Maria Giovanna Maglie: “Gli artisti dovrebbero essere rivoluzionari, non omologati al pensiero unico”

3

ABBONATI A CULTURAIDENTITA’

Ieri avrebbe compiuto 71 anni. Maria Giovanna Maglie ci ha lasciati lo scorso 23 maggio, dopo un intervento al cuore al quale però erano subentrate complicanze fra cui una grave anemia: “Ho avuto un malore che ho cercato di mascherare. Ho concluso il collegamento e poi ho spiegato che avevo bisogno di staccare. Non so nemmeno se ne siano accorti gli spettatori”, aveva detto durante l’ultimo dei suoi tanti collegamenti televisivi con i programmi di informazione politica. Laureata in Filosofia alla Sapienza, giornalista, scrittrice, opinionista tv, è stata inviata in America Latina occupandosi di politica internazionale dal 1979 al 1987. Nel 1989 l’ingresso in Rai. Nel 1990, allo scoppio della prima guerra del Golfo, è stata inviata in Medio Oriente, per poi diventare corrispondente da New York fino al 1993. Ha scritto autrice di numerosi libri, fra cui una biografia di Oriana Fallaci; l’ultimo, uscito poco prima che se ne andasse, è Addio Emanuela. La vera storia del caso Orlandi. Il sequestro, i depistaggi, la soluzione , un lavoro giornalistico di approfondimento su uno dei tanti misteri che costellano la storia della Repubblica Italiana (e che in quest’ultimo periodo torna spesso agli onori della cronaca) che prende la forma della contro-inchiesta basato sulla ri-lettura di documenti noti ma non adeguatamente valutati

LEGGI: Caso Orlandi, clamorosa rivelazione nel libro della Maglie

Ha collaborato con importanti quotidiani ed è stata una collaboratrice del mensile CulturaIdentità, per cui ha scritto un denso articolo su quella malattia senile degli artisti allineati allo “stile del partito dello spettacolo” che li snatura, facendoli diventare dei conformisti anziché rivoluzionari.

— edoardo sylos labini (@edosyloslabini) May 23, 2023

Quello che la Maglie ha scritto per CulturaIdentità e che pubblichiamo oggi è un articolo attualismo (Redazione).

di Maria Giovanna Maglie

Il partito dello spettacolo è schierato in tutto il mondo con un unico manuale Cencelli su come comportarsi, che film girare, che padrini scegliere, che discorsi fare alle premiazioni, a chi dedicarle, che denunce sdegnate pronunciare, quali appelli promuovere e firmare, e via con il credo progressista.

Il quale credo va avanti immutato dal dopoguerra in una pratica di occupazione pacifica ma non per questo meno bellicosa di tutti gli spazi di spettacolo, cultura e informazione, da parte della sinistra resistente e neorealista. Naturalmente complice un pensiero liberale di grande fiacca e inerzia, anxious to please.

Il conformismo di sinistra ha permeato sempre il mondo dello spettacolo di qua e di là dell’oceano, e sbaglierebbe chi credesse che vada meglio nel Nuovo Mondo, perché Hollywood è un vero e proprio ghetto da questo punto di vista e chi è fuori da quella logica se ne sta fuori. Meglio, che sia Cinecittà o Hollywood, Cannes o Venezia, l’Orso d’oro o il vecchio Oscar, chi la pensa diversamente tace e si guarda bene dal farlo capire. Un esempio diverso c’è , è quello di Clint Eastwood, ma di Eastwood ce n’è uno e da decenni paga l’ostilità di Hollywood.

Il conformismo di sinistra ha spinto non solo attori, registi, mondo della musica, a schierarsi politicamente pro e contro certi leader. Ultimo esempio in Italia la levata di scudi contro Giorgia Meloni e Matteo Salvini, ma come dimenticare l’odio hollywoodiano verso Donald Trump!

L’evoluzione malefica dell’attivismo di sinistra ha coinvolto il mondo dello spettacolo anche negli episodi più estremi di cancel culture, gender fluid, utero in affitto, difesa senza confini dell’aborto e ha preso una pesante deriva di ingerenza nella politica. Si può dire che numerosi attori e artisti, tra un film e l’altro finanziato in Italia dal Ministero della Cultura, tra uno spettacolo e l’altro, facciano gli agit prop.

Così una cantante stagionata come Loredana Bertè insorge e pretende da Giorgia Meloni la cancellazione della fiamma dal simbolo inveendo contro di lei e investendosi del ruolo di vendicatrice della senatrice a vita, Liliana Segre, che presumibilmente non glielo ha chiesto; una cantante di recente acquisizione come Elodie si scaglia contro la cattiveria e l’odio del Fascismo in uno sproloquio destinato ad attirare l’attenzione.

