«E’ stato un uomo. E’ stato desiderio di vita. E’ stato desiderio di amore. E’ stato desiderio di gioia. Che cosa si può dire di Silvio Berlusconi? E’ un uomo. E ora incontra Dio».
Così l’arcivescovo di Milano Monsignor Delpini nell’omelia pronunciata al funerale del Cav, un’omelia semplice, con quelle tre parole che reggono tutto, vita, amore, gioia.
Ha vinto lui, il Cav, anche questa volta: le sue esequie sono state un evento a metà strada tra il funerale di un grande statista e quello di una grande star. Funerali di Stato, con gli onori militari in ingresso e uscita. Il feretro del Cavaliere, scortato per 33 km per permettere anche alla gente lungo la strada di porgergli l’ultimo saluto, partito da Villa San Martino è arrivato in piazza Duomo alle 15 accolto dall’arciprete Monsignor Gianantonio Borgonovo: dal sagrato davanti a migliaia di persone è stato poi portato fino all’altare maggiore, con i volti di chi a stento trattiene le lacrime e il volto di Marta Fascina, una scultura, un dipinto, un volto tragico e bellissimo. Alla faccia dei Tomaso Montanari e degli antipatizzanti in servizio permanente effettivo quello di oggi è stato un funerale da grande statista, con misure di sicurezza come quelle messe in atto per i grandi vertici internazionali, metro chiusa, contingentamento degli accessi, maxi schermi ai lati del Duomo come per i grandi concerti e corridoi di sicurezza per le autorità, metal detector ai varchi, bonifiche dei cani antiterrorismo, rimozione dei cestini Amsa, tiratori scelti sui tetti dei palazzi, le cariche istituzionali dal Presidente della Repubblica al Presidente del Consiglio e quelli di Camera e Senato, il Sindaco, Il Presidente della Regione, leader stranieri e leader italiani di maggioranza e opposizione, anche l’Europa con la Commissione Europea rappresentata dall’ex premier Gentiloni. Lutto di Stato e un evento tra i più importanti, se non il più importante, nella storia della Repubblica, con un cerimoniale organizzato da 5 istituzioni fra Quirinale, Palazzo Chigi, Presidenze di Camera e Senato e Arcidiocesi di Milano. 15mila persone in piazza Duomo e chissà quante dagli uffici, dai bar e da casa, da vicino e da lontano come Giuseppe Conte, che ha deciso di seguire il consiglio di Nanni Moretti (“Che dici vengo? Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”) e quindi di farsi notare stando a casa. Ma c’erano tutti, in Duomo e da casa appunto, con il popolo di Silvio. Ha vinto anche stavolta.