#PILLOLE DI #BRIANZA: Canta, Cuncurèss!

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Orchestrina nel cortile dell’oratorio a Concorezzo- Fonte: (Archivio Storico di Concorezzo)

Si è da poco conclusa la settantunesima edizione del Festival di Sanremo e, che ci piaccia o no, alcune canzoni sono ormai entrate nella nostra testa: d’altronde, la musica fa parte della nostra identità italiana. Dal Risorgimento, alla Grande Guerra, passando anche per i balconi delle nostre case a marzo 2020, la musica ha sempre accompagnato il nostro Paese durante le sue fasi storiche, raccontandolo, trasponendo in suoni e parole i sentimenti e i paesaggi della nostra Italia. Non si può negare che il tanto discusso Festival di Sanremo dal 1951 si è fatto interprete e palcoscenico di quella che chiamiamo musica “leggera”, e una figura irrinunciabilmente legata questo genere (insieme alla musica popolare) è sicuramente quella di Giovanni D’Anzi: nato a Milano nel 1906, ma da genitori meridionali, il suo nome è legato a canzoni come “Viale d’Autunno”, brano vincitore del Festival nel 1953, e ad altri componimenti che si sono affermati come vere e proprie colonne sonore del nostro Paese dagli anni ’30 in poi. Il maestro compose infatti canzoni come “Voglio Vivere così” e “Ma l’amore no”, ma in Lombardia è ricordato soprattutto per essere stato l’autore del più celebre brano dedicato alla città di Milano: “O mia bèla Madunina”. Questo, ad ogni modo, non fu l’unico componimento legato alla città meneghina, ma va ricordata anche la canzone “Lassa pur ch’el mond el disa (ma Milan l’è on gran Milan)”. Il brano ebbe un grande successo, tanto che in molti comuni della Lombardia subì rifacimenti ed adattamenti che permettessero di celebrare sulle medesime note la propria città.

E’ il caso di Concorezzo, in Brianza, dove Mino Gerosa, cantautore locale, rielaborò il testo della canzone del maestro D’Anzi in dialetto locale, creando così “Cuncurè l’è un gran paés”, nota anche come “La canson de Cuncurès”. Durante la metà dello scorso secolo la si poteva udire suonata da un’orchestra locale alle feste, nelle osterie e nelle corti. “Cuncurès l’è un paés antichìsim da grand’impurtansa/ e l’è magiurment cugnüsù in tüta la Briansa”, iniziava così la canzone, che proseguiva ricordando molte delle cascine presenti sul tuo territorio, e paragonando (con una certa ironia) le qualità del comune brianzolo con alcune delle più grandi città del mondo: San Francisco, Miami, Berlino, Parigi e anche Vienna, che con il suo fiume, il Danubio, non era certo da invidiare, dal momento che anche Concorezzo aveva il suo corso d’acqua, la Ghiringhella, un canale artificiale scavato nel 1500 per l’irrigazione dei campi, che venne però chiuso e interrato dopo la Seconda Guerra Mondiale. Interessante è anche il fatto che i Concorezzesi vengano definiti “gügirö”, nome che deriva dal fatto che fra il 1500 e il 1800 un gran numero di abitanti fosse dedito alla produzione di “gücc”, ovvero aghi e spilli, tra cui ricordiamo anche gli spilloni disposti a raggiera inseriti nella capigliatura di Lucia Mondella, se pensiamo alla sua classica rappresentazione ne “I Promessi Sposi”. Insomma, musica leggera ma non “leggerissima”, capace di custodire e preservare l’identità e la storia del territorio che l’ha prodotta, cantata e tramandata nel tempo.

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