Non esattamente un “simbolo di pace e dialogo”, quello sulla felpa con il simbolo rosso-nero degli Antifa di Alessandro Sahebi, vittima di una aggressione a sfondo politico qualche giorno fa a Roma. Glielo fa notare il direttore di CulturaIdentità Edoardo Sylos Labini durante un dibattito ieri notte a “Realpolitik”, programma di Rete4 diretto da Tommaso Labate.
“La bandiera rossa e nera degli Antifa è quella dei centri sociali, degli antagonisti, delle frange violente nei cortei pro-Pal che sfilano accanto alle bandiere di Hamas” spiega Sylos Labini condannando tutte le violenze, da qualunque parte politica provengano, e anche se ospiti e conduttore cercano di parlargli sopra. La trasmissione, infatti, non è esattamente all’insegna di uno scambio di idee libero, avvicinandosi invece molto agli standard usuali dei talk di La7 anti-governo Meloni, specialmente con la claque del pubblico ammaestrata per puntellare più che altro le affermazione in stile “Telekabul” di certi ospiti che quelle di buon senso di un Mario Sechi o di una Bernardini De Pace.
“I ragazzi intervistati soffrono l’ignoranza della storia che non è colpa loro” – dice Sylos Labini commentando un servizio in cui alcuni liceali romani vengono intervistati su ciò che sanno del Fascismo (cioè poco o niente). “Ma i rigurgiti degli aspetti più odiosi di quel periodo, e cioè l’antisemitismo, oggi non riguardano quei ragazzini, ma la sinistra”, ha continuato riferendosi alle contestazioni subite da Emanuele Fiano, anche lui in collegamento durante il programma.
La trasmissione prende le mosse dai cori da Ventennio in una sede di FDI. Cori che hanno provocato altri cori, quelli dell’“allarme fascismo!”, nonostante i responsabili siano stati prontamente sospesi dal partito di Giorgia Meloni.
Ma l’intero leitmotiv della serata, sostenuto in particolare da Elisabetta Piccolotti e da Sahebi in studio, è la presunta superiorità morale dell’“antifascismo” il quale può permettersi di distribuire patenti di agibilità politica e stilare liste di buoni e cattivi (e, nonostante ogni protesta d’estraneità, giova ricordare le marce gomito a gomito con l’estremismo islamico di Hamas degli stessi che alzano la bandiera rosso-nera). Il tutto partendo dalla falsificazione della storia (e poi se la prendono coi ragazzini somari del liceo…) affermando che il Comunismo fosse fautore della democrazia, quando esiste una sterminata bibliografia che spiega per filo e per segno come il PCI accettò la linea democratica obtorto collo, e per ordine di Stalin (non esattamente un democratico…), solo quando si rese conto che il combinato disposto fra i carri armati americani in Italia e la mancata maggioranza alle urne rendevano il passaggio alla “dittatura del proletariato” problematica. Dittatura del proletariato che in Italia avremmo senz’altro conosciuto se il PCI di Togliatti avesse preso un solo voto in più della DC di De Gasperi.
Ma anche questa è acqua passata. E dividersi su questi argomenti non ha senso più che tifare per Napoleone o Wellington. Roba da cosplayer: c’è chi si maschera da Batman, chi da Goldrake e chi da fascista o da antifascista. “Finché a sinistra si fanno paginate su paginate e si grida a questo presunto pericolo fascista – dice Sylos Labini – la Meloni può star tranquilla di governare per altri dieci o vent’anni. Abbiamo riempito i giornali per parlare di episodi ridicoli e marginali quando invece sotto le bandiere del simbolo dei centri sociali accadono fatti davvero violenti e pericolosi”. Insomma riempire ancora i talk politici su Mediaset di servizi e blocchi sul presunto pericolo fascista in assenza di Fascismo non sembra giovare agli ascolti. Del resto la puntata di Realpolitik era partita con un invettiva anti berlusconiana di Antonio Di Pietro. E intanto il Cavaliere si starà rivoltando nella tomba.


















