Grande successo a Chioggia per l’XI Festival delle Città Identitarie

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Si è concluso domenica con l’omaggio al grande Carlo Goldoni l’undicesima edizione del Festival delle Città Identitarie, tenuto nelle splendide cornici messe a disposizione dal comune di Chioggia, il Chiostro del Museo Diocesano e Fondamenta del Canal Vena. Tanti gli ospiti d’eccezione che hanno raccontato la Città Identitaria, i suoi personaggi, i suoi miti, le sue tradizioni, con la conduzione di Edoardo Sylos Labini.

Prima serata, venerdì 4 luglio

All’apertura del Festival, nel Chiostro del Museo Diocesano, ha dato il benvenuto al pubblico e ai tantissimi ospiti il sindaco Mauro Armelao, padrone di casa della Città Identitaria.

Quindi, il direttore Edoardo Sylos Labini, come ogni edizione, ha preso le redini, guidando il pubblico alla scoperta della storia e dell’identità cittadina coi suoi simboli. Insieme alla musica dal vivo del maestro Sergio Colicchio e la chitarra di Daniele Stefani, con la sua “Italiani”, inno del festival delle Città Identitarie, Sylos Labini ha raccontato i geni della meccanica medievale, Jacopo e Giovanni Dondi dell’Orologio, creatori dell’Orologio della Torre di Sant’Andrea, il più antico del mondo ancora funzionante. Un viaggio nel genio italiano assieme allo storico Angelo Frascati.

E’ quindi arrivato il turno di Debora Caprioglio. L’attrice, nata a Mestre ma profondamente legata a Chioggia, ha raggiunto la notorietà cinematografica con Tinto Brass prima di dedicarsi al teatro, in particolare a quello di Carlo Goldoni. Il rapporto di Chioggia con il teatro è strettissimo: Chioggia è la città del teatro, con l’impronta goldoniana e i natali della Divina, Eleonora Duse. Con la Caprioglio, la cui carriera è iniziata con l’erotismo di Tinto Brass, si è parlato anche della Legge Merlin (del resto, la senatrice Lina Merlin era nata poco distante da Chioggia, a Pozzonovo) e delle figure femminili goldoniane, che mantengono vivo il legame tra tradizione e innovazione artistica. La Caprioglio ha raccontato i suoi inizi proprio con le Baruffe chiozzotte nella cittadina lagunare.

Un momento particolare della serata è stato quindi dedicato ai fratelli Aldo e Dino Ballarin, calciatori chioggiotti del Grande Torino, vittime della tragedia di Superga nel 1949. Nicoletta Perini, nipote di Dino, che insieme alla sua famiglia ha allestito una sala del Museo Civico in ricordo dei due grandi atleti, ha raccontato come questi “due figli di questa terra di mare e di fede” portarono il nome di Chioggia “fino alle vette del calcio italiano”, trasformandosi da simboli di gloria in simboli di tragedia.

Grande finale della prima serata della kermesse, il conferimento del Premio Artisti 2025 a cura della Fondazione Effetto Arte di Sandro Serradifalco alla pittrice di Mestre Sara Medea. Anche quest’anno è stato così rilanciato il profondo legame fra arte e identità che le Città Identitarie vogliono rappresentare, non solo conservando e valorizzando il passato, ma anche promuovendo gli artisti contemporanei, che un giorno diventeranno patrimonio delle generazioni future.

Seconda serata, sabato 5 luglio

Si è svolta all’insegna del teatro la seconda serata dell’XI Festival delle Città Identitarie con Io Duse, Tu D’Annunzio, spettacolo ispirato ai carteggi tra il Vate e Eleonora Duse che ha emozionato ed entusiasmato il pubblico. Sul palco, insieme a Edoardo Sylos Labini e Vanessa Gravina, le musiche dal vivo del maestro Sergio Colicchio, con la voce narrante del regista Alvaro Gradella. A fine serata anche a sorpresa l’irruzione sul palco di un grade artista napoletano, Leandro Amato che si esibito nella canzone A’vucchella scritta da d’Annunzio.

