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A 100 anni, la marcia su Roma sa di antico o di contemporaneo? Marcello Veneziani pubblica oggi sul suo profilo Fb una anticipazione del suo approfondimento sul quotidiano La Verità e confesso che stamane leggendone il titolo (La rivoluzione con il permesso dei genitori) ho creduto che il pezzo si riferisse al recente alzamiento degli studentelli della Sapienza che frignando al regime impediscono a Daniele Capezzone di parlare a un convegno ospitato nell’ateneo. E invece no. E’ proprio della marcia su Roma, che parla il filosofo: una rivoluzione con il consenso dei genitori, altro che i barbari alle porte. La marcia su Roma avvenne con il consenso dei poteri (forse oggi diremmo i poteri forti?) e naturalmente del popolo italiano. Fu una rivoluzione? O una controrivoluzione, come volevano gli anarchici? O un colpo di Stato? O piuttosto una crisi parlamentare con soluzione extraparlamentare? Forse una rivolta solo minacciata? La marcia su Roma fu tutto questo, dice Veneziani; anzi, con un nuovo ossimoro la definisce una “rivoluzione rassicurante”. Per il Paese, l’establishment, il popolo e anche per il famigerato “Palazzo”. Nata nel grembo della cultura italiana, sostenuta dagli allora agit prop dell’arte, della letteratura, del giornalismo, scrittori, poeti, musicisti, praticamente nessuno gli negò la collaborazione (e lo disse Togliatti!). E stiamo ancora a parlare dei delinquenti alle porte? Ma va là (Emanuele Beluffi)
Come sa d’antico oggi la Marcia su Roma del 28 ottobre del 1922. Eppure ne parlano come se fosse il fatto del giorno, si confondono Meloni e Mussolini. Dedicheremo una riflessione su La Verità il giorno della Marcia. Per ora vorrei sottolineare il paragone improponibile con quell’evento irripetibile. In quel tempo c’era lo slancio vitale di una società giovane e audace, c’era una generazione temprata dal fronte e affamata di futuro e c’era l’orrore di una guerra che aveva “rottamato” milioni di ragazzi, tra vittime, feriti e sbandati. E c’era l’ombra infausta del biennio rosso, la rivoluzione russa, la minaccia del comunismo. Oggi c’è una società vecchia e sfiduciata, una democrazia di massa avvizzita nel benessere, nel malessere e nel malaffare, e poi c’è la lezione tragica del ‘900 che ci ricorda come sono andate a finire le rivoluzioni rosse e nere. Oggi non ci sono condottieri ma conducenti, non ci sono capi ma code, con infiniti colpi di coda. Non si marcia più su Roma ma si marcia da Roma verso altrove, dove risiede il vero potere. La sovranità è tecno-finanziaria, il potere militare quando non è in guerra si è trasferito alla magistratura, l’ideologia cede alla tecnologia, la devozione è passata dalla religione al reality, la storia si ferma al presente. Non si va in trincea ma on line. Marcia non evoca oggi l’incedere spavaldo della storia ma il marciume, il traffico e la monnezza.
Il paese si divide in putrefatti e putrefaziosi. Chi grida oggi “viva il duce” fa dello spirito o dello spiritismo, chi grida “a morte il fascismo” stupra un cadavere e oltraggia la storia. Ambedue non fanno storia ma fiction e carnevale. L’unica cosa che torna del passato è l’ora solare, da domenica prossima. Le lancette vanno rimesse indietro di un’ora, non di un secolo. L’autunno avanza e si porta via con l’ora legale tutti i fumi e le sceneggiate sul fascismo. Eja eja trallalà.
A contarli bene, la somma che ne viene fuori è molto, molto più alta. Anzi, consistentissima. Alla 7, siparietto Otto e mezzo, non per niente ieri sera l’immunologa dottoressa Antonella Viola e Lilli Gruber hanno dato il peggio di loro nel tagliare i panni addosso alla premier Meloni. Con la dottoressa Viola che, poi, si è davvero rivelata una clown nata. Così la coppia, alla fine, rimbalzandosi l’una l’altra la palla dello sberleffo, trasuda narcisismo da tutti i pori. Tanto che non pare difficile che a qualcuno del pubblico non di parte, che quel programma stava seguendo per chissà quale suo fraintendimento, siano potute arrivare tra i denti le domande che seguono. “Ma una volta spenti i riflettori e calato il sipario, come fanno a non vergognarsi di questo loro rotolarsi nel fango ideologico di cui, peraltro, sembrano anche cibarsi? Dov’è sta, insomma, la loro professionalità?” E ancora. “Poiché non sembra proprio importare a nessuna delle due niente delle competenze proprie, visto lo spogliarello di dignità di cui hanno fatto sfoggio, il satrapo per conto del quale si esibiscono, che cosa mai avrà loro promesso?”. Già! Chissà?