“Ma la notte no”. I quarant’anni di “Quelli della notte” di Renzo Arbore

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Una volta in televisione poteva accadere di ridere, sorridere, provare rimpianto, arrossire per la vergogna, mettersi la mano davanti alla bocca dopo aver colto divertiti una delle tante goliardate di Renzo Arbore e dei suoi amici, che nel salotto di Quelli della notte discutevano sull’angosciosa domanda: cosa faremo da grandi? Sono passati quarant’anni dalla prima puntata del programma in seconda serata Rai (29 aprile 1985) e a questa domanda il genio arzillo di Renzo Arbore ancora oggi non saprebbe come rispondere. Quelli della notte decretò il lancio di Nino Frassica, i suoi motti e nanetti sono proverbiali: Uttimu in fundum, Scasazza, paesello inventato fra Agrigento e Trapani dove c’è il monumento degli accaduti, si può ammirare tra via Memo Remigi e Camillo Penso di Cavour… O la Romagna decantata da Maurizio Ferrini e il suo pedalò. In questa allegra e chiassosa riunione che somigliava molto a una jam session c’era anche Dago (Roberto d’Agostino) che ci introduceva al suo edonismo reganiano mettendo insieme Hegel e il Tuca Tuca di Raffaella Carrà, Milan Kundera e la discomusic affidata a Dario Salvatori, l’eccentrico critico musicale con casacche coloratissime e un singolare ciuffo alla Bobby Solo. Il trombettista dei Flippers Massimo Catalano che da ragazzo suonava assieme a Lucio Dalla e Franco Bracardi, il fratello di Giorgio, divenuto poi iconico come pianista alter ego di Maurizio Costanzo al teatro Parioli. Le sue massime: “ è molto meglio amare una persona che ti ama, invece di amare una persona che ti detesta”.

Andy Luotto poi, con il suo Armand l’arabo; la RAI aveva paura del suo personaggio, si temevano ripercussioni diplomatiche. Davanti al cavallo di viale Mazzini lui, vestito da emiro, si sdraiò: “Voglio entrare in rai, Allah, dammi un posto in Rai!”. Arrivarono i Carabinieri. Simona Marchini che faceva la parodia di signorette svampite, Marisa Laurito, inseparabile amica che passa il tempo a cucinare e a consigliare ricette, o Riccardo Pazzaglia che si sottraeva al dibattito perché considerato troppo basso. La grande lezione di vita e di comunicazione di Renzo Arbore, lo scherzo che non fa male a nessuno. L’anchorman di Foggia naturalizzato a Napoli è stato l’artefice di un cambiamento dell’umorismo e ci ha avvicinati a diverse culture (dal jazz, il folk, la macchietta napoletana, la canzone d’autore, lo swing italiano) rimanendo se stesso: un gentiluomo del Sud. Insomma la lezione di Renzo sembra essere: “fate quello che vi piace senza pretendere di stare in TV dalla mattina alla sera.”

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