° Signore
3° Signore Clienti della pensione De Fleurville
Mathilde anziana
Paul Verlaine
Charles De Sivry
Mathilde giovane
Avv. Mautè, padre di Mathilde
M.me Mautè, madre di Mathilde
Louise, la cameriera
M.me Verlaine, madre di Paul
Arthur Rimbaud
SECONDO ATTO
Salotto di casa Meautè. Madre e Mathilde che stanno ricamando.
MATHILDE: Che ore sono? Perché Paul non ritorna?
MADRE: Starà ancora aspettando alla stazione…
MATHILDE: Forse bisognerà mandare qualcuno ad avvertirlo.
MADRE: Ma no. A quest’ora se ne sarà accorto che il suo amico non c’era e starà ritornando a casa.
Pausa
MATHILDE: Non sarà il caso di offrirgli qualcosa? Dopo tutto quel viaggio…
MADRE: Ma hai visto? Risponde quasi a monosillabi. Aspettiamo che ritorni tuo marito. Ormai sarà a momenti.
MATHILDE: Forse è timido e si vergogna…
MADRE: E va bene (fa squillare il campanello) …Certo che sembra un selvaggio…
Entra Louise
LOUISE: Comandi signora!
MADRE: Chiedi a quel ragazzo se vuole qualcosa. Magari gradirà del thè.
LOUISE: Subito signora. È arrivata una carrozza. Credo che sia il signor Verlaine.
MATHILDE: Vagli incontro Louise!
LOUISE: Vado.
Louise esce e subito dopo entra Verlaine con espressione di delusione.
VERLAINE: Accidenti, sono arrivato in ritardo. Alla stazione non c’era più.
MADRE: Il vostro amico è di là. Non vi ha visto al binario ed è venuto direttamente qui. Sapeva l’indirizzo.
VERLAINE: ( contento ) Di là? Voglio vederlo subito (e si allontana chiamandolo) Rimbaud, Rimbaud…
MATHILDE: E’ come impazzito di felicità!
MADRE: Eh, già. Ho visto.
Si sente un vociare fuori stanza. Entra Verlaine.
VERLAINE: Mamma, Mathilde: vi presento il poeta Rimabud. Venite, venite avanti vi prego. La conoscenza l’avete già fatta.
Entra in stanza Arthur Rimbaud. Il suo aspetto è trasandato. Si guarda con circospezione e diffidenza. È evidente che non ha in simpatia il gusto borghese dell’arredamento e l’aria che tira nella famiglia. Tutti si alzano in piedi attendendo la presentazione. Dopo qualche attimo di imbarazzo è Verlaine a prendere la parola.
La mia signora suocera e mia moglie Mathilde.
Rimbaud fa un accennato inchino senza dire nulla.
MADRE: Come è giovane il vostro amico. Cosa vi ha spinto a Parigi signor Rimbaud?
RIMBAUD: La noia e la povertà spirituale del mio paese.
MADRE: Pensate che a Parigi ci sia ricchezza…spirituale?
RIMBAUD: Ben più che a Roche.
MADRE: Dove si trova… Roche?
RIMBAUD: Vicino alla frontiera belga, signora.
MADRE: …vicino alla frontiera belga…
Verlaine, che ha colto l’imbarazzo generale, tenta di sottrarsi a quell’atmosfera.
VERLAINE: Beh, sarete stanco. Il viaggio è stato lungo e certamente scomodo. Venite Arthur, vi mostro la vostra stanza. Con il vostro permesso signori.
Verlaine e Rimbaud escono. Torna la scena sui pensionati e la vecchia Mathilde.
1° SIGNORE: Accidenti che accoglienza! Doveva essere una situazione pesantissima.
M.ME DE FLEURVILLE: Rimbaud non era stato accolto a braccia aperte, anche perché non si era mostrato come l’immaginavamo. Trasandato nell’abbigliamento e nel frasario, ci procurò l’immagine più deleteria che si poteva. E potete immaginare quali furono le sensazioni di mio padre quando lo conobbe, pochi giorni dopo. Io assecondai mio marito, ma capivo e comprendevo la diffidenza di mio padre.
2° SIGNORE: Certo vostro padre non si era predisposto con l’animo migliore. Forse questo lo indispettì.