Chioggia, città del Teatro, ha visto fra i suoi luoghi storici la messa in scena di un recital che racconta il suo tormentato rapporto col Vate, attraverso l’appassionato epistolario che unì i due giganti della Belle Epoque, fra slanci di passione, sdegno per i tradimenti, adorazione reciproca e tensione. Un epistolario che riflette il rapporto tormentato fra la più grande attrice del suo tempo (e forse di tutti i tempi) e l’audace e sfrontato poeta, di cinque anni più giovane di lei, che ne farà la sua musa, l’amerà, la tradirà. Un connubio nato anche per interesse (artistico quanto economico, soprattutto per il Vate sempre alla ricerca di finanziamenti) che però gronderà di poesia e di sensualità.

La Divina Duse era infatti di origine chioggiotta anche se nata in un albergo di Vigevano, in tournée. I genitori erano di Chioggia e l’attrice fece ritorno nella città avita quando aveva cinque mesi. Anche se destinata alla vita nomade degli attori di teatro, per molti anni il ritorno a Chioggia fu un rito frequente, non solo per ritrovare i legami di famiglia, ma anche per esibirsi. Così a soli cinque anni nel dramma “Corleone” e a sette nella parte di Cosetta nei “Miserabili” quindi a 14 anni con la compagnia Straccia nel ruolo della Giulietta shakespeariana. La Divina del resto era nipote e figlia d’arte: suo nonno, il chioggiotto Luigi Duse, fu il creatore di un personaggio comico molto popolare all’epoca, Giacometo Spasemi, nonché il fondatore del teatro “Duse”, poi “Garibaldi”, a Padova. Anche il padre, Alessandro, continuò l’eredità familiare, nella compagnia Duse-Laguna dove mosse i primi passi Eleonora ancora in tenera età.

Terza serata, domenica 6 luglio

Il gran finale dell’XI Festival delle Città Identitarie ha visto cambiare scenario, spostandosi dal Chiostro del Museo Diocesano a Fondamenta del Canal Vena, lato Palazzo Goldoni. Una scelta legata proprio al nome del grande commediografo veneziano. E’ infatti Carlo Goldoni il protagonista dell’ultima soirée, che ha visto la performance della storica compagnia del Piccolo Teatro Città di Chioggia. Un’occasione per omaggiare Goldoni ma anche celebrare gli 80 anni di attività tra i ponti e le calli della cittadina della compagnia intervistata da Sylos Labini.

Carlo Goldoni, che con le sue “Baruffe chiozzotte” ha reso immortale la città facendola conoscere a tutto il mondo. Il grande commediografo veneziano è stato dunque al centro delle “Baruffe in calle” che Luciano Loffreda, attore della Compagnia del Piccolo Teatro Città di Chioggia, ha portato in scena durante la serata conclusiva del festival.

Le “Baruffe Chiozzotte” è la celebre commedia del 1762 che rappresenta la vita quotidiana dei pescatori chioggiotti ed è ambientata da Goldoni proprio nei luoghi dove si svolge l’ultima serata del Festival. Goldoni creò una vera e propria commedia dell’arte in salsa lagunare, ambientando le “Baruffe” fra i pescatori di Chioggia e inframmezzando il veneziano con i termini tipici dell’ostico dialetto locale (talmente ostico che l’intelligence della Serenissima lo usava per i rapporti segreti…). La simpatia mostrata da Goldoni per i popolani di Chioggia fu tale che critici e colleghi del tempo alzarono il sopracciglio, considerandola “troppo cordiale” verso le “bassezze del popolo”. Tuttavia le “Baruffe” riscossero un successo sempre maggiore e non solo – come ovvio – fra i ceti più umili, suoi protagonisti, ma anche fra intellettuali del calibro di Goethe ed è stata tradotta (con tutte le immaginabili difficoltà della resa dialettale) in tedesco e inglese.

“Magari lo podessimo vende tutto a bordo el pesse”, recita in dialetto veneto Paròn Toni, dando voce alle difficoltà economiche di chi “andèmo a rischiare la vita in mare” mentre “sti marcanti col baretton de velûdo i se fa ricchi co le nostre fadighe”, traversie quanto mai attuali e incombenti, come ha fatto notare il sindaco Mauro Armelao in Senato, durante la presentazione del Festival.

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