Visto che siamo in clima festivaliero, ricordate la canzone “Pietre” di Antoine del 1967? Ecco … questa volta a essere stata lapidata è Beatrice Venezi, una donna coraggiosa, che sa il fatto suo. Basta guardarla negli occhi per capire di che pasta è fatta. Senza voler necessariamente ergerla a eroina, la giovane musicista ha creato malumori nel mondo femminista per aver giustamente e con semplice spontaneità sottolineato che preferisce essere chiamata “direttore” d’orchestra e non “direttrice” dando così un sonoro calcio nel deretano al politicamente corretto della solita noiosa sinistra. E quindi … Apriti cielo! Dalla Boldrini alla Lucarelli sono partiti cori di indignazione al limite dell’offesa. Aldilà della scelta grammaticale che deve essere libera e non imposta come vorrebbe il diktat boldriniano (è terribilmente cacofonico sentire ‘la ministra” o “la sindaca”!), quello che conta è il talento e la preparazione e soprattutto il ruolo, in un ambito molto conservatore e tradizionalista come quello della direzione d’orchestra e della musica classica. È fondamentale per una donna che non venga discriminata e chiamarla direttrice, per la nostra Beatrice, è quasi una discriminazione perché vuol dire che non la mettono nello stesso piano di tutti i direttori d’orchestra.
Laura Boldrini, Selvaggia Lucarelli e tutte coloro che sono in linea con lo stesso pensiero dovrebbero invece esaltare e applaudire il talento di una donna vera, forte e professionale preparata come Beatrice Venezi, orgoglio italiano nel mondo. Sono convinto che la stragrande maggioranza del gentil sesso queste qualità sa più che apprezzarle.
Intanto il professor Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca ha chiarito: “Ognuno ha il diritto di essere chiamato come vuole nell’ambito della pluralità degli usi esistenti nella lingua italiana: scegliendo la definizione “direttore” Beatrice Venezi ha adoperato un maschile cosiddetto inclusivo o non marcato. Una soluzione tradizionale, ben nota alla lingua italiana e che viene considerata tuttavia come una bestia nera da taluni, perché a loro giudizio non riconosce o occulta gli avanzamenti del dibattito di genere”.