M.ME DE FLEURVILLE: Mio padre non era un uomo che teneva celato il suo stato d’animo, ma bisogna dire che Rimbaud, anche per la sua strafottenza, non facilitava affatto le cose.
3° SIGNORE: Signora dovevate saperlo che le cose sarebbero peggiorate. Perché non avete dissuaso vostro marito dal suo proposito?
M.ME DE FLEURVILLE: Io fino a quel momento avevo percepito solo il fastidio di mio padre. Ero curiosa di conoscere colui che aveva così sfrenato l’entusiasmo di Verlaine. Mi sarei ricreduta amaramente…
Torna la scena precedente. Verlaine e Rimbaud sono in salotto.
VERLAINE: Allora, Rimbaud, che ve ne pare di questa casa e della mia famiglia? Siate sincero fino alla brutalità. Da voi mi aspetto un giudizio senza peli sulla lingua.
RIMBAUD: Io non ho mai peli sulla lingua. Risponderò con la franchezza che mi è stata richiesta: merda!
VERLAINE: Ma…
RIMBAUD: Siete sorpreso? Mi avete pregato di essere sincero. Cosa ci fa un poeta della vostra levatura in una casa borghese come questa? Dov’è lo spirito rivoluzionario che mi avete promesso e descritto? Tutto qui sa di vecchio e di stantio. È tutto marcio e voi, mio caro amico, presto marcirete insieme a questo, se non ve ne sottrarrete per tempo. L’arte, la spiritualità, la purezza devono essere raggiunti arrivando al disordine morale e materiale dei sensi. (si siede mettendo i piedi sul tavolino). Siate dunque trasgressivo, sconvolgente, provocatorio, non banale. Ho sete. Portatemi un po’ di vino. Ce ne sarà in questa casa no?
VERLAINE: Certo, certo, ve lo porterò subito
e si allontana in cucina. Subito dopo entra il padre
PADRE: Oh, buongiorno signor Rimbaud. Avete dormito bene?
RIMBAUD: (senza togliere i piedi dal tavolino) Letto molle e cuscino troppo morbido, ma per il resto non mi posso lamentare.
PADRE: (ironico) Ah, meno male, altrimenti avrei provveduto. Vi tratterrete ancora molto? RIMBAUD: Non so. Molto dipende da vostro genero.
PADRE: Ah, dipende da mio genero. Certo. Sarà bene che gli parli. Subito.
E si incrocia con Verlaine che servizievole sta portando a Rimbaud un bicchiere di vino.
Giusto voi! Vi prego di seguirmi nel mio studio. Ho da parlarvi urgentemente, senza alcun differimento. (ed esce).
Verlaine resta interdetto, timoroso di obbedire al comando ricevuto, per timore di fare un brutta figura col nuovo amico.
RIMBAUD: Andate, andate. Non avete sentito il padrone che vi chiama? Rispondete, altrimenti vi metterà alla porta.
VERLAINE: …Ma il vino?…
RIMBAUD: Bevetelo voi! Vi tirerà su il morale e vi farà diventare un’ombra d’uomo. Io vado in un caffè qualsiasi, dove ci sia la vita!
VERLAINE: Aspettate. Vengo con voi.
RIMBAUD: Fate quel che volete.
Si alza e se ne va. Verlaine lo segue. Subito dopo entra Louise nella stanza.
LOUISE: Accidenti, da quando c’è in casa quel giovanotto non ci si capisce più nulla. Il signor Verlaine che ha attenzioni solo per lui, il signor Avvocato che è nervoso e la signora Mathilde è sempre sola e quel povero bambino che deve nascere in mezzo alla baraonda…
Entra Charles De Sivry.
CHARLES: Louise…
LOUISE: Oh. Buongiorno signor De Sivry.
CHARLES: E’ in casa l’avvocato Mautè?
LOUISE: Certo.
De Sivry fa per andare, ma subito dopo la cameriera con un gesto impercettibile tenta di trattenerlo. Poi, in imbarazzo per tanto ardire, ritorna al suo posto. De Sivry se ne accorge
CHARLES: Che c’è Louise?
LOUISE: (come liberata) Scusate se mi permetto, ma… qui non va bene per niente. Quel Rimbaud è riuscito a scombussolare la quiete di questa famiglia. Ve ne prego, fate qualcosa, almeno voi.
