Corrado Tedeschi: “Quelle donne che si spogliavano per me…”

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Corrado Tedeschi e Martina Colombari sono i protagonisti dello spettacolo Montagne russe (regia di Marco Rampoldi, scena di Andrea Bianchi), sul palco del Teatro Manzoni di Milano dal 3 al 15 maggio 2022, tratto da uno dei testi più riusciti di Eric Assous. Lui – maturo, affascinante ed elegante, moglie e figlio fuori città – incontra casualmente lei – più giovane, di bell’aspetto e consapevole di piacere – e la invita a casa. Si preannuncia una serata molto piacevole e spensierata, ma lei non è facile come lui si sarebbe aspettato. Ed ogni volta che lui sta per riuscire ad ottenere quello che vorrebbe, la donna lo spiazza cambiando identità e carattere, in un continuo vorticoso salire e scendere, in cui i due protagonisti si trascinano a vicenda.

Corrado tu a teatro con “L’uomo che amava le donne” hai già affrontato la tematica dell’amore ma sotto un altro registro: che tipo di uomo è il protagonista maschile di “Montagne russe”?

Un uomo molto medio e mediamente felice, il quale una sera torna a casa con questa bellissima donna incontrata in un bar (Martina Colombari, n.d.r.): lui è un uomo posato che di fronte a una tale bellezza cede. Il pubblico si aspetta che succeda qualcosa tra un uomo maturo e una ragazza, molto più giovane di lui, che lo mette a dura prova cambiando identità più volte (un’estetista, una escort, un’amica della moglie). E’ goffo e non sa come gestire questa bellissima donna, piuttosto esuberante: si trova all’improvviso sulle montagne russe, appunto.

Insomma non c’è il piacere della conquista, non è un Casanova…

E’ quanto di più lontano si possa immaginare da Casanova! E’ un uomo medio che non ha mai avuto grandi avventure. Non so a quanti uomini può succedere di incontrare una donna bellissima in un bar, invitarla a bere qualcosa a casa loro e vedere che lei accetta subito, sicuramente questo crea nel nostro protagonista un imbarazzo iniziale. E poi “mille sogni” per lui!, che si immagina chissà che, mentre invece le cose andranno molto diversamente da come se l’aspettava…E’ una commedia molto divertente, non posso spoilerare ma ci sarà una sorpresa gigantesca…

Ma è vero che agli inizi della tua carriera quando lavoravi nelle radio private chiedevi alle ascoltatrici di descriverti il loro spogliarello prima di andare a nanna?

[ride, n.d.r.] è vero, non so come hai fatto a saperlo! Adoravo fare i programmi notturni e con grande senso dell’ironia – non c’era assolutamente niente di perverso – dicevo alle ascoltatrici: “Adesso che state andando a dormire, descrivetemi il vostro spogliarello”. E da lì questo programma diventava un burlesque radiofonico casalingo.

Hai iniziato da concorrente, poi sei diventato conduttore: com’è avvenuto il salto?

Ho vinto un concorso alla Rai. Poi Mediaset mi ha fatto subito un contratto: Doppio Slalom, Il Gioco delle Coppie, Italia Uno Sport, Cominciamo Bene alla Rai…. io sono stato un diesel televisivo, ho fatto più di 5mila puntate! Doppio Slalom è stata una trasmissione storica, una bellissima avventura che mi ha dato tantissimo, un quiz per ragazzi che adesso sono un po’ cresciuti, ma sono sempre affezionati e quindi vengono a vedermi a teatro: credo che questo mio modo di fare TV mi abbia dato una popolarità trasversale.

Un’impressione di chi tocca con mano i luoghi di cultura come cinema, teatri e musei: c’è più partecipazione rispetto a prima secondo te? Si è scatenato un amore per la cultura che prima era sopito o è tutto come prima?

Giustamente, come dicevi c’è più amore per la cultura. Io quest’anno batto il record assoluto per un attore di teatro: 140 date. E ho avuto sempre teatri pieni. C’è una grandissima voglia di tornare a teatro, che poi è tornare alla vita. La gente sceglie di andarci, non subisce il telecomando: ho visto tantissima gente, una cosa bellissima. Speriamo di continuare così.

