Torna Clementino con “Grande Anima”: spiritualità, famiglia e libri

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È tornato Clementino. Lo ha fatto venerdì 25 luglio con un nuovo album, dal titolo già molto esplicativo di una trasformazione personale: Grande Anima. Questa volta, più del solito, Clementino si avvicina a un genere cantatuorale, mantenendo vivo il suo rap ma regalando riflessioni filosofiche, espressione evidente di un cambiamento importante che gli premeva comunicare. In Grande Anima, il cantante napoletano ripercorre la sua infanzia, celebrandone i valori, i sacrifici e i sogni realizzati con fatica, ma sempre con costante ottimismo. Tra suoni internazionali e ritornelli intrisi di melodia orecchiabile, nel nuovo progetto c’è l’intensità di un Clementino tutto da scoprire, che omaggia naturalmente anche la sua Napoli e uno dei più grandi simboli italiani di sempre, Totò. Clementino porterà il suo nuovo album dal vivo con due date, prodotte e organizzate da Promomusic Italia, che si preannunciano essere indimenticabili: il 20 novembre al Fabrique di Milano e il 28 dicembre al Palapartenope di Napoli. 

Un album cantautorale, dedicato all’anima, che arriva dopo tanti anni di carriera: perché proprio adesso?

Bellissima questa domanda, perché la risposta ha esattamente le stesse parole: perché è adesso! Nella meditazione ha molta importanza il qui e ora: si pensa sempre al passato e al futuro, invece per stare bene dovremmo concentrarci sul presente. Hic et nunc, come dicevano anche i grandi dello stoicismo.

La meditazione ricopre un ruolo fondamentale per te.

Prima concentravo tutta la mia quotidianità solo sul rap, ora la meditazione è sullo stesso livello: mi informo, parlo con la gente, cerco libri che parlino della conoscenza di se stessi, dell’immortalità dell’anima e temi affini. Mi sono sentito rinato: finalmente ho di nuovo obiettivi che mi caratterizzano.

Come è arrivato tutto ciò nella tua vita?

Vengo da un periodo molto buio: dieci anni di turbolenza, tra dipendenze, alcol, droghe, serate in eccessi di ogni genere. Con il Covid ho iniziato a capire cosa potessi fare per cambiare il mio modo di vivere. Così piano piano mi sono avvicinato alla meditazione, con l’occasione di unirla all’altra mia grande passione: i viaggi nel mondo. Sono andato a meditare in India, Costa Rica, Giappone, Kenia, Norvegia. Ma anche in Italia.

In che modo viaggiare ti aiuta?

Ciascun Paese ha da insegnare qualcosa con la sua cultura, la sua anima. Ecco, mi è più facile cogliere il senso delle diverse sfumature dell’anima, che sono tantissime: dalla spiritualità, alla speranza nel futuro, fino alla famiglia. Tutto questo grazie anche a un altro tassello che mancava nella mia esistenza: la lettura.

Quanto leggi ora?

Circa cinquanta libri all’anno.

Generi?

Adoro le poesie di Bukowski, ma anche romanzi come Il codice dell’anima di James Hillman, un capolavoro gigantesco. Per non parlare di Giulio Verne. Sarò banale, ma tutto questo, che ora occupa così pienamente la mia vita, si è rispecchiato nell’album. Un album, oltre a vendere le copie, deve anche cambiarti (in meglio) a livello umano durante la scrittura. Ho cambiato il mio modo di affrontare la vita e la mia “weltanshauung” come la chiamano i filosofi tedeschi. Così è nato Grande anima.

Ora ne parli con una bella serenità, però tutto questo passa appunto da un momento difficile. Allora senza il dolore non ci sarebbe la musica?

