Pingitore: “Provo rabbia e vergogna per come è ridotta Roma”

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Pierfrancesco Pingitore, scrittore, drammaturgo, paroliere, è stato uno degli innovatori dell’ambiente culturale controcorrente. Portatore di una visione del cabaret e del teatro capace di essere popolare e pungente, spregiudicata e controcorrente. Dotato di una sensibilità artistica che ha portato sia nella sua attività come fondatore e principale animatore, insieme a Mario Castellacci, del Bagaglino nel Salone Margherita, (lanciando nomi noti del panorama satirico come Oreste Lionello e Pippo Franco), sia nella produzione di opere teatrali e canzoni fuori dal coro e dalla monotonia del canone culturale, come “Avanti Ragazzi di Buda” e “Il Mercenario di Lucera”. Unendo ricerca culturale e satira, drammi storici e programmi televisivi di successo. Uno slancio satirico e irriverente, che lo ha sempre accompagnato e ne ha fatto un “Pasquino del Bagaglino”, che con la sua feroce ironia e le sue opere intellettuali ha sempre cercato di irridere gli stereotipi e i canoni del moralismo imperante. Uno spirito pasquinesco che riportato nella sua ultima raccolta di poesie vernacolari: “Le ballate di Pasquino. Cronache satiriche in rima romana tra il fottuto Covid e la fottutissima guerra”(Bertoni).

Pingitore, da poco lei è tornato in libreria con il suo ultimo “Le ballate di Pasquino”. Come nasce questa sua pasquinata in romanesco?

Dalla voglia di continuare a fare satira anche dopo la chiusura del Salone Margherita, il teatro dove per cinquant’anni il Bagaglino ha offerto al pubblico romano e italiano spettacoli satirici di grande successo.

Secondo lei oggi la satira ha perso questa capacità di essere pungente e dissacrante?

Oggi semplicemente la satira non esiste.

In una sua poesia tratta dal suo ultimo libro parlando del tema della cancel culture e del politically correct dice “non so se il mondo diverrà più giusto/de certo è diventato più imbecille”.

Lo confermo anche oggi. In America si fa il processo al Principe Azzurro e lo si accusa di stupro perché ha risvegliato Biancaneve dal sonno di morte dandole un bacio, ma “senza chiederle prima il permesso di baciarla”. A lei, che dormiva! Qua e là si rovesciano le statue di giganti della Storia, come ad esempio Cristoforo Colombo, cui si deve la scoperta di metà del mondo conosciuto. Epperò si dice che non fosse proprio politicamente corretto e perciò meglio dargli una lezione… A Colombo! Ma chi siete? Ma che volete? Si pretende di giudicare con, peraltro opinabili, criteri di oggi, la condotta di uomini vissuti mezzo millennio fa, e si vorrebbe mettere in ginocchio dietro la lavagna Colui che concepì e attuò l’Impresa più temeraria e geniale mai tentata dall’uomo. E perché non accusare Gesù Cristo di sofisticazione alimentare e diffusione dell’alcolismo per aver trasformato l’acqua in vino alle Nozze di Cana? Mi chiedo quale generazione di cretini sta venendo alla ribalta?

Lei col Bagaglino e con le sue opere ha raccontato i cambiamenti politici e culturali del nostro Paese. Che idea si è fatto dell’Italia di oggi? E cosa rimpiange o meno di quella di ieri?

Io non rimpiango nulla. Io amo quello che è stato. Il passato, tutto il passato, perché ad esso sono legati i miei ricordi, i miei sogni, i miei amori, le mie passioni, la mia vita. L’Italia di oggi non è meglio nè peggio di quella di ieri. È diversa, com’è inevitabile che sia. L’importante è che trovi il suo equilibrio. Che la leggerezza della tolleranza prevalga sulle pietre tombali del fanatismo.

Si è parlato molto della necessità di oltrepassare la “cappa” del moralismo dominante e della politicizzazione culturale. Secondo lei da dove può partire un nuovo immaginario italiano?

La cultura di un popolo non è un treno che si possa far partire a ora fissa. Si può soltanto alleggerire il clima e allargare gli schemi entro cui il panorama culturale si è per lungo tempo stabilizzato e sclerotizzato. Ma soprattutto bisogna “fare”, “scrivere”, riempire di opere nuove il cinema, la televisione, i teatri. Il resto è chiacchiera.

In alcune ballate come “Nostra signora dei cinghiali” e “Er mejo sindaco”, la sua Roma sembra a metà tra un luna park deserto e una città un po’ travolta da bestie e disservizi. Che ne pensa della condizione della Roma degli ultimi anni?

Amo Roma come fosse la mia famiglia. Provo rabbia, dolore, vergogna nel vederla ridotta com’è oggi. Tutti i peggiori incubi sono diventati realtà. Sporca, colonizzata da animali di ogni genere, invasa dalle erbacce, col traffico impazzito e i mezzi pubblici fatiscenti, con le fogne che sbottano a ogni temporale, e quel che è peggio col diffuso sentire che non ci sia più nulla da fare e che quindi si possa continuare a sporcarla. La Roma che vorrei risale a tanti anni fa. O forse non è mai esistita.

Ha scritto testi che hanno segnato l’immaginario nostrano come “Avanti Ragazzi di Buda” e il “Mercenario di Lucera”. Come sono nate queste opere?

Sono canzoni fuori dal coro. Mille volte lontane dal conformismo dell’universo canzonettistico. La prima nacque nel 1966 a dieci anni dalla Rivolta d’ Ungheria. La cultura ufficiale l’aveva ormai digerita e quasi dimenticata. Con quella canzone volli riportare alla ribalta l’eroismo dei giovani ungheresi. E il disonore dei sovietici invasori. “Il mercenario di Lucera” era ispirata a un tipo d’uomo spavaldo, avventuroso, votato alle cause che oggi si direbbero politicamente scorrette. Ebbene al fondo di quell’uomo io vedevo brillare la scintilla di una giovinezza indomita e senza tempo. Così superbamente contraria alla narrazione dominante.

Cinema, Teatro e televisione. Quali sono stati gli incontri e i momenti che più hanno segnato la sua carriera?

L’incontro con me stesso, quando decisi di lasciare una comoda carriera e di andare all’assalto di una nuova vita.

Nel finale del suo libro ha scritto una pasquinata finale per il premier. Oggi che le direbbe?

Le direi:
Stai tenendo la barra con perizia
Nun te spaventi e nun t’intimidisci.
Dei Grandi mo’ coltivi l’amicizia,
ma l’amichi d’un tempo nun tradisci.
Il grosso scontro prima o poi verrà.
Ma stai tranquilla: Tu jela pòi fa’

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1 commento

  1. C’è da capirlo, Pingitore. Romano non di nascita ma di adozione. Che dire? Hanno voluto la bicicletta rossa, nonostante l’amara esperienza di Virginia Raggi e del suo predecessore Nicola Zingaretti, adesso pedalino. Ma con prudenza. Tra montagne di monnezza, mandrie di cinghiali, orde di gabbiani e orrori di ogni genere sopra e sotto i marciapiedi, le distrazioni vanno bandite. Anche perché di una mano, quella con la quale si tappano il naso per sopravvivere a quei fluidi repellenti, non ne possono fare uso.

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