Insomma sei un diesel della tv che macina Km e pubblico nei teatri

[ride. n.d.r.]

Si può dire che tu abbia cominciato la tua prima tournée nelle basi militari?

Sì, sono cresciuto in tutti i porti d’Italia a causa del lavoro di mio padre, ufficiale della Marina. Ricordo il maestro delle elementari che diceva: «adesso Tedeschi ci fa il calcio minuto per minuto», perché con tutte le città in cui avevo soggiornato, avevo appreso le varie inflessioni dialettali. Tramite la commedia italiana ho detto che volevo fare ciò che faceva Gassman, il grande attore di quel tipo di commedia, che secondo me era ancora più bravo di quando interpretava ruoli drammatici.

Sei stato anche un calciatore professionista?

Ho cominciato con le giovanili nella Sampdoria, mi allenavo con Marcello Lippi. Ho dovuto nasconderlo perché mio padre era contrario e lo stesso ho dovuto fare con l’audizione al Teatro Stabile di Genova. Telefonarono a casa per comunicarmi che ero stato preso e mia madre scoprì così che volevo percorrere la strada del teatro, ma all’inizio pensò persino che avessero sbagliato numero. Mio padre voleva che facessi l’ufficiale di Marina. Non ho seguito quella carriera ma quando sento l’inno di Mameli mi metto a piangere. Sarebbe bene essere italiani sempre non solo quando si vedono le partite della Nazionale.

Pandemia e terza guerra mondiale, il peggio del peggio del peggio. Corrado, facciamo un esperimento mentale, sei un drammaturgo: come intitoleresti una tua opera teatrale?

Userei una meravigliosa frase di Einstein: non so come si combatterà questa guerra, ma so come si combatterà la quarta, con le pietre.

Ero un bambino ma mi ricordo il tuo Doppio Slalom: in un certo senso aveva un valore educativo, oggi invece gli adolescenti fanno le baby gang nelle città. Che cosa dovrebbe fare la tv per avere quel ruolo educativo che aveva ai suoi esordi?

Ci vuole coraggio, non bisogna avere paura di fare programmi un po’ più “alti”. Credo che il pubblico vada indirizzato, se noi per fare ascolti diamo sempre le cose più basse avremo la morte dell’intelligenza. Io credo che la tecnologia abbia contribuito a tutto questo: i social hanno creato un mondo di ignoranti, nel vero senso della parola, cioè che ignorano qualsiasi forma di cultura. Aveva ragione Umberto Eco, quando diceva che Internet ha dato la parola anche a quelli che al bar venivano messi in un angolo. Bisognerebbe uscire da questa situazione anche dal punto di vista del linguaggio dei social: con queste “emoticon” ormai il linguaggio è diventato un linguaggio delle caverne, non si parla più, si fanno solo gesti mimati, adesso far lavorare il cervello è diventato scomodo. Doppio Slalom invece permetteva ai ragazzi di giocare in maniera intelligente, erano preparatissimi, non avevano solo una cultura scolastica ma anche quotidiana, quindi leggevano anche i giornali. Ma ci sono ancora, grazie a Dio, dei giovani così. E ci sono ancora dei programmi intelligenti di grande successo: L’Eredità, ad esempio. Ma non a livello di Doppio Slalom! [ride, n.d.r.]. Questo vuol dire che la gente ha voglia di cimentarsi, basterebbe un po’ più di coraggio, pensando soprattutto ai giovani. Siamo un Paese avviato alla catastrofe, un Paese che sta tornando all’analfabetismo, ma qualcosa si può ancora fare, prima che sia troppo tardi.

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1 commento

  1. E un’altra volta, a parte il relativismo autoctono spesso inevitabile con una guerra perduta, sono stati gli anglosassoni a fare scadere l’intensità delle vere emozioni nel teatro. Tutti a gara a fare le commedie cretine e continuamente incentrate su un sesso cervellotico e ossessivo e banalità da borghesi americani affaristi e bevitori con stupidi amori e stupide intellettività.
    Oppure astrazioni e assurdità dove gioca il nonsenso e il virtuosismo della parola. Ma esprimere una voce profonda, un parlare dei sentimenti potenti, non c’è.

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