Enzo Avitabile, uno dei più grandi musicisti in assoluto, ripete spesso che chi non conosce il buio non può vedere la luce. In effetti è vero: chi non esperisce il dolore non può apprezzare le piccole cose della vita. Siamo sempre di fretta, esigendo ogni volta qualcosa di più: in realtà se togliessimo il superfluo dalla nostra vita, resterebbe comunque l’essenza. Guarda caso, proprio quell’essenza è la cosa che davvero conta. Me ne sono accorto sulla mia pelle.

Cioè?

Ho cercato per tanti anni di essere vincente a ogni costo, facendo concerti ovunque, pensando al successo: ho capito che, in tutto questo, ero scontento. Ora sto bene perché cerco l’essenza, quindi i miei obiettivi sono stare con la famiglia, svegliarmi la mattina e fare una passeggiata. La meditazione mi ha dato possibilità di ritrovare il gusto della curiosità: nel periodo buio non vedevo nulla del bello che c’è nel mondo. Quando hai tutto è come se non esistesse niente di nuovo da poter scoprire.

Hai riscoperto i tuoi valori identitari insomma.

Esattamente. Credo che la maturità arrivi davvero quando si crea questo cerchio nella vita: si torna a quello che si era in origine. Sono passati tanti anni, ho fatto tanta tv, ho suonato con chiunque: ho conosciuto personaggi incredibili, ma ora voglio tornare a fare quello che facevo a 15 anni, quando c’era la bellezza di scoprire le cose con una curiosità enorme. Sai quanto è fantastico, però, farlo adesso, con un bagaglio culturale e di esperienza diverso!

L’insegnamento più grande ricevuto dai tuoi genitori, che oggi applichi maggiormente?

Rimanere sempre coi piedi per terra ma a testa alta.

Cosa rappresenta per te Napoli?

Tutto. Si dice che dentro di noi ci sia il DNA: ecco, per è un acronimo che significa Di NApoli.

C’è una caratteristica identitaria di Napoli, di cui si sia mai parlato abbastanza?

L’energia. Ci si dimentica che Napoli è così colorata perché è stata colonizzata per tanti anni da etnie diverse, per cui ha accolto la diversità sotto ogni punto di vista. Per questo è così bella. anche Napoli è fatta da tante sfumature diverse, esattamente come l’anima. I napoletani sentono l’energia vulcanica sotto i piedi: mi si può credere oppure no, ma ti assicuro che quella che può sembrare solo un’immagine poetica, è confermata dalla realtà dei fatti.

Ma il vero Clementino è quello che canta in lingua napoletana o in lingua italiana?

Non esiste differenza: entrambi sono parte assoluta di me. Sono un appassionato della lingua napoletana, ma i tanti testi teatrali che ho studiato mi hanno portato a cantare in italiano. Per questo motivo, orgogliosamente, interseco dialetto e lingua italiana negli stessi brani.

Ti manca il teatro?

Molto. Spero tantissimo di tornare a farlo molto presto.

I testi studiati, tra teatro e letteratura, che ti hanno affascinato di più in assoluto?

Cyrano de Bergerac di Rostand, Cime Tempestose di Emilie Bronte. Autori come Molière, Cechov. E poi Dante Alighieri, di cui ho imparato a memoria alcuni versi.

Ti diverte imparare e memoria testi di certi scrittori.

Sì, perché nel frattempo inconsciamente si scopre sempre qualcosa in più. Nell’ultimo periodo durante The Voice, per esempio, mi ero appena preso un libro di poesie italiane: mi sono divertito a recitarle in tv, tutte imparate a memoria.

Nel 2025 sei stato ospite di Rocco Hunt nella serata cover, ma nel 2026 ti rivedremo finalmente a Sanremo?

Magari! Sanremo è un mio obiettivo, uno di quelli prioritari. Mi piacerebbe tanto, più di tutti gli altri anni passati. Il mio primo Sanremo, nel 2016, fu fantastico, sia per il brano in gara che mi diede grandi soddisfazioni e che in tanti mi cantano ancora oggi (Quando sono lontano), sia per la cover di Don Raffaé. Ho una voglia matta di arrivare lì all’Ariston!

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