Ma lo stile del Partito dello Spettacolo trova la sua applicazione più autentica in Kasia Smutniak, attrice alla moda, di quelle delle quali il compianto Marco Ferreri avrebbe detto “ ha una sola espressione“. Sul suo profilo Instagram si legge una invettiva dedicata a Giorgia Meloni che in un discorso aveva rivendicato il ruolo della famiglia tradizionale, quella con un padre e una madre: “Più i pensieri sono bassi, volgari, inadeguati, non all’altezza, tristi, morbosi, infelici, privi di eleganza, di amore, di buon senso, indegni, ingiusti, aspri, acidi, vomitevoli, piccoli, inutili, stupidi, idioti, pericolosi, malformati, kitch, sbiaditi, inesatti, errati, carichi di odio, disumani, più la persona che li esprime diventa volgare, inadeguata, non all’altezza, triste, morbosa, infelice, priva di eleganza, di amore, di buon senso, indegna, ingiusta, aspra, acida, vomitevole, piccola, inutile, stupida, idiota, kitch, sbiadita, inesatta, errata, carica di odio, disumana”. Meglio non fargliela recitare. Critiche, polemiche? Assolutamente no, siamo nel tempio del doppiopesismo.

Per esempio se l’è vista brutta il direttore di Chi, Alfonso Signorini, quando nel corso di una trasmissione televisiva ha osato criticare l’aborto . Una giornalista gli ha intimato di non parlare del “corpo delle donne”. La polemica è andata avanti per settimane. Invece il gruppo rock emergente dei Maneskin è stato ricoperto di complimenti e applausi quando, parlando di diritti degli omosessuali, ha dichiarato: «Quest’anno l’Italia ha vinto in tutto tranne che nei diritti civili». E’ che la vulgata mainstream tende a dipingere la nostra nazione come un Paese arretrato, in cui gli omosessuali vengono perseguitati dai loro concittadini. Ora, nessuno intende negare che ci possano essere episodi di discriminazione. Ma niente è più conformista di questo racconto piatto. Gli artisti dovrebbero scegliersi battaglie davvero impopolari tendere a essere trasgressivi, non preda della narrazione dominante.

Dovrebbero battersi contro l’omologazione culturale del politically correct, favorire il pluralismo delle idee, invece con poche e faticose eccezioni si allineano tutti in cause facili.

A Hollywood ormai per girare un film che speri di uscire nelle sale e poi di essere candidato agli Oscar, bisogna seguire rigide regole raccolte in un codice etico presentato qualche tempo fa alla stampa. In questo codice si spiega che storie e protagonisti devono rappresentare tutte le minoranze etniche. Vale per il futuro e vale anche per il passato in una rincorsa grottesca all’antirazzismo Qualche esempio. La HBO ha ritirato dal suo catalogo perché contiene incitazioni razziste e pregiudizi razziali Via col vento. Che è un film del 1939, in Italia è arrivato nel 1951 e entrato nella storia del cinema mondiale..

Vi ricordate più di recente la meravigliosa storia d’amore tra Meredith e Derek nella fiction/medical Grey’s Anatomy, che da 20 anni imperversa nel mondo? Vi ricordate che appena i due si sono conosciuti ogni occasione era buona per un sano accoppiamento passionale? Tutto cambiato. Infatti in un’intervista al Los Angeles Times, Krista Vernoff, sceneggiatrice della serie, ha dichiarato:

«Prendiamo la relazione tra Meredith (Ellen Pompeo) e Derek (Patrick Dempsey), al fatto che Meredith era una tirocinante e lui il suo capo, che lei continuava a rifiutarlo e lui continuava a insistere. Se la guardiamo alla luce di movimenti come #MeToo o Time’s Up, capiamo subito perché oggi non la racconteremmo mai, o almeno non così. I tempi sono molto cambiati». Il cinema molto peggiorato.

ABBONATI A CULTURAIDENTITA’

3 Commenti

  1. C’è poco da commentare. L’articolo della Maglie è solo parziale. Il mondo del alcoscenico è assai più torbido di quanto descritto. È un mondo cui si può accedere con facilità solo attraverso la pornografia, il riciclaggio, o appartenendo ad una certa setta, o ad un certo gruppo. Aspetti troppo crudi? Questa è la verità.

  2. In parallelo, intanto, scoppia il caso dossieraggi. Una nera cosa che soltanto in un’Italia comunistoide poteva succedere. Così, nel “cuore della Direzione nazionale antimafia”, prende piede, nasce e si consolida il più efficiente e attrezzato manipolo di mafiosi di sempre. Con “la stampa amica” che, fingendosi indignata al punto giunto, faceva da martello demolitore. Mentre i compari parlamentari, dentro e fuori quelle aule istituzionali, gridavano contro la marea nera che solo loro, da tutte le parti, vedevano avanzare. Un gioco all’elastico, insomma, che permetteva a quei fascisti a tutti gli effetti, mentre si trasformavano, consapevoli o meno, compito che spetta dirimere alla magistratura, in un’efficiente associazione a delinquere, di massacrare chi stava dall’altra parte della barricata a fare gl’interessi degli italiani.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

5 × tre =