CHARLES: Cos’altro è successo?
LOUISE: Non è ancora successo nulla, ma succederà, state tranquillo. Ormai è una polveriera che sta per scoppiare…
Entra il padre
PADRE: Buongiorno Charles. Insomma, dov’è finito mio genero?
LOUISE: Perdonate. È uscito con il suo amico. Sono andati in un caffè a bere.
PADRE: E’ inaudito! Gli avevo intimato di raggiungermi nello studio. Questa situazione è giunta al colmo. Domani stesso quello straccione uscirà da casa mia, costi quel che costi. Parlerò a Paul fermamente. Mi farò sentire.
CHARLES: Lasciate stare. Voi siete giustamente alterato e la collera finirà per farvi dire qualche sproposito che nuocerebbe soprattutto a Mathilde. Lo farò io. Gli parlerò io, se permettete.
LOUISE: Sì, sì. Parlategli voi.
PADRE: Zitta. Andate in cucina e restateci!
Louise esce spaventata dall’intimazione del padre. Entra la madre.
MADRE: Cosa c’è? Buongiorno Charles, ho piacere di rivedervi.
PADRE: Cara dobbiamo porre fine alle vacanze di quel Rimbaud. Non mi piace e, soprattutto, non mi piace come si sta comportando vostro genero. Si è abbondantemente superato il limite dell’educazione e del buon gusto.
MADRE: Charles, cosa ci dite di questa situazione?
CHARLES: …Paul ha portato Rimbaud nei circoli per farlo conoscere agli amici come l’ottava meraviglia del mondo. Ma ha avuto una pessima accoglienza. L’opinione generale è stata di fastidio. Persino Cros, che è un accomodante – lo sapete – si è espresso in maniera titubante.
PADRE: Cosa ci troverà in quel selvaggio…
Entra Mathilde con Louise. Mostrano un cuscino.
MATHILDE: Guardate. (esibendolo) Oh, buongiorno Charles. Il cuscino di Rimbaud è pieno di animaletti. Dio, che schifo!
Tutti si avvicinano a guardare.
PADRE: Sono pulci! È un’indecenza. Mathilde, intimate a vostro marito di cacciare quell’essere dalla nostra casa.
MATHILDE: Sì. Sì…lo farò.
Sipario sulla scena. Luce sull’angolo dove sono Mathilde anziana e i pensionati.
M.ME DE FLEURVILLE: La comparsa di quelle pulci fu l’inizio della baraonda. Non che si aspettasse un pretesto; la risoluzione era nell’aria e un’occasione l’avrebbe prima o poi scatenata. Presi la briga di parlare a mio marito con tutta la dolcezza di cui ero capace, ma – nello stesso tempo – usai una certa fermezza: feci chiaramente intendere che eravamo irremovibili nella decisione. La reazione fu addirittura spropositata.
Sipario sulla nuova scena. Paul entra in salotto, mentre Mathilde è intenta a leggere un libro.
MATHILDE: Paul, amore, ascolta un attimo. Voglio approfittare che siamo soli per parlarti un momento.
VERLAINE: Ti prego debbo andare. Ho fretta.
MATHILDE: Paul, per favore. Siediti e parliamo. Da quando c’è il tuo amico siamo diventati come estranei. Ho da dirti cose serie.
VERLAINE: (seccato si siede) Avanti. Cosa c’è?
MATHILDE: Paul, il soggiorno di Rimbaud sta minando la tranquillità di questa casa. Te ne rendi conto? Mio padre è sui carboni ardenti. L’insofferenza è generale. Mi dispiace dirlo, ma il tuo amico oltre ad essere un maleducato e a non aver alcun rispetto per gli altri – che in fondo non gli debbono nulla – non ha rispetto nemmeno di sé stesso.
VERLAINE: Ma di che cosa stai parlando?
MATHILDE: Si siede sguaiatamente su sedie e divani. Dice frequentemente sconcezze ed ha un frasario che non è stato mai concesso a nessuno in questa casa. Sembra che costantemente ci sfidi per dimostrare qualcosa. E poi non è tutto. L’altro giorno Louise rifaceva il suo letto. Mi ha chiamata terrorizzata. Il suo cuscino era pieno di pulci o pidocchi, non so. È stato ributtante. La povera Louise non vuole più occuparsi della sua camera.
