Fernando Botero, o l’arte che nasce dall’unione tra antichità italiana e autenticità colombiana. Dalla solida tradizione della pittura italiana alla forma perfetta. Che per il grande artista era la caratteristica rotondità della figura, o meglio la sfericità: perfetta come Giotto, perfetta come l’ovale di Piero della Francesca che scende a piombo sul volto della Vergine. Non a caso Botero, da sempre innamorato dell’Italia, dove aveva preso casa negli anni Ottanta, era un grande amante dell’arte rinascimentale e di Piero della Francesca in particolare. Nelle sue opere risuonavano insieme il grottesco, l’ironia, l’impeto popolare e le deformazioni, quelle deformazioni che davano l’impronta di sè a quella che per lui doveva essere l’arte, cioè “revolución permanente”. Anche lui era un artista in rivoluzione permanente, contromano e anticonformista, ma aderente all’uomo: perché la sua arte era (è) voluttuaria, essenza carnale di un’idea, idea sensibile di un inesprimibile che non si può esprimere che con l’arte. Le sue corpulente creazioni avevano (hanno. E continueranno farlo, ora più di prima) conquistato collezionisti, istituzioni e spazi pubblici in tutto il mondo. Un po’ meno la critica con la puzza sotto il naso, estranea all’ironia e a quella carne sinuosa che stava alla base del “Boterismo”.

Botero aveva davvero attuato una rivoluzione ricca e amata, odiata e disprezzata principalmente dai critici snob perché, come scrisse Vittorio Sgarbi, “non c’è alcuna tensione drammatica nella sua pittura, c’è invece una decorazione che può determinare qualche disappunto, e la critica gli rimprovera, evidentemente, di essere un illustratore, di essere un pittore fumettista anziché drammatico“. Botero era stato semplice e chiaro, in una intervista al quotidiano EL Mundo aveva infatti detto: “Non dipingo donne grasse. Nessuno mi crede ma è vero, quello che dipingo sono i volumi. Quando dipingo una natura morta dipingo anche con il volume, mi interessa il volume, la sensualità della forma“. L’idea carnale dell’arte, appunto. Quella di Botero era la gioia di vivere espressa in pittura ma ai sapientoni questo non andava bene, era troppo popolare e troppo poco chic. Eppure le sue figure rotonde e il suo stile inconfondibili avevano (hanno) conquistato, al punto da finire in un documentario (Botero. Una ricerca senza fine) di grande successo: perché, come spesso accade anche nel cinema, fu un artista poco amato dalla critica e molto apprezzato dal pubblico, cioè il resto del mondo. Fernando Botero è morto ieri all’età di 91 anni, ma resterà presente nell’immaginario di tutti noi per sempre.