Alvito

Alvito

L’affascinante Alvito domina la Valle di Comino

Al confine tra Lazio, Abruzzo e Molise, la cittadina ha subito nei secoli tante influenze

Alvito, centro della Val di Comino, area della provincia di Frosinone che confina con l’Abruzzo e il Molise, è stata fondata nell’anno 1096. Dal XIII secolo ha fatto parte dei domini dei conti d’Aquino, la famiglia di S. Tommaso, mentre dalla fine di quello successivo è appartenuta a quella dei Cantelmo, con la quale è stata elevata a Contea. A Rostaino Cantelmo si deve, in coincidenza con il secondo Giubileo della storia (1350), la ricostruzione del castello di Alvito, che era stato distrutto da un terremoto nel 1349. Tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo sono nati nel centro cominese l’umanista Mario Equicola (1470-1525), attivo soprattutto a Mantova, presso la corte dei Gonzaga, e il vescovo Berardino Elvino (1504-1548), che è stato tesoriere generale della Camera Apostolica ai tempi di Paolo III Farnese. Nel corso del ‘500, la Contea ha visto il dominio della casata Folch de Cardona, rappresentata da Raimondo, viceré di Napoli dal 1509 al 1522, ed è stata meta di visita di Ignazio di Loyola. Alla fine del XV secolo è stata acquistata dalla famiglia Gallio, originaria di Cernobbio, che ne ha retto le redini fino al volgere del ‘700, facendo di Alvito la capitale dell’omonimo Ducato. Nel corso del Seicento, i Gallio, che hanno avuto come più illustre esponente il cardinale Tolomeo (1527-1607), segretario dello Stato Pontificio, hanno cambiato volto al centro storico, erigendo il palazzo ducale, attuale sede municipale, e aprendo la strada principale, cioè il Corso Gallio. Nel 1739 Alvito ha ricevuto il titolo di città da Carlo VI d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero, titolo che le è stato poi confermato da Carlo III di Spagna (1744). In quel periodo Lorenzo Ganganelli, il futuro pontefice Clemente XIV, è stato maestro dei novizi presso il convento di San Nicola, un monumentale edificio di origini cinquecentesche posto a valle dell’abitato e oggi sede dell’Istituto tecnico agrario. Nel corso del XIX secolo è stata visitata da illustri viaggiatori, tra i quali lo scrittore Edward Lear e il pittore Ernest Hébert, che l’hanno immortalata nelle loro opere. In generale, ha assistito a importanti trasformazioni nel proprio tessuto urbanistico e sociale. È stata interessata, infatti, dalla costruzione nel centro storico di imponenti dimore gentilizie (Graziani, Sipari e parte del complesso di villa Mazzenga), dalla realizzazione di nuove arterie stradali, nonché da un primo sviluppo dell’artigianato, grazie soprattutto all’attività di uno speziale, Pasquale Di Tullio (1804-1868), che ha introdotto la lavorazione e produzione del torrone, inserito tra i prodotti agroalimentari tradizionali del Lazio. Ma è stata interessata anche, in particolare dopo l’Unità, da una importante produzione cerealicola. Nel 1919, per opera di Vincenzo Mazzenga (1865-1942), ha registrato l’istituzione della prima colonia agricola provinciale per gli orfani dei contadini morti nella Prima guerra mondiale, rimasta attiva sino alla metà del secolo scorso. Nel 1922 un altro alvitano, Erminio Sipari (1879-1968), ha fondato la prima area protetta d’Italia, il Parco Nazionale d’Abruzzo, che  interessa anche le regioni Lazio e Molise, e di cui fa parte il territorio di Alvito. Durante la Seconda guerra mondiale, nonostante la vicinanza con il fronte di Cassino, Alvito è stata risparmiata dagli attacchi aerei, cosicché può tuttora mostrare il suo nucleo storico, inscritto tra i resti delle mura medievali, abbarbicato sulla collina, da cui domina la suggestiva Val di Comino. [Lorenzo Arnone Sipari]