Ventimiglia romana, le meraviglie archeologiche di una città di confine

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I resti dell’antica città romana di Albintimilium, tuttora visibili nella zona orientale della moderna Ventimiglia sulla destra del torrente Nervia, costituiscono l’area archeologica più estesa e conservata dei territori occidentali della IX Regio Liguria.

L’insediamento romano, agli inizi del II secolo a.C., si addossò e in parte si sovrappose sulle propaggini meridionali dell’oppidum dei Liguri Intemeli, da cui la città deriva il nome, tradizionalmente collocato ai piedi della collina di “Collasgarba”, dove agli inizi del secolo scorso vennero rinvenuti alcuni “recinti” in pietra locale interpretati come basi di capanne, associati a materiali e monete greche databili nell’ambito del IV-III secolo a.C.

Gli scavi, che dalla seconda metà dell’Ottocento, sono proseguiti sino ad oggi hanno permesso di conoscere l’impianto della città romana, il reticolo delle strade che la percorrevano, i principali monumenti, le domus private e i condomini di abitazioni, nonché le estese necropoli organizzate all’esterno delle mura, lungo le principali strade, da cui provengono i ricchi corredi funerari e le lapidi oggi esposti nel Museo Civico “Girolamo Rossi” nel Forte dell’Annunziata.

Le mura (larghe circa m 2,30), visibili ancora su tre lati, furono realizzate tra l’80/60 a.C. e delimitavano un impianto urbano a pianta leggermente trapezoidale di circa. m 400×600. In esse si aprivano le porte d’accesso alla città, conservate oggi sul lato settentrionale, poco lontana dal castellum aquae, l’impianto di raccolta dell’acqua captata dal rio Seborrino e poi distribuita in città; in quello occidentale, dove, oltre alla porta scoperta in corrispondenza del decumano B (sotto l’attuale Corso Genova), nell’angolo nord-ovest sono conservati i resti della cd. “Porta di Provenza” con torri circolari esterne sfalsate con chiara funzione strategico-difensiva, essendo Albintimilium l’ultima città dell’Italia romana prima delle province occidentali.

La cinta muraria delimitava una piccola città, a dispetto della descrizione di Strabone (Geogr. IV,6,1) che la definisce assai grande (il numero dei suoi abitanti è stato stimato in circa 9.000 unità), il cui impianto era determinato dall’incrocio ortogonale del decumanus (la strada principale est/ovest)e del cardo maximus (il più importante asse viario con andamento nord/sud) e delle vie minori parallele, che delimitavano insulae a pianta allungata di forma rettangolare (m 25,2 x 9,60).   

Tra i monumenti più notevoli di Albintimilium spicca il teatro, ancora oggi sede di spettacoli e manifestazioni, costruito tra la fine del II e gli inizi del III d.C.,nell’angolo nord occidentale della città, conservato solo nella cavea inferiore, rivestita in calcare bianco proveniente dalle vicine cave de La Turbie, sede del Trofeo fatto erigere in onore di Augusto tra il 7 e il 6 a.C. Il teatro, di piccole dimensioni, solo 21 m di diametro, poteva ospitare circa 2000 spettatori, che accedevano direttamente al recinto del teatro dal decumanus maximus, attraverso una porta ad arco tondo, fiancheggiata lateralmente da due statue di cui rimangono solo i basamenti.

Il teatro romano

Di fronte al teatro sono oggi visitabili le terme pubbliche, sorte verso la fine del I secolo d.C. sui resti di una precedente domus di età augustea, oggi conservate nel grandioso rifacimento da cui vennero interessate nel corso del III d.C. Di notevole estensione, comprendevano, oltre ad alcuni vani probabilmente destinati a spogliatoi o palestra, due praefurnia, collegati con altrettanti calidaria, sostenuti da suspensurae, e alcuni vani a piscina (frigidaria), due dei quali con pavimenti a mosaico: il primo dominato da una Nereide, una delle divinità minori protettrice dei naviganti, circondata da pesci guizzanti tra le onde marine, il secondo con motivi vegetali diversamente combinati e allineati in diagonale secondo uno schema ricorrente.

Il pavimento del calidarium delle terme, con le sue suspensurae all’interno delle quali circolava l’aria calda (foto Saverio Chiappalone)

Altri ricchi pavimenti a mosaico decoravano i vani di una domus signorile sorta in età augustea poco distante dall’impianto termale, che subì un notevole rifacimento alla fine del I secolo e successivamente, nella prima parte del II scolo d.C., quando vennero messi in opera ricchi pavimenti in mosaico, di cui oggi solo uno conservato decorato con motivi geometrici, corone vegetali, motivi mitologici, uccelli, maschere e una serie di tritoni con strumenti musicali, uno dei quali recante sulle spalle un’anfora vinaria, tutti elementi legati al culto dionisiaco. Un altro mosaico decorato con i busti delle Stagioni entro motivi geometrici, oggi non più conservato e noto attraverso un disegno d’epoca, venne scoperto da Girolamo Rossi nel 1852 in prossimità dell’angolo sud-orientale delle mura,

In età bizantina, divenuta un importante avamposto militare contro l’invasione longobarda, abbandonati i suoi principali monumenti, la città si raccolse nei suoi quartieri centro meridionali, dove sono noti importanti sistemi di fortificazione e controllo, mentre un grande sepolcreto caratterizzato dalla presenza di dieci sarcofagi litici e da molteplici sepolture si sviluppava a nord delle mura e della porta settentrionale, in prossimità probabilmente di un primitivo luogo di culto cristiano.

Nereide circondata da creature marine, mosaico nel frigidarium delle terme di Ventimiglia

La conquista longobarda nel 643 d.C. determinò il definitivo tracollo della città in piano e il suo progressivo trasferimento sulla collina più elevata e naturalmente protetta al di là del fiume Roia, dove già a partire dall’VIII-IX secolo si svilupperà il complesso vescovile e poi il Castello dei Conti di Ventimiglia.

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