Le canzoni siamo noi, come le nostre città

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Castel dell'Ovo a Napoli. Foto Luca Aless CC 4.0 sa by

Così i grandi autori italiani hanno cantato il proprio luogo d’origine

Le canzoni, i testi, le melodie raccontano la nostra vita, le nostre storie, le nostre passioni e i nostri dolori. E quando le canzoni rappresentano la nostra terra, le città dove abbiamo vissuto, la vita di tutti i giorni diventano l’anima della nostra comunità, lo spirito che ci fa appartenere al nostro quotidiano. Siamo persone, popolo, case, strade, paesi e città. Le canzoni spesso ce lo ricordano: quelle romane, napoletane, genovesi, fiorentine, bolognesi, milanesi, torinesi e via via percorrendo tutta la penisola da sud a nord, da est a ovest.

Cominciamo da Roma

Sanremo 1970. L’attore Nino Manfredi è ospite del Festival e introduce così la sua performance: «canterò una canzone di uno che le sapeva scrivere, le sapeva cantare e sapeva recitare pure meglio di me. No, non è falsa modestia. È Petrolini». E dopo gli applausi della sala dice: «attacca Maurì che se ne annamo». Ecco lo spirito del romano: scaltro, ironico, strafottente, pronto alla battuta cinica. La canzone l’aveva scritta infatti un romano. E che romano! Il grande cabarettista e drammaturgo Ettore Petrolini nel 1932. A sorpresa Manfredi la ripropone a Sanremo tanti anni dopo e diventa un’enorme successo.

Un aneddoto curioso riguarda la melodia della canzone, che sembra essere ispirata a motivi popolari romani già esistenti. E alcuni studiosi hanno trovato somiglianze con antiche nenie popolari cantate nei vicoli di Roma all’inizio del ‘900. «Tanto pe’ cantà» la cantava Claudio Villa, Gabriella Ferri e anche Gigi Proietti. «Tanto pe’ cantà» è molto più di una semplice canzone: è un pezzo di storia della cultura popolare romana, un inno alla leggerezza e all’allegria con un pizzico di malinconia.

Andiamo a Genova

Una volta il cantautore Bruno Lauzi disse che c’è un tipo di amore che non si perde mai per tutta la vita. Che è quello per la propria terra, per le proprie origini: La canzone «Genova per noi» è dedicata proprio a Genova, alla città di Bruno Lauzi, che lui stesso porterà al successo negli anni Settanta. È una canzone scritta da un piemontese che come tutti i piemontesi ha un enorme amore per il mare che non ha, e di cui invece sente una forte mancanza. Il piemontese in questione è Paolo Conte. Paolo Conte disse che l’ispirazione gli venne proprio dai suoi viaggi giovanili a Genova: lui, astigiano, si trovava spesso nella città ligure e percepiva un senso di estraneità rispetto alla vita frenetica e marinara del porto.

Quando «Genova per noi» uscì nel 1975 nell’album di Bruno Lauzi, il successo fu buono ma non immediato. Con il tempo, però, la canzone è diventata un classico della musica italiana e oggi è considerata una delle più belle composizioni di Paolo Conte. Curiosamente, Conte stesso la incise solo molti anni dopo, nel 1988. Bruno Lauzi, invece, la cantò tutta la vita.

Ecco Modena

Un gesto rivoluzionario  può essere anche una canzone. Soprattutto se la scrivi in risposta ad una stroncatura da parte dei tuoi produttori discografici che ti hanno detto che è arrivato il momento di cambiare il tuo lavoro, di modificare i tuoi testi e il tuo modo di cantare. È così che nasce una delle più belle canzoni di Pierangelo Bertoli e forse anche una delle più belle canzone di protesta, anche se personale, della musica italiana: «A muso duro».

Bertoli voleva continuare a scrivere canzoni secondo il proprio stile con schiettezza e senza nulla concedere alla logica del mercato e dell’immagine. Ma i suoi discografici erano di altro parere. Fortunatamente non tutti.

Ed eccoci a Napoli…

Racconta Pino Daniele che un giorno camminando sul lungomare verso via Partenope a Napoli ad una curva si ferma e vede in lontananza il Castel dell’Ovo. E da lì, dice, che ha cominciato a scrivere «Napule è».

Ha solo diciotto anni Pino Daniele quando scrive la canzone  che diventerà uno dei suoi più grandi successi e soprattutto uno dei più bei racconti musicali della città di Napoli.

È una dichiarazione di amore e di odio per quella che è la sua città, le sue bellezze e le sue contraddizioni, fatta di mille colori, di mille paure, di gente rassegnata e indifferente al degrado che la circonda e intanto continua a sperare nella fortuna per cambiare la propria vita.

Oggi sono in tanti che considerano «Napule è» la canzone che meglio rappresenta Napoli.

Andiamo infine a Bologna

La musica di «Piazza Grande» fu scritta da Lucio Dalla e Ron su un traghetto mentre erano in viaggio da Napoli verso la Sicilia. Ron si mise a strimpellare alla chitarra e così uscì fuori la canzone le cui parole sono anche di Sergio Bardotti e Gianfranco Baldazzi.

La canzone parla di un bohemien e la piazza grande a cui si fa riferimento è quella dove Dalla è nato il 4 marzo del 1943. Si chiama Piazza Cavour anche se in tanti hanno pensato che piazza grande fosse in realtà la famosa Piazza Maggiore. Ma nella piazza celebrata dalla canzone le panchine e l’erba sono ancora lì come anche una statua di Lucio seduto che attraverso i suoi occhialini tondi e dietro al sorriso beffardo, pare assapori ancora l’atmosfera gioiosa della sua Bologna e del mondo davanti a lui.

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