VERLAINE: (ridendo) Ah! Ah! Le pulci! Rimbaud le tiene nei capelli con orgoglio. Si diverte a togliersele ed a schizzarle addosso ai preti che incontra per strada. È divertentissimo!
MATHILDE: (dopo una pausa, sconsolata, constatando l’abbrutimento del marito) Ma Paul, ti rendi conto…
VERLAINE: (aspro) Io mi rendo conto solo che ho scovato un genio! Malgrado la sua giovane età, ho da imparare molto da lui. Non sarà un’oscura minaccia moralista di tuo padre a dissuadermi da questa amicizia. Io vado per la mia strada.
MATHILDE: Paul, gli amici mormorano. Charles mi dice che il tuo Rimbaud è mal sopportato da tutti. Tu parli di un artista, ma nessuno se ne è accorto.
VERLAINE: Sono tutti invidiosi! Maledetti falliti! Hanno troppa boria per riconoscere il valore che li spazzerebbe via tutti con un colpo solo. Essi sono il passato vecchio e stantio; Rimbaud è l’avvenire. Un avvenire radioso!
MATHILDE: Insomma Paul, io speravo di fartelo capire e speravo che tu stesso fossi comprensivo di una situazione che ormai è intollerabile. Rimbaud deve andarsene da questa casa!
Verlaine è fulminato da quell’affermazione. Si trasforma immediatamente in un essere cattivo. Al colmo dell’ira prende violentemente la moglie per un braccio e la scuote vigorosamente.
VERLAINE: Scema infelice! Che ne sai tu di un’esperienza che non sia pizzi e merletti! Un’ora passata con lui per me vale più di una vita sciocca con te. Fa bene a disprezzarti e a disprezzare questa casa. Sei la mia rovina, la mia perdizione. Sono disgustato per averti dedicato questi inutili anni. Voglio ucciderti e lo farò, stanne certa.
La scaraventa sul divano, e se ne va. Mathilde è trasecolata. Piange disperatamente nel comprendere tutta quella tragedia che si va maturando. Da un angolo esce Louise, la fida cameriera, che ha assistito alla scena, non vista, e si avvicina maternamente a Mathilde.
LOUISE: Signora voi non potete continuare in queste condizioni! Può essere pericoloso per voi e per la creatura che portate in grembo. Parlate coi vostri genitori o almeno con vostro fratello. Fatelo, ve ne prego. Fatelo, altrimenti lo farò io per voi.
MATHILDE: No! Loro non debbono sapere nulla. Promettete di non dire altro. Questa è una faccenda che devo risolvere da sola. Ci vorrà tutto il controllo di cui sono capace, ma dovrò riportare mio marito sulla retta via.
La scena torna sui pensionati e sulla vecchia Mathilde.
M.ME DE FLEURVILLE: Era cominciato il mio calvario. Da quel momento Paul capì che ero la sua vera nemica perché mi ero frapposta tra lui e Rimbaud. Il loro legame s’era fatto ancor più pernicioso e s’avviava a divenire tragico. L’unico risultato che ottenni fu che qualche giorno dopo Rimbaud si allontanò di casa. Credevo di aver ottenuto un punto a mio favore, ma tutto ciò che rimediai fu l’ostilità di mio marito, cui Rimbaud evidentemente rimproverava l’intolleranza della sua presenza in famiglia, ma dalla quale, però, traeva innegabili benefici materiali.
2° SIGNORE: Come benefici materiali? A cosa alludete precisamente?
M.ME DE FLEURVILLE: Intanto mangiava e beveva gratuitamente. Aveva un letto e gli venivano assicurate le spese per i vizi, che generosamente elargiva Paul. Questo gli permetteva il soggiorno a Parigi che altrimenti non avrebbe potuto assicurare sua madre, oltremodo parsimoniosa.
3° SIGNORE: E non gli pesava essere completamente a ricasco di vostro marito?
