Sarno: il fragore, il fango, il silenzio della devastazione

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“…Ogni giorno faceva una sorta di esercizio spirituale con quella foto: si sforzava di immaginare il marito di profilo, poi di semiprofilo, poi di tre quarti. Ripeteva dentro di sé la linea del suo naso, del mento, e ogni giorno constatava con terrore che quel ritratto immaginario aveva nuovi punti discutibili in cui il pennello della memoria vacillava…” (Milan Kundera, autore infinito, in un famoso romanzo).

Un vuoto enorme occupa gli spazi in ogni dove! Al centro il Ricordo! L’esercizio terapeutico dello stesso adoperato, a volte con chiropratica precisione, soltanto per non morire! L’uomo da sempre è alla ricerca dell’Immortalità! L’immortalità parte dalla trasmissione di un sapere Antico al futuro Prossimo, per il mezzo del transito Presente. La Civiltà attuale, vede l’Immortalità come un concetto tangibile! Il non morire come un risultato del Corpo e non della Mente! Le antiche civiltà basavano, invece, la ricerca dell’Immortalità nell’esercizio del Ricordo. Il Ricordo, strumento necessario per non morire. La trasmissione dello stesso per divenire immortali: strumento per l’immortalità, lo sfregamento delle anime dei vivi! Il Ricordo è la trasmissione di un emozione ed è proprio in quella reazione chimica, aminoacido primitivo, che prende corpo l’immortalità e sopravvive.

L’esercizio del Ricordo, avvalorato dal rispetto e dall’onore, non può richiamare al presente gli eventi della notte del 05 maggio del 1998 che videro il consumarsi di una tragedia profonda. Un frana di vaste dimensioni, chiamata tecnicamente lahar,  provocò morte e distruzione! In pochi attimi Sarno, in località Episcopio, vide morire i suoi figli. Come fiori recisi, 137 anime interruppero il loro transito terreno. Uomini, donne, bambini, intere famiglie spazzate via dalla furia della Natura. Dopo un ventennio da questa tragedia, oggi, con riservato dolore ricordiamo i tanti volti, le voci, gli amici.

Consapevole è la perdita, per ognuno, di persone care, amici, compagni di scuola! Consapevole è la perdita per l’intera comunità di grandi opportunità: quella di vite che non potranno più lasciare un segno felice su questa terra. Rimane soltanto il vuoto, un solco profondo sulla linea già incerta del Presente. Non è tempo per fare buonismo di circostanza né per favorire le parole giuste ad un momento di commozione estetica. E’ il momento di coltivare, in religioso ed intimo Silenzio, il Ricordo! Esso vive, dato da mangiare dall’energia del corpo che lo ospita, occupando le sale della mente nell’attesa che arrivi il tempo di passare il testimone ad un’anima sensibile che viva un presente successivo a quello odierno.

Ogni anno ci si interroga sul “perchè” di quell’evento disastroso: tragedia annunciata o fatale ironia della sorte? L’intera valle, da secoli di memoria storica, ricorda eventi franosi di vaste dimensioni. Nel 1833 Ferdinando II di Borbone, con la sapienza di chi conosce i territori, diede il via ad una grande campagna di opere idrauliche per la mitigazione di tali eventi: furono realizzate opere di ingegneria di altissimo profilo. Tale ingegno fu, poi, seguito da un altro intervento importante: il RDLgs del 30 dicembre 1923, n 3267. Il regio decreto aveva l’intenzione massima di porre le basi alla tutela del territorio nazionale, la valle del Sarno in particolare, a fortissimo disagio idrogeologico. Furono istituiti: i consorzi di bonifica, il demanio forestale dello stato, la polizia forestale,  i bacini montani. Prese corpo il “vincolo di natura idrogeologico” che vide, a Sarno, la sua applicazione ufficiale nell’estate del 1940 a salvaguardia di tutto il demanio boschivo. La Storia riservò poi l’avvento di una Seconda Guerra Mondiale e una successiva ricostruzione selvaggia che ha caratterizzato le antologie di mezzo secolo.

Ripenso nuovamente a Milan Kundera quando afferma che per liquidare i popoli si comincia con il privarli della memoria! Un errore capitale sarebbe dimenticare! Siamo, forse, destinati a scomparire? Perdere Identità e Memoria significa votare se stessi, e chi verrà dopo, all’estinzione. Manlio Sgalambro ci insegna la teoria dell’isola su cui grava la metafora della nave.

Su ogni isola incombe un oscuro istinto al naufragio! Dimenticare una sola delle vite sacrificate dalla furia cieca della natura butterebbe al vento il sacrificio di una intera comunità ed esporrebbe nuovamente il territorio a tragedie simili! L’esercizio del “avremmo potuto”  o del “sarebbe stato opportuno” non deve appartenerci in nessuna delle declinazioni possibili. Il desiderio, condiviso sottovoce, di porre a imperitura memoria una traccia di questo funesto ricordo a monito per le generazioni future è, ora, un atto dovuto. Le tragedie sono frutto di un ironico imprevisto o della fallibilità umana? In entrambi i casi, nel giro di pochi istanti, dopo un esplosione di fragore e disastro soltanto il silenzio. Un silenzio di dolore e fiori recisi. Ad eterna memoria, infinito l’onore.

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Paolo Guidone
È uno studioso di lingue semitiche e dei fenomeni sociali nell'evoluzione nei Rapporti Internazionali. Laureato in Giurisprudenza e innamorato di Geopolitica è specializzato in diplomazia culturale, sistemi finanziari e sicurezza. E’ docente a contratto in C.I. di Relazioni Internazionali, Teoria dei Trattati, Storia dei Mercati Valutari. Ama la Vita, lo Sport e la Ricerca. Ha scritto: "Alla Ricerca dell'Immortalità: Racconti e Tradizioni della mia Terra, la Valle del Sarno" testo mai pubblicato ma donato agli amici di sensibilità comune. come lui stesso afferma: "Fu il risultato di una profonda Ricerca Identitaria, appassionata, Filosofica, personale. L'intenzione Era ed È, tutt'ora, di comprendere quale percorso seguire per non Morire."