Era il 22 agosto 2005, quando sotto un violento acquazzone, la macchina su cui viaggiava Giusy Versace faceva un testacoda sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria, spezzando le gambe della ragazza. Un lungo e tenace percorso di rinascita, con vittorie nello sport e nella politica, l’ha portata a conoscere una vita che non sapeva potesse esistere. Ora Giusy, Senatrice della Repubblica e campionessa di ben 11 titoli italiani con record europeo sui 100 metri, è pronta a festeggiare i “20 anni di una nuova vita”: si intitola così l’evento previsto domenica 24 agosto alle 21.45 all’Arena Civica di Reggio Calabria (Lungomare Italo Falcomatà). Lì, tra parole, immagini e testimonianze, Giusy abbraccerà il pubblico portando in scena anche un frammento dello spettacolo teatrale ispirato al libro autobiografico “Con la testa e con il cuore si va ovunque”. A condurre, il regista di quello spettacolo che venne lanciato nel 2017, Edoardo Sylos Labini, con la partecipazione del cantautore Daniele Stefani e del coreografo Raimondo Todaro, partner di Giusy in ‘Ballando con le Stelle’ nel 2014. Non è la prima volta che Giusy Versace trasforma quella data in un giorno di festa: “Ogni 22 agosto brindo alla vita: mi tuffo nel mare e poi spengo le candeline come se fosse un compleanno, mandando un messaggio a tutte le persone che mi hanno cambiato l’esistenza e con cui sono rimasta in contatto: poliziotti, medici, soccorritori”.

Il segreto per raccontare con serenità un momento tanto drammatico?
Mi viene spontaneo. Sono viva per miracolo, quindi l’entusiasmo arriva nel voler lanciare un messaggio di speranza per tutti: ci sono tante occasioni da sfruttare! Certamente mi aiuta una grande fede, che rappresenta la mia forza interiore fondamentale per guardare con positività alla vita senza arrabbiarmi per ciò che succede.
Difficilissimo però da mettere in pratica
Altroché. Quando si vivono dolori forti la prima frase che ti viene da dire è “Perché proprio a me? Non ho fatto nulla per meritarmelo”. Una volta svegliata dal coma, però, ho provato immenso senso di gratitudine per il solo fatto di avere aperto gli occhi: superata la fase iniziale, quindi, sono andata oltre il dolore e mi sono ricordata costantemente di quella sensazione al risveglio. Oggi non piango più per ciò che mi manca, sono felice per ciò che ho: queste gambe in carbonio mi permettono di fare tantissime cose che prima non facevo!
Nella quotidianità tanti valori si dimenticano…
Perché siamo sempre di fretta, rincorriamo ciò che non abbiamo senza ringraziare per ciò che già ci appartiene. Io quando mi fermo riesco a godermi ogni cosa: la bellezza di una giornata di sole, il piacere del caffè bevuto con un’amica, le polpette con le melanzane che da buona calabrese fa mia mamma!
La fede ti ha portato anche a Lourdes. Cosa ci puoi raccontare di quell’esperienza?
Lourdes è uno di quei posti che non puoi raccontare: lo puoi solo vivere, raccogliendo ogni volta cose diverse. Ci ero già stata, ma ci tornai per una promessa fatta a mia zia, volontaria di Unitalsi (associazione che accompagna gli ammalati a Lourdes, ndr): se avessi iniziato a camminare mi sarei recata nuovamente lì, per finire l’Ave Maria che stavo cercando di dire quel giorno di vent’anni fa in autostrada. In effetti un anno dopo ci andai e fu proprio davanti alla grotta che il “Perché proprio a me” diventò un “Perché non a me?”. Da quel momento mi bevo la vita come un assetato nel deserto quando beve un bicchiere d’acqua.
Ti sei riscoperta anche scrittrice con due libri.
Più che altro anche da lettrice mi piacciono le biografie, perché dalle storie degli altri c’è sempre da imparare: ho quindi scritto con l’intenzione di fare provare ad altri la stessa energia e voglia di vivere che ho io da quando ho rischiato di perdere la vita.

