Gianfranco Jannuzzo: “Noi siciliani abbiamo mantenuto sempre una forte identità”

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Una carriera di tutto rispetto per un galantuomo del palcoscenico. L’esordio di Gianfranco Jannuzzo in teatro avviene nei primi anni ottanta con William Shakespeare e il Laboratorio di esercitazioni sceniche di Gigi Proietti, contemporaneamente ai primi passi nella tivù/varietà di Antonio Falqui con il programma “Come Alice” condotto dalla giovanissima ballerina Claudia Vegliante. Oggi, il commediografo siculo è in teatro con lo spettacolo “Fata Morgana”, un racconto in bilico tra miraggio, illusione, speranza e in scena alterna brani comici a riflessioni profonde, offrendo un’esperienza che va oltre il semplice intrattenimento. Un vero e proprio One Man Show dove si ride e si sorride (amaramente), si riflette e ci si commuove. Le musiche originali dello spettacolo sono a cura di Francesco Buzzurro, suonate magistralmente dai musicisti presenti sul palco Chiara Buzzurro, Alessio La China, Nicola Grizzaffi e Angelo Palmeri. Ho il piacere di incontrarlo al Teatro Manzoni in occasione della presentazione alla stampa della stagione teatrale 2025/26 dello storico teatro milanese.

Da cosa nasce l’idea per questo spettacolo?

Allora, la Fata Morgana intanto è un simbolo, è un fenomeno ottico.
Nel senso che l’idea ci è venuta a me e al mio coautore Angelo Callipo, con il quale avevamo già scritto “Girgenti, amore mio”. Nel periodo del Covid sembrava che questa malattia terribile, questa pandemia, finisse da un momento all’altro ma l’asticella si allontanava sempre di più ed eravamo preoccupati. Questo sogno che si è realizzato, per esempio, dalla nostra Italia preunitaria, di unire tanti staterelli che sembrava che non c’entrassero niente l’uno con l’altro, in un unico Stato che li comprendesse tutti e che rappresentasse tutte le culture così diverse, è un po’ il simbolo di questa Italia meravigliosa che ho da sempre nel cuore. La racconto con la solita metafora che adopero della Sicilia mia.

Quali sono le tue origini esattamente?

Io sono agrigentino, orgogliosamente sicilianissimo, ma ho sempre raccontato la mia Sicilia come un giardino incantato che tutti avrebbero voluto conquistare e nessuno ci è mai riuscito. Noi siciliani abbiamo mantenuto una fortissima identità di popolo, prendendo il meglio da tutti, le dominazioni varie. E così è successo per gli italiani. Siamo gente meravigliosa e complicatissima, meravigliosamente complicata, proprio perché abbiamo preso sempre il meglio da tutti gli altri, senza rinunciare alla nostra identità di popolo, che è meravigliosa anche agli occhi degli altri, proprio perché è così complicata. Perché uno dice “cosa c’entra un siciliano con un altoatesino? O un calabrese con un lombardo, come mia moglie?” E invece il ceppo è unico e questa Italia è così meravigliosa anche agli occhi degli altri, proprio perché siamo diversi nella unicità. E tutto questo lo racconto ridendo e scherzando.

Hai citato questi italiani meravigliosamente complicati e tu, tra i tanti, hai lavorato con un italiano meraviglioso e complicato che è Gino Bramieri. Io ti ho visto a Genova negli anni novanta, al Teatro Margherita con “Foto di gruppo con gatto”. Interpretavi Salvatore. Che ricordi hai di Bramieri?

Guarda, Gino Bramieri è stato per me veramente l’università dello spettacolo, perché io ero un ragazzino che non poteva certo aspirare ad avere quel pubblico meraviglioso che veniva a vedere Bramieri. E’ stata un’idea di Garinei e Giovannini, io con i capelli neri, terrone (ride) e lui polentone, più avanti negli anni. Sembrava si procedesse solo per contrasti. In realtà avevamo, per mia fortuna, lo dico con un pizzico di orgoglio, un amore per il pubblico identico. Quindi Gino era amatissimo, perché non rinunciava mai a una fotografia, a un autografo, ad una carezza a un bambino. Lo adoravano. Si bloccava il traffico quando passava Bramieri e da lui ho imparato tante cose senza rendermi conto che le stavo imparando. Quindi veramente l’università dello spettacolo, anche perché io venivo da un altro grande maestro, il mio maestro vero e proprio, ovvero Gigi Proietti, che è stato l’attore, credo di poterlo dire, più eclettico che abbiamo avuto. Però Bramieri era in grado di farti piangere e ridere dopo un secondo. Era un attore meraviglioso!

Tornando ai sogni, in “Fata Morgana” parli anche di desideri da realizzare. Quant’è importante non smettere mai di sognare?

Tutti noi abbiamo il dovere di sognare. Sempre.

Non c’è dubbio! Questo spettacolo è un vero omaggio alla “sua” Sicilia e tutto viene narrato con ironia e pudore, si passa da tematiche delicate come il femminicidio a siparietti più leggeri con storielle e barzellette. Le scenografie sono di Salvo Manciagli e la regia è dello stesso Gianfranco Jannuzzo.

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