Una piccola tela, trentacinque centimetri per quaranta. Un titolo evocativo, La Venezia. E un nome che basta da solo a evocare un’epoca: Giorgio de Chirico. È questa l’opera che, a distanza di oltre cinquant’anni, è diventata il caso dell’arte del momento, un intrigo che intreccia furti, aste internazionali e il silenzio di troppe istituzioni.
Tutto inizia nell’ottobre del 1968, quando il dottor Aldo Goria, medico condotto di Chiaverano, acquista la “Venezia” del maestro per 8 milioni di lire. Un gesto privato, un regalo per la moglie malata, segno di affetto, speranza e di perdono. Ma la casa dei Goria viene svaligiata. Tra gli oggetti rubati c’è anche il quadro. La denuncia viene presentata, ma le tracce dell’opera si perdono. Per decenni, nessuno saprà più nulla. Fino al 2015. Amedeo Goria, figlio del medico e noto giornalista sportivo Rai, scopre che Christie’s, una delle case d’asta più note al mondo, ha venduto una Venezia di de Chirico per 35 mila sterline.

Il sospetto diventa certezza: è proprio quella di suo padre. Prezzo troppo basso per un de Chirico autentico, valore stimato intorno ai 60 mila euro. Amedeo si affida all’avvocato Paolo Mendolicchio e presenta denuncia ai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale. Le indagini portano a un nome: M.G., professionista di Ivrea, registrato come proprietario dal 2010. Una circostanza che fa pensare a un furto su commissione e, soprattutto, al fatto che il quadro non sia mai uscito realmente dal territorio. Ma il dettaglio più sorprendente riguarda la trafila dell’autentica: Christie’s, prima della vendita, aveva chiesto la certificazione alla Fondazione Giorgio e Isa de Chirico. La richiesta iniziale viene respinta: l’opera, spiegano, “è stata ridipinta”. Probabilmente per alterarne l’aspetto e confondere le origini.
Poi, nel 2013, dopo un restauro indicato come “di fiducia”, arriva l’autenticazione ufficiale. Due anni dopo, la vendita a Londra. A questo punto i carabinieri chiedono alla Procura di Ivrea di acquisire la documentazione completa e di indagare sui passaggi di proprietà. Ma il tempo gioca la sua partita: oggi il fascicolo rischia l’archiviazione per intervenuta prescrizione. Amedeo Goria, però, non intende fermarsi. “Non è solo un quadro” ha dichiarato, “è un furto del cuore”. Mio padre lo comprò per mia madre quando stava male. Vale più dei soldi che rappresenta.”
L’udienza è fissata per aprile 2025. Il caso della “Venezia” di de Chirico è diventato molto più di una vicenda familiare: è un campanello d’allarme su un sistema dove i confini tra legalità, mercato e autenticità appaiono sempre più sfumati. Perché se un quadro rubato può finire in un’asta internazionale, cosa accade alle migliaia di opere scomparse di cui nessuno parla più?

