M.ME DE FLEURVILLE: No, anzi lo pretendeva. Aveva compreso la debolezza di Verlaine e la sfruttava con malefica cattiveria come se tutto gli fosse dovuto. Pensate, per darvi l’idea della sua malvagità, che prima di andarsene rubò in camera un crocifisso d’argento, ricordo di mia nonna, e Paul faticò moltissimo per farselo restituire. Proprio il giorno che se ne andò, ruppe volontariamente un vaso ed una scatola di porcellana ai quali sapeva che ero particolarmente affezionata.
1° SIGNORE: E Rimbaud dove andò? Dove fu alloggiato?
M.ME DE FLEURVILLE: Credo dalla madre di Theodore de Banville, il poeta, in una camera ammobiliata. Sicuramente a spese di Verlaine.
1° SIGNORE: M.me, io penso che avreste fatto bene a confidarvi con qualcuno. Il vostro stato vi esponeva a gravi rischi, sia per voi che per il bimbo che stava per nascere.
M.ME DE FLEURVILLE: Non fu possibile fingere oltre. Presto la situazione apparve chiara. Anche perché Verlaine rincasava a notte fonda e si ripetevano sempre con maggior frequenza le scene sgradevoli.
Si alza il sipario e la scena torna all’antico. Mathilde è seduta in salotto e lavora ad un ricamo. Entra Charles.
CHARLES: Buongiorno Mathilde. Avete un eccellente aspetto. Decisamente la gravidanza vi dona. Vi regala però un velo di malinconia sul volto, indegno del vostro abituale umore. Suvvia sorridetemi dunque. (e le sfiora il volto con la mano. Ma Mathilde si scosta bruscamente verso sinistra e offre a Charles sempre il suo profilo destro). Cosa avete? Un dispiacere? Confidatevi, lo sapete, in me avete sempre trovato un vostro alleato. Vi prego. (così facendo con garbo e tenerezza le sfiora nuovamente il volto e piano piano lo fa ruotare affinché lo possa guardare dritto negli occhi. Scopre quindi la parte sinistra del volto che fino a quel momento era stata nascosta). Ma cosa avete fatto? Cosa sono questi segni? Che vi è successo?
MATHILDE: (si copre bruscamente e minimizza) Sono caduta. Questa notte sono inciampata come una sciocca.
CHARLES: Ma come, avete lividi sotto il collo e …guardate qui, anche dei graffi. Non è possibile che vi siate procurata tutto questo inciampando!
Entra Louise, che evidentemente ha sentito tutto…
LOUISE. M.me Mathilde, vi prego, smettetela di mentire a vostro fratello. Perché non gli dite che cosa è successo veramente?
MATHILDE: Insomma Louise, ti avevo ordinato di tacere…
LOUISE: Basta. Perdonatemi, ma io non ce la faccio più a vedervi in questo stato. Vi ho visto crescere e vi voglio bene. Voi lo sapete. Dovete dirlo a vostro fratello, non si può più continuare così.
CHARLES: Louise, in nome del cielo, cosa è successo?
LOUISE: Ieri sera tardi, saranno state le due di notte, il signor Verlaine è rientrato a casa completamente ubriaco. Ha cominciato ad insultare la signora Mathilde e l’ha picchiata! Io ho sentito tutto perché ho la camera accanto. Mi sono precipitata nella stanza appena in tempo per staccare il signor Verlaine da vostra sorella. La stava strangolando. Straparlava, diceva cose senza senso miste a volgarità che non posso ripetere. È stata una scena tremenda.
CHARLES: E adesso Paul dov’è?
MATHILDE: (esausta e sfinita, come se fosse terminato un incubo) Sta dormendo. Non svegliarlo. LOUISE: (ricordando) All’improvviso si è calmato; ha farfugliato cose senza senso e s’è addormentato pesantemente. Io e vostra sorella abbiamo tentato invano di svegliarlo. Sembrava come morto. S’è addormentato vestito. È in uno stato terribile: è sporco, puzza di vino ed ha le scarpe infangate. Una cosa incredibile.
CHARLES: Io sono annichilito. Non riesco, non voglio credere che Paul Verlaine si sia ridotto in questo stato. Io che sono stato il più contento in questa famiglia di questo matrimonio, ed in certo qual modo, l’artefice, debbo avere il rimorso d’aver avvicinato a mia sorella, un mostro?
