Cosa ci fa una nave incastonata esattamente da cento anni fra le colline delle Prealpi Gardesane? È una delle tante stravaganze dell’uomo più eccentrico del XX secolo, Gabriele d’Annunzio. Sul ponte di quella nave, la RN Puglia, il direttore di CulturaIdentità Edoardo Sylos Labini presenterà “D’Annunzio, una vita inimitabile” su Rai Tre, alle 23,15 di venerdì 12 settembre e oggi in diretta alle 21.10 su Rai Play.
Una data scelta non a caso, perché rappresenta l’inizio di quella formidabile impresa fiumana che rese d’Annunzio dopo il Vate, il Poeta-Soldato, l’Orbo Veggente, anche il Comandante, e alla quale la RN Puglia era in qualche modo legata e che cento anni fa venne ricostruita all’interno della sua villa-museo.
La Regia Nave Puglia era un “ariete protetto”, un tipo di incrociatore leggero e veloce immaginato per rapidi scambi di cannone e siluri e per speronare il naviglio nemico (eventualità che praticamente non si verificò mai). Varata a Taranto nel 1898 aveva lo scafo in legno rivestito di lastre di zinco. Nel 1901 era entrata in linea, partecipando a numerose crociere in tutto il mondo e poi alla guerra di Libia, dove affondò una cannoniera turca. Dopo la Grande Guerra il Puglia venne inviato in Dalmazia, a Spalato, città inclusa nelle terre che sarebbero dovute passare all’Italia ma sulle quali la Jugoslavia avanzava pretese, spalleggiata da tutte le altre potenze alleate. Spalato venne occupata da francesi e milizie slave, mentre gli italiani esitavano. La popolazione italiana di Dalmazia, circa il 10% a Spalato, restava sotto il tallone slavo, che non lesinava violenze e tentativi aperti di snazionalizzazione. Finalmente a dicembre arrivarono le prime navi italiane fra cui, il 12 gennaio 1919, la Regia Nave Puglia.
L’equipaggio del Puglia venne presto alle mani con i croati, e si contarono i primi feriti. Nonostante i tentativi del comandante delle truppe alleate nella città, un americano, le tensioni crebbero, anche perché il 12 settembre 1919 Gabriele d’Annunzio, alla testa di 3.000 ammutinati (un episodio senza precedenti nel Regio Esercito) era entrato a Fiume, aveva cacciato via la guarnigione interalleata e aveva dichiarato l’annessione della città all’Italia. Pochi giorni dopo a Traù, in Dalmazia, un nobile locale, il conte Nino Fanfogna, aveva tentato un’operazione analoga, non coronata da successo, il cui unico risultato fu inasprire le violenze slave contro la minoranza italiana. A novembre lo stesso d’Annunzio si mosse da Fiume con tre navi da guerra alla volta di Zara, città dalla salda maggioranza italiana, dove venne accolto festosamente tanto dalla popolazione che dall’ammiraglio Millo. A Spalato i croati reagirono con una nuova ondata di vandalismi e prepotenze contro gli italiani, con tanto di assalto a un piroscafo alla rada.
Mentre a Versailles gli Alleati cercavano di compensare il doppio tradimento consumato alle spalle dell’Italia – prima allettata con le promesse territoriali del Patto di Londra mentre a Belgrado venivano segretamente garantite le medesime terre, poi umiliata dall’applicazione del “principio di nazionalità” sbandierato dal presidente USA Wilson sempre a favore della Jugoslavia – la tensione cresceva. A luglio, un banale alterco fra due marinai e una ragazza croata, che aveva sventolato una bandiera slava sotto il loro naso e i due avevano reagito rubandogliela, si trasformò in tragedia. Mentre il comandante della Regia Nave Puglia Tommaso Gulli si recava al comando americano per consegnare il trofeo e chiudere l’incidente, il suo MAS venne bersagliato da colpi d’arma da fuoco sparati dalle banchine. Gulli e il motorista Aldo Rossi furono gravemente feriti e spirarono poche ore dopo nonostante le cure mediche. L’eccidio dei nostri marinai fu una scintilla che incendiò l’Adriatico e provocò a Trieste gli incidenti culminati con l’incendio dell’hotel Balkan, probabile sede di organizzazioni terroristiche filo-jugoslave.
Il Puglia rientrò in Italia 10 mesi dopo. La Dalmazia era stata definitivamente ceduta dal governo Giolitti tranne la città di Zara e poche isole strategiche e la nave insanguinata dai martiri Gulli e Rossi fu destinata alla demolizione. Il neonato governo fascista tuttavia era molto sensibile alle questioni simboliche e in uno dei primi consigli dei ministri deliberò di fare dono a Gabriele d’Annunzio, simbolo vivente della Vittoria Mutilata, di due cimeli: il suo MAS dell’impresa di Buccari e una porzione della Regia Nave Puglia. A proporre la donazione nientemeno che l’ammiraglio Paolo Thaon de Revel, ministro della Regia Marina. Il 16 marzo 1923 nel suo esilio dorato di Gardone d’Annunzio così rispondeva a Thaon de Revel, che gli aveva scritto dell’approvazione in consiglio dei ministri da parte del Capo del Governo: «Come nelle più belle notti della nostra guerra adriatica il cuore mi sobbalza all’annunzio del dono che l’Armata Navale è per farmi, al di là di ogni mia attesa […]. Per preservare le reliquie Iddio ha foggiato il luogo […], per sostenere la parte prodiera della “Puglia”, ho qui un pianoro proteso in forma di prua».

Se il trasporto del MAS fu ordinaria amministrazione, quello dell’intera prora del Puglia con parte delle sue sovrastrutture e dell’armamento, fu un capolavoro di ingegneria. La nave venne smantellata a La Spezia e caricata su ben 20 vagoni ferroviari, quindi rimontata su un poggio proteso verso il Lago di Garda, e oltre l’orizzonte, l’Adriatico, chiamato promontorio La Fida. Nel gennaio 1925 i cimeli raggiunsero il Vittoriale e nel marzo dello stesso anno la ricostruzione completata. L’opera fu diretta dall’ingegnere sardo Silla Giuseppe Fortunato, nato a La Maddalena nel 1900. Fortunato si era appena laureato e riuscì nell’impresa di salvare integralmente il ponte della nave e ricostruire invece le fiancate, prefabbricate nell’arsenale della Spezia e assemblate poi a Gardone. Fortunato propose e ottenne anche la cessione a d’Annunzio della Bandiera di Guerra della nave, atto eccezionale, poiché tutte le altre le Bandiere di Guerra della Marina sono custodite a Roma nell’Altare della Patria.
Silla Giuseppe Fortunato saldò con il Poeta-Soldato una solida amicizia e dopo la sua morte, avvenuta nel 1973, la sua urna fu tumulata proprio nel Vittoriale. Dal 2010 la Nave Puglia ospita una mostra permanente in onore di questo marinaio e ingegnere.