Pescara

Pescara

Pescara, quella città identitaria «senza rughe»

Voluta da d’Annunzio, concessa da Mussolini, distrutta dalla guerra, rinata moderna

Pescara è una realtà con una lunga e complicata storia. Il tratto finale porta la firma di Gabriele d’Annunzio che appena il fascismo andò al potere chiese personalmente a Mussolini di fondere le due cittadine del medio Adriatico, e cioè Castellamare al nord del fiume e Pescara a sud del fiume omonimo. Il Vate voleva che le due cittadine tornassero ad essere unite, come era stato fino al 1806, per creare una realtà che rispondesse anche alle aspettative del territorio. E con la nuova città, il Duce regalò a d’Annunzio anche una nuova provincia. «L’Abruzzo ha bisogno di un centro propulsore della propria economia, che ne acceleri lo sviluppo commerciale ed industriale e ne ecciti con l’esempio l’iniziativa e l’intraprendenza: questo centro può essere solo Pescara». Così scriveva Antonio Mancini agli inizi degli anni ’50. E da questa considerazione occorre ripartire per comprendere la dinamica storica della città di Pescara. Una regione aperta agli spifferi della violenta globalizzazione deve necessariamente interrogarsi sulle prospettive di sviluppo e soprattutto tutta la regione deve necessariamente ruotare intorno al luogo deputato alla grande comunicazione. È questa la sfida del futuro. Pescara nel tempo è stata la realtà più importante della costa italiana dell’Adriatico dopo Venezia e quasi al pari di Ancona e Bari: questo ci narra la storia. «Pescara non ha rughe», scriveva Giorgio Manganelli nel 1987 nella «La tavola Pitagorica» (Rizzoli): «Questa è Pescara. Per arrivare a Pescara, bisogna volgere le spalle all’Abruzzo. Non basta: bisogna dimenticare molte immagini (..). Pescara è nuova, Pescara è geometrica. Pescara è rigorosamente estroversa, Pescara è danarosa, Pescara non guarda le montagne, Pescara non ha storia. Sembra aver cancellato i secoli che l’hanno preceduta; (…). Non ha storia? Forse esagero». Certo che Manganelli si è divertito ad esagerare. E in questi anni vi sono stati studi di appassionati e ricercatori, condotti con attenzione e dedizione, per ridare dignità storica alla città, con i parametri della scientificità. Otto luoghi identitari, per una città senza rughe: così ho definito Pescara. In questi ultimi anni un’attenta ricerca ha evidenziato che l’assenza di rughe, cioè dei segni del tempo, non è dovuta alla mancanza di storia e di un passato importante, ma conseguenza delle disattenzioni volontarie e di eventi inevitabili, su tutto la distruzione provocata dai bombardamenti nella Seconda guerra mondiale che hanno determinato l’eliminazione di tutto ciò che apparteneva al passato. Lifting, dunque, involontari. Ma poi c’è stato il lifting volontario con qualche tentativo di recupero e di salvaguardia di qualche «segno», ma con tanta disattenzione e distrazioni. E così si riportano, faticosamente, all’attenzione della pescaresità l’Aurum, il Circolo Aternino, il Teatro Michetti… ma poi si buttano giù la stazione di Porta Nuova (1883) per fare spazio ad un intervento di riqualificazione urbana. Ma potremo annoverare nella categoria del lifting volontario anche la «Piazzaforte della seconda metà del 1500», Villa Sabucchi, Villa de Riseis, il teatro Pomponi, molte ville liberty e la palazzina degli anni ’30, che ospitò la Centrale del latte, e abbattuta una decina di anni fa. Tanto per rimanere nei casi più eclatanti. In questa città le ruspe sono state più violente dei bombardamenti. Ed ecco perché possiamo definire questa città, smemorata. Ho detto: otto luoghi identitari: dalle ricerche riemergono le emozioni sepolte che, anche attraverso le immagini e attraverso i sapori che essi traggono dalle immagini, ci riportano all’attenzione anche la parte di città dimenticata. E così ricordiamo questi otto luoghi: «Castellamare collinare», «Castellamare pianegiante», «Borgo Marino, nord», «Pescara, oggi Porta nuova», «Villa del Fuoco», «Fontanelle», «S. Silvestro» e la «Pineta». ecco, gli otto luoghi da cui la città ha preso origine, luoghi inglobati nel processo dinamico della urbanizzazione a volte selvaggia del dopoguerra e che ha in parte reso di difficilissima individuazione. «Pescara non ha rughe», diceva Manganelli guardando alla città giovane, moderna, ma smemorata, meticcia, contaminata. Pertanto, ci rendiamo conto che negli anni ’70 e ’80 Pescara e il suo vasto hinterland sono stati interessati da un’attenta politica infrastrutturale, grazie ai finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno che hanno permesso la realizzazione di autostrade, asse attrezzato, circonvallazioni, aree industriali, la stazione ferroviaria, l’aeroporto, l’ospedale civile, il porto turistico, le università… tutti interventi che hanno permesso alla realtà costiera uno sviluppo socio-economico di grandi dimensioni, ma che ha «ammantato» la sua storia. [Licio Di Biase]