MATHILDE: Voi non c’entrate caro Charles. Avete fatto del vostro meglio ed io stessa ho voluto quel che ho avuto. Non abbiate rimorsi. Piuttosto quel Rimbaud…Da quando è arrivato, Paul non è più lo stesso. Si ubriaca tutte le sere, torna tardi e s’infuria per un nonnulla. È carico di rancore nei miei confronti. Sono esausta.
LOUISE: Sapete quante volte si son ripetute queste scene, signor De Sivry? Vostra sorella, testarda, non ha voluto mai dire nulla!
CHARLES: Mathilde, facemmo un giuramento, quella volta. Mi assicuraste che mi avreste avvertito se si fossero ripetute quelle scene. Non avete avuto fiducia in me?
MATHILDE: Caro fratello, perdonatemi! Non è facile confessare le proprie miserie. E, d’altra parte, ho avuto fiducia nella mia pazienza e nel mio amore. Ma…(ha un accenno di dolore improvviso. Si mette una mano sulla pancia, già incipiente)
LOUISE: Cosa avete?
MATHILDE: Nulla (riferendosi al bambino) Ogni tanto tira calci…
CHARLES: Non dovrà mica partorire?
LOUISE: State tranquillo, c’è ancora tempo.
MATHILDE: Sto bene adesso. È passato. Louise, adesso basta con le chiacchiere, porta un po’ di caffè a Monsieur De Sivry.
LOUISE: Vi chiedo ancora perdono se mi sono permessa. (si inginocchia e le bacia la mano) Voi lo sapete quanto tenga a voi e quanto desideri il vostro bene. Perdonatemi anche voi, Monsieur De Sivry.
CHARLES: Andate Louise, andate pure. (ed esce) È una brava figliola. Poveretta è rimasta sconvolta.
Compare sulla porta Verlaine. È incerto e barcollante. È evidente che non ha smaltito la sbornia. Del focoso e cattivo, come era stato descritto, non ha più nulla. Al suo posto si offre agli occhi di Mathilde e Charles, un uomo stanco e sfinito, come se si fosse svegliato da un terribile incubo. Al suo apparire i due si ammutoliscono creando un imbarazzante silenzio che dura alcuni interminabili istanti.
VERLAINE: Mathilde…
CHARLES: Paul, debbo parlarvi. Mia sorella mi ha detto tutto!
VERLAINE: Charles, vi prego, lasciatemi solo con mia moglie.
CHARLES: (guardando la sorella) Acconsentite a questo colloquio?
Mathilde guarda il marito. Constata la sua sottomissione ed intuisce che non è più pericoloso.
VERLAINE: Ve ne prego…
MATHILDE: Andate, andate pure Charles. Ci vedremo più tardi.
CHARLES: Va bene. Paul, faccio appello al gentiluomo che conosco e che ho sempre apprezzato.
Verlaine abbassa il capo in segno di consenso facendo trasparire abdicazione e vergogna per quel che è accaduto. Charles esce. Dopo un’interminabile pausa…
VERLAINE: Avevo preparato un lungo discorso. Avevo ordinato, nella mia mente confusa, una serie di argomenti efficaci…ma ora mi accorgo che non posso far conto su…
MATHILDE: Cos’è che ti ha spinto qui? Il rimorso per quel che è accaduto questa notte? Ancora un altro rimorso?
VERLAINE: Tu…non credi al mio pentimento?
MATHILDE: E se anche ci credessi? Questo cambia forse le cose? Cancella la paura, lo spavento, lo sgomento di vederti trasformato in un pazzo furioso ogni volta che torni dal giro dei bar, in compagnia di quell’essere che non voglio nemmeno nominare? Paul, tu hai trasformato la nostra vita in un inferno. Eravamo felici, invidiati, non ci mancava nulla. Avevi un brillante avvenire. Mi sono accorta che il lavoro al Municipio ti rendeva infelice ed ostacolava il tuo avvenire di artista, e così ho acconsentito al desiderio di fartelo abbandonare. Ho creduto in te, ho condiviso i tuoi progetti, ma ora mi accorgo di aver riposto male le mie speranze. Hai preso ad odiarmi e a disprezzare questa casa che ti ha accolto con amore e contentezza…
VERLAINE: Tuo padre è stato spesso aspro con me. Certo, non mi hai mai detto nulla, ma sento che mi è stato, e mi è, ostile.