Nel tuo libro per ragazzi, WonderGiusy, mi incuriosisce l’antagonista, il malvagio Hater che scoraggia ogni coraggio. È anche questa una figura frutto della nostra vita di fretta?
L’odiatore invidioso è sempre esistito, ma un tempo si manifestava in maniere diverse, mentre oggi è più facile trovarlo dietro la tastiera di un pc. È gente frustrata e arrabbiata, che sui social dà il peggio di sé, senza metterci la faccia e rivendicando inopinatamente la propria libertà di dire ciò che pensa, ma con l’intenzione in realtà di creare solo disagio.
Cos’è per te la libertà?
Vivere serenamente senza venire meno al rispetto. Ogni tanto a tutti capita di voler dire qualcosa ma di mordersi la lingua. Ecco, sui social questo genere di libertà spesso manca ed è brutto, perché ci si dimentica che sono un contesto frequentato anche da adolescenti, quindi dovremmo avere responsabilità di calibrare quel che si scrive. Il cyberbullismo purtroppo nasce spesso da questi episodi.
Tu usi i social?
Il minimo indispensabile. Di certo nei giorni storti non faccio il post: preferisco sfogarmi parlando con un’amica o con un familiare. Siamo spugne che assorbiamo tutto ciò che viene trasmesso: io vorrei trasmettere solo coraggio e fiducia nel futuro. Quando i ragazzini mi ringraziano per il messaggio che lancio, sento quella responsabilità anche delle virgole che metto sui social.
Il complimento più bello che ti viene fatto?
Dicono che ho un’energia importante. Preciso, io non mi attribuisco tutta quella forza, ma sono contenta di esprimere qualcosa di positivo in un tempo in cui gli haters sono il male più ambiguo.
Io faccio fatica a trovare qualcosa che possa non piacere di te. Dimmelo tu un tuo difetto.
Sono una perfezionista e pignola al punto da darmi fastidio da sola in questo senso! È più forte di me: amo le sfide, ma poi quando mi ci avventuro voglio cimentarmi per bene. Per tornare a camminare non posso dire di aver fatto una semplice “riabilitazione”: lo chiamerei un vero addestramento militare, perché volevo camminare bene, facendo salite e discese come si deve!
Politica, sport, moda: tre campi diversi e delicati in cui ti esprimi. Che valore dai alla politica?
Sono tre parole chiave che fanno parte della mia vita. Con la politica ho scoperto una volta di più l’importanza di un Parlamento che guardi alla gente.
E allo sport?
Rappresenta la scoperta di una Giusy che non conoscevo. Amavo correre prima dell’incidente, ma all’epoca ero una sportiva, non un’atleta. La differenza sostanziale l’ho scoperta con il mio allenatore, Andrea Giannini. È stato lui ad avermi trasformato in atleta nella pancia, nella testa, nel modo di pensare e di vivere: grazie ad Andrea ho fatto ciò che fino a prima era impensabile per me, quindi andare a correre all’alba col freddo, spalare la neve la mattina presto, correre sotto la pioggia.
E con che risultati!
È così. Siamo andati all’Olimpiade, abbiamo fatto 3 Europei, 2 Mondiali. Abbiamo vinto 2 medaglie internazionali, stabilendo record che hanno ancora il mio nome: emozioni incredibili.
Infine la moda.
Un grande strumento di comunicazione. Oggi ci sono tante giovani amputate che fanno le influencer, ma quindici anni fa non era così. 15 anni fa feci fare delle protesi ricoperte di Swarovski per aiutare una ragazza in una tesi di laurea: indossando un lungo abito di Versace, con quelle protesi, volevo dimostrare che anche una donna con le gambe di carbonio poteva essere fashion e glamour. Qualcuno vide quella foto una campagna comunicativa troppo forte, oggi per fortuna quell’impatto è sdoganato.

Nel 2014 la vittoria a Ballando con le stelle. Cosa rimane dopo 11 anni?
Tantissimo. Fu una delle sfide più grandi della mia vita, dopo avere imparato a camminare. Milly Carlucci ebbe un grande coraggio a chiamarmi, io mi lasciai trasportare dalla mia follia nell’accettare la proposta. Il mio pensiero non era certo vincere in un programma dove le gambe sono protagoniste, volevo solo fare bella figura e davanti a milioni di persone non potevo permettermi di sbagliare!
Il solito perfezionismo…
Milly fu fantastica, perché capì come sono fatta e mi mise accanto Raimondo Todaro, un partner straordinario con cui è nata una bella amicizia e con cui abbiamo fatto uno spettacolo teatrale insieme, continuando a ballare. Presi quell’esperienza in modo molto serio e fisicamente fu durissima, perché intanto mi dovevo allenare per il Mondiale dell’anno dopo: al mattino ero in pista da ballo e nel pomeriggio ero in pista da atletica. E poi Milly mi fece sfatare diversi tabù…
Diccene uno.
Fu lei a insistere affinché mettessi scarpe coi tacchi, dacché alcuni balli lo richiedevano. Io avevo paura di cadere, ma il mio piede si poteva piegare fino a 5 centimetri per mettere il tacco, quindi mi avventurai e da lì non mi fermai più. Chiesi di modificarlo fino a 9 centimetri per mettere il tacco 9! In compenso, siccome sono una spericolata, con una coreografia azzardata mi volò una gamba in diretta.
Ma mostrasti una grande ironia improvvisata!
Sì, rientrando dalla pubblicità tolsi tutti dal disagio dicendo: “Come in tutte le competizioni ci sono ballerine che perdono extension io ho perso una gamba. Ora però recuperiamola, dove è andata a finire? ”, e così sdrammatizzai. L’ironia mi viene naturale: mi salva in tante situazioni.
L’evento di domenica sarà a Reggio. Possiamo considerarla la tua città identitaria?
Certamente, è una delle due. Sono legatissima a Reggio per il mare, i profumi, i sapori. Lì ho i miei genitori, la mia famiglia e gli amici più cari: vado molto fiera delle mie origini, anche perché amo la storia di Reggio, che arriva dalla Magna Grecia, offrendo borghi pazzeschi e Patrimoni Unesco sconosciuti a molti, che sento appartenermi. Devo dire, però, che sono molto legata anche a Milano, dove vivo da quando avevo 20 anni: è la mia casa, al punto che quando scoppiò la pandemia nel 2020 partii con l’ultimo aereo disponibile dalla Sicilia verso Milano, anche perché non avrei mai voluto lasciare solo mio fratello in quel periodo.