Le località più ambite di Como e Brianza lamentano ingenti cali del fatturato
Con la primavera, tradizionalmente, sboccia anche la stagione dei matrimoni e delle cerimonie. Numerose sono quelle che vengono celebrate ogni anno, in periodi normali, nelle splendide ville di delizia lombarde, sia che siano situate sul Lago di Como, meta spesso selezionata per le celebrazioni da sogno dei vip, o altrove, per esempio nella verde Brianza. Già, in periodi normali. Perché, nel 2020, moltissime sono le coppie che hanno preferito rinviare il lieto evento all’anno nuovo. Ma, se gli ultimi 12 mesi sono stati quasi cancellati dalla pandemia, ora anche per il 2021, che per questo peculiare settore doveva essere il momento della rinascita, si rischia il flop…
“Dateci le linee guida entro marzo o fallirà un comparto intero”. Così, nello scorso mese di febbraio, si era espressa Elisa Mocci, una tra le wedding planner italiane più note, fondatrice di Federmep (Federazione matrimoni ed eventi privati), che aveva voluto lanciare un appello al Governo per evitare il collasso di un mondo, quello delle cerimonie appunto, letteralmente devastato dalle scellerate politiche di contenimento adottate da Roma per contrastare l’avanzata del coronavirus. “Il ministro per le Attività produttive – aveva incalzato la Mocci – prenda esempio dal governatore dello stato di New York Andrew Cuomo, che sta dando segnali di ripartenza e ha autorizzato i matrimoni da marzo 2021 con un massimo di 150 invitati testati”.
Purtroppo le sue richieste, nonostante l’avvento, nel frattempo, del “Governo dei migliori”, capitanato dal banchiere Mario Draghi, quello che avrebbe dovuto segnare un “cambio di passo” rispetto alle strategie messe in campo dall’esecutivo Conte, rimangono tutt’ora inevase. Il risultato è che un settore che per l’economia nazionale produce un volume di affari di 65,5 miliardi di euro e impiega 570 mila addetti è letteralmente fermo al palo da un oltre un anno. Il danno è ingente. C’è chi parla di una perdita di fatturato media dell’80%, ma, per alcune aziende si avvicina al 100%. A pagare non sono solo le agenzie, ma tutta la catena dei fornitori (dai fioristi alle pasticcerie, dai parrucchieri ai negozi di abbigliamento specializzati) che è rimasta a bocca asciutta. Poi c’è tutto l’indotto. Anche per i territori. La Lombardia è sicuramente tra quelli che maggiormente hanno da recriminare. Numerose sono le testimonianze apparse sulla stampa locale. Intervista da Informazioneonline.it lo scorso 19 gennaio, una wedding planner di Busto Arsizio, spiegava come, dei 15 matrimoni che avrebbe dovuto seguire nel 2020, se ne siano concretizzati solamente due. “A questo punto – aggiungeva l’imprenditrice – i ristori non servono: noi chiediamo un rimborso basato sul calo di fatturato”. Non si tratta di un caso isolato. Sul settimanale brianzolo Il Cittadino del 20 marzo è riportata l’intervista alla titolare di un atelier di abiti da sposa.
“Abbiamo registrato una contrazione del fatturato del 70% – ha spiegato la donna al giornale – Purtroppo nel nostro settore non c’è chiarezza, non ci fanno sapere nulla. Giovani donne, sui 25 anni, che vivono in famiglia o lontano per motivi di lavoro, ma hanno il fidanzato in Italia, dopo mesi di solitudine causa pandemia hanno una gran voglia di sposarsi. Adesso possono solo rinviare continuamente la data della cerimonia(…). Dal canto nostro abbiamo avuto anche difficoltà a trovare i tessuti: un fornitore di fiducia ha chiuso per sempre”. Ma, se qualcosa non cambia, molti altri seguiranno…