Grazie alla sua Cultura l’Italia ritroverà la forza

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L’attesa forzata di queste settimane ci ha svelato una cosa fino ad oggi insospettabile: fermare il mondo è possibile. Lo abbiamo sperimentato e, anche se “tutto andrà bene”, nulla sarà come prima. Già è cambiato lo sguardo sul mondo. Dopo le disquisizioni sugli effetti dei battiti d’ala d’una farfalla sulla parte opposta del globo, cosa dovremmo dire ora che si è tirato il freno a mano del tempo? Sono i grandi comunicatori del presente, viziati da frenetiche modalità, a stordirci con gare a chi offre la lettura più convincente su fatti e conseguenze.

Ma la domanda resta aperta: il tempo frenato dove ci sta portando? A fronte di eventi epocali è confortante guardare al passato, per spolverare ricette, cogliere precedenti che siano d’esempio e che offrano riflessioni utili per un rafforzamento d’identità in cui riconoscersi. La storia si ripete, ma se questo è vero ciò non accade mai in modo identico e la lente interpretativa nel confronto tra passato e presente va messa a fuoco. Senza dubbio l’Italia è stata maestra di rinascita.

Cinquecento anni fa dava vita ad una corrente di pensiero, letteraria e artistica, chiamata proprio Rinascimento, e all’inizio del secolo scorso lanciava il Futurismo, ancora così vicino alla sensibilità contemporanea. Movimenti culturali dal
nome significativo di portata mondiale. L’Italia è incontestabilmente una superpotenza culturale, in letteratura, arte, design, architettura, musica, spettacolo, cinema, ma anche nelle scienze, come l’astrofisica, di cui abbiamo esportato primati che tutti ci riconoscono.

Dobbiamo imparare a puntare su questa ricchezza portatrice di pensiero innovativo e capace di sostanziare anche le fasi di trasformazione. L’arte nel suo essere prefiguratrice sa preservare il senso profondo delle radici, e vale la pena chiedersi se la perdita dell’aura dell’arte di Benjamin più che all’effetto della sua riproducibilità tecnica non sia dovuta al logorante uso comunicativo di logiche consumistiche. Il suo valore universale è vivo, purché non si perda il senso poetico dell’abitare la terra, come indicava Heidegger.

È questo lo sguardo con cui va vista un’opera come l’Ercole e Lica di Antonio Canova, artista che pur ideologicamente lontano nel rappresentare passioni terrene riuscì ad esprimere un tema come quello della follia, moderno ed esplosivo, nel contrappunto perfetto di forze opposte che si equilibrano. Gruppo scultoreo nato come denuncia delle contraddizioni profonde dovute agli sconvolgimenti che investivano l’Italia in quegli anni, non esprimibili se non con un’opera geniale dalla bellezza universale.