MATHILDE: E ne aveva ben donde, se il risultato è stato questo qui.
VERLAINE: Io…io non volevo. Se tu sapessi quali pensieri offuscano la mia mente! Quante contraddizioni s’agitano e scuotono questa tranquillità che invoco e bramo. È come se dentro di me vivessero due persone in perenne lotta tra loro. Una lotta mortale. Un’anima buona contro una malvagia, pronte l’un l’altra a sbranarsi e ad uccidersi. Aiutami Mathilde! (e si getta in ginocchio sul grembo di lei, maternamente). Dammi quella serenità che voglio… quietami, rassicurami, proteggimi, altrimenti…ne morirò.
MATHILDE: (accarezzandogli dolcemente i capelli, dopo una pausa di riflessione) Paul, tu lo sai bene qual è l’origine dei nostri guai. Abbandona Rimabud e vivrai tranquillo. Rinuncia per sempre a frequentarlo e la nostra vita ritornerà bella e serena. Se non vuoi farlo per me, fallo per tuo figlio che sta per nascere. Staccati da quel demonio che t’ha avvelenato l’anima…
Sipario sulla scena e luce sui pensionati con la vecchia Mathilde.
1° SIGNORE: (rivolto a Mathilde) Lo avete dunque perdonato? Come al solito nulla era cambiato. M.ME DE FLEURVILLE: Cos’altro avrei potuto fare? Stavo per partorire e dovevo privare mio figlio della serenità familiare per la disgraziata condotta di uno sconosciuto?
2° SIGNORE: Parlate di serenità familiare, ma eravate già in una situazione tragica.
M.ME DE FLEURVILLE: E non è giusto per una moglie e una madre, difendere la sua famiglia tentando magari l’impossibile per correggere una situazione che sembra perduta?
3°SIGNORE: Speravate, allora. Nonostante tutto?
M.ME DE FLEURVILLE: quando tutto sembra andare nel verso sbagliato e ci si convince dell’impossibilità di continuare oltre, è solo la speranza a sorreggere la tua sorte. Confidare in un avvenimento, una circostanza, un pensiero, che possa – da solo, imprevisto ed imponderabile – rimediare alla catastrofe, divenire strumento che si sostituisce al tuo operato fallace.
Si spegne la luce sui pensionati. Si apre il sipario su una nuova scena. È sempre il salotto di casa Meautè. È in scena il solo padre che passeggia nervosamente per tutta la stanza. Appare la cameriera.
LOUISE: Avv. Meautè, prendete almeno una tazza di thè caldo. Vi farà bene.
PADRE: Ma no! Accidenti quanto ci mettono?
LOUISE: State calmo. Le doglie sono appena iniziate.
PADRE: Avete avvertito il dottor Cros?
LOUISE: Certo. State tranquillo. Se ne è incaricato vostro figlio in persona. La signora Mathilde è in buone mani. L’ostetrica è brava ed esperta. Ha fatto nascere moltissimi bambini a Montmartre.
PADRE: Ma Mathilde come sta?
LOUISE: Sta benissimo, santo Iddio! L’unico agitato siete voi.
PADRE: Andate di là. Avranno bisogno di voi. (Louise sta per andare, ma il padre la richiama) Louise….fatemi sapere notizie.
LOUISE: State tranquillo
ed esce, mentre il padre ricomincia a passeggiare nervosamente nella stanza. Entra Verlaine tutto trafelato
VERLAINE: Papà…sono venuto di corsa. Il dottor Cros mi ha fatto avvertire del parto iniziato. Arriverà, appena possibile. Ha una visita da una paziente assai grave.
PADRE: Non avreste dovuto allontanarvi da casa! Sapevate che il parto era imminente. Che razza di padre siete? Badate a non far soffrire ancora mia figlia con le vostre ingiustificate assenze e un contegno che è inqualificabile! Mettete la testa a posto, altrimenti dovrete fare i conti con me e sapete di quale pasta sia fatto.
VERLAINE: (sottomesso) Vi prego, non pensiamo a me. Adesso è Mathilde ad aver bisogno della nostra comprensione. Lei solo conta.
( …continua )