Pasquale Squitieri e quel suo vizio per la libertà

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Pasquale Squitieri (1938-2017) è stato un regista, sceneggiatore e intellettuale italiano, figura di spicco del cinema d’impegno civile. Con una filmografia che spazia da opere come I guappi (1974), Il prefetto di ferro (1977) – che gli valse il David di Donatello – a Corleone (1978), Li chiamarono… briganti!, Squitieri ha affrontato temi complessi come la mafia, il brigantaggio meridionale, le ingiustizie sociali e il rapporto tra potere e individuo, nonché episodi storici controversi, ferite ancora aperte come la Guerra Civile e Piazzale Loreto, con Claretta (1984) con Claudia Cardinale. Le sue pellicole, spesso ambientate in contesti storici e culturali del Sud Italia, si distinguono per un approccio viscerale e senza compromessi, capace di scavare nelle contraddizioni della società italiana.

Il documentario “Pasquale Squitieri: il vizio della libertà”, scritto e diretto da Ottavia Fusco Squitieri e prodotto da Piebald Film di Giulietta Revel, in collaborazione con Rai Documentari e Cinecittà, racconta la vita artistica e privata del regista Pasquale Squitieri. Andrà in onda lunedì 20 ottobre alle 16.05 su Rai 3, dopo la presentazione alla Festa del Cinema di Roma. 
Attraverso testimonianze di amici e collaboratori storici come Fausto Bertinotti, Valerio Caprara, Marco Chiappetta, Enrico Lo Verso, Gaetano Manfredi – Sindaco di Napoli, Franco Mariotti, Gigi Marzullo, Antonio Mastellone, Franco Nero, Lina Sastri, Nicola Squitieri, Edoardo Sylos Labini, Fabio Testi e Marcello Veneziani, il documentario tratteggia un ritratto autentico di Pasquale Squitieri, regista “scomodo” e anticonformista, ricordato anche da familiari e giovani allievi. L’opera è arricchita dalle musiche originali del Maestro Luigi Ceccarelli, dalla fotografia di Séverine Queyras e dal montaggio di Marco Petrarota. 
Un’opera prima di Ottavia Fusco Squitieri che diventa omaggio d’amore e ritratto sincero, capace di raccontare la libertà a cui il regista non ha mai rinunciato.

Il coraggio di Squitieri si manifestava infatti non solo nella scelta di soggetti scomodi, che spesso lo portarono a scontrarsi con la censura e le istituzioni, ma anche nella sua strenua difesa della libertà d’espressione. Non temeva di sfidare il conformismo, portando sullo schermo verità crude e provocatorie, come la corruzione sistemica o le lotte di potere, sempre con un’attenzione particolare alle voci degli oppressi.

Questa audacia, che emerge nell’intervista di 10 anni fa rilasciata a Edoardo Sylos Labini, lo rese una figura controversa ma profondamente rispettata, capace di lasciare un segno nel cinema italiano con uno stile che univa passione, rigore storico e denuncia politica. Compagno per oltre quarant’anni di Claudia Cardinale, con cui condivise vita e set, Squitieri ha rappresentato un esempio di artista che viveva il cinema come atto di resistenza e testimonianza. La sua eredità è quella di un cineasta ribelle, innamorato della libertà e determinato a raccontare storie che scuotessero le coscienze, senza mai piegarsi alle pressioni del potere o alle convenzioni del suo tempo.

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