Frosinone

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Frosinone: alla scoperta di radici e radeche

Nella capitale della Ciociaria resistono le antiche tradizioni pagane e goliardiche

Fu il futurista Anton Giulio Bragaglia a dire che “il Regno Ciociaro raccoglie l’eredità dei Volsci, degli Ernici e degli Equi”. Capitale ed erede di tale lascito è certamente Frosinone. Città antichissima capace di coniugare l’antico e il moderno, i volsci e i grattacieli. Sorta sopra la valle del Sacco, circondata dagli Ausoni e dai Lepini, il capoluogo della Ciociaria ha origini che risalgono al paleolitico e l’età del bronzo. Ma Frosinone inizia affermarsi soprattutto nel contesto dell’espansionismo romano, come insediamento volsco nel territorio degli Ernici. A Roma infatti si ribellerà nel 306 a.C., come parte della Lega Ernica, e da essa verrà sconfitta e saccheggiata. Saccheggio e devastazione che subirà ad opera dei cartaginesi durante le guerre puniche e che gli varrà l’appellativo, dopo una strenua resistenza come città romana, di bellator frusino. Numerose testimonianze provengono dal mondo antico su Frosinone. Da Cicerone a Plauto, il ritratto che emerge è di una città di agricoltori e artigiani, virtuosi ed austeri. Essa manterrà tale forma e fama dalla cristianità fino all‘800, sotto la protezione pontificia, tranne nell’esperienza della repubblica romana (1798-99). Esperienza segnata dalle violente repressioni delle ribellioni del 1798. A tali repressioni gli abitanti risposero in modo canzonatorio e catartico festeggiando il carnevale, raccogliendo le foglie d’agave (o radeche), simbolo di fertilità, che impugnate come fruste d’alga venivano utilizzate per “battezzare” chiunque si unisse al corteo dei festeggianti. Tra le maschere e le radecate, la festa attirò l’attenzione dei francesi che inviarono un contingente guidato dal generale Championnet, il quale resosi conto del clima scherzoso si unì ai festeggiamenti insieme ai suoi soldati. Da quel momento il carnevale storico ebbe l’aggiunta di una figura insostituibile insieme alla radeca, ai carri, ovvero il fantoccio del generale, bruciato il martedì grasso, come nella tradizione del re carnevale. Tale festa suscitò la curiosità dell’antropologo J. Frazer, per il suo legame ancestrale e buffonesco, pagano e goliardico. La città ebbe anche testimonianze di intellettuali illustri del Novecento, come Landolfi e Bragaglia. La prima critica e tagliente di una città tutta “contrafforti e muraglioni”, la seconda più futurista, ma capace di mostrarne il lato originario e sobrio. Frosinone è anche una città dall’intenso patrimonio architettonico, ricostruito buona parte dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale, che colpirono il centro storico, come in altre città ciociare (ad esempio Vallecorsa). Centro storico che finalmente ha riacquistato la propria casa comunale, la prima dopo la seconda guerra mondiale, grazie all’attuale amministrazione, che, come ha sottolineato l’assessore Pasquale Cirillo, vuole “ricollegare la tradizione all’innovazione”.