Riccardo Polizzy Carbonelli: “I miei sogni da realizzare…”

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In scena fino al 23 novembre con Un letto per due di Tato Russo, accanto a Marina Lorenzi, regia di Livio Galassi

Riccardo Polizzy Carbonelli è tornato in teatro con una nuova commedia, Un letto per due, firmata da Tato Russo. L’attore, amatissimo dal grande pubblico, si muove da anni tra televisione, cinema e palcoscenico, mettendo a frutto una formazione rigorosa e un percorso artistico ricco di incontri importanti.

Riccardo, il pubblico televisivo la conosce soprattutto per il ruolo di Roberto Ferri in Un posto al sole… Secondo lei quanto è cambiato il modo di recitare oggi, tra palcoscenico, piccolo e grande schermo?

«Il cambiamento è enorme. Nei teatri, anche quelli con un’acustica perfetta, si utilizzano sempre più spesso i microfoni, i “collarini”, anche quando non sarebbe necessario. La recitazione teatrale di una volta richiedeva una voce piena, timbrica, un uso corretto del diaframma per raggiungere anche l’ultima fila. Oggi tutto questo rischia di perdersi. La verità è che la naturalezza che va benissimo davanti a una telecamera, a teatro può diventare una trappola: bisogna restituire emozioni senza snaturare il mezzo. I microfoni aiutano, certo, ma non devono sostituire lo studio e l’artigianato dell’attore.»

Nella sua formazione artistica, qual è stato il passaggio più difficile?

«Senza dubbio affrontare la scomparsa improvvisa di Ileana Ghione, che per me è stata un’insegnante, un punto di riferimento e una guida artistica. Con lei ho mosso i primi passi importanti in teatro, cimentandomi in ruoli da protagonista e imparando cosa significa prendersi una vera “responsabilità” sul palco. Dopo la sua morte ho dovuto reinventarmi: continuare a studiare, dirigere, recitare, evitando di risparmiare energie proprio quando serviva il contrario. Quegli anni, insieme a tutte le nuove esperienze, sono stati il mio tesoro più grande.»

Un letto per due

C’è stato un momento in cui ha capito che questo mestiere sarebbe diventato la sua strada?

«Sì, quando frequentavo il primo anno della Scuola di Teatro “La Scaletta”. Ricordo di aver iniziato quasi per curiosità, ma fu immediato: sognavo di fare l’attore. Volevo una formazione classica per poi arrivare al cinema, ma la vita decide sempre per noi. E io ho finito per innamorarmi del teatro in modo definitivo.»

Ha lavorato accanto a grandi registi e attori italiani. Chi l’ha influenzata di più?

«Ileana Ghione, come ho detto, e poi tanti maestri straordinari: Gino Bramieri, Anna Mazzamauro, Salvo Randone, Alberto Lionello come Piera degli Esposti. Solo come registi tra cinema e teatro: Marco Bellocchio, Emanuele Crialese e Giuseppe Tornatore… 



Dalla cultura cinematografica alla cultura italiana… Che ruolo ha secondo lei nel nostro paese?
Con grande amarezza, trovo che la cultura oggi, abbia un “ruolo accessorio” e più ne hai, meno sei ben visto… 

Sempre a proposito di Italia… quale è il suo luogo nel cuore?
Dove c’è il sole, il mare e mia moglie Marina. 

Come immagina il suo futuro artistico? 
Immagino di continuare a potermi emozionare e migliorare sempre, per dare il meglio al pubblico dei grandi autori classici e contemporanei e di farlo per lungo tempo… I sogni son desideri, cantava Cenerentola ed io, di cassetti pieni di sogni ne ho tanti… Mi piacerebbe riunire tutti i miei compagni della scuola di teatro, che per motivi diversi, non hanno continuato la strada attoriale, e fare uno spettacolo tutti insieme.

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