La silloge poetica Gocce di vita di Tiziana Fiori si presenta come un viaggio intimo ed emozionale, dove la parola poetica diventa specchio dell’anima e al tempo stesso strumento di resistenza e rinascita. L’autrice costruisce un mosaico di immagini liriche che, pur nella loro essenzialità, racchiudono la densità di esperienze vissute, trasformando il dato biografico in universale. offre come un percorso di introspezione e rinascita, dove la parola poetica diventa spazio di contemplazione, dialogo interiore e rivelazione esistenziale Il valore simbolico del titolo Il titolo Gocce di vita racchiude l’essenza stessa dell’opera: le poesie sono piccole ma intense unità di senso, come stille d’acqua che, pur nella loro fragilità apparente, custodiscono la forza della sorgente da cui provengono. La “goccia” diventa così metafora della condizione umana.
Il nucleo tematico principale è costituito dalla ricerca identitaria: la figura della donna si declina nei ruoli di figlia, madre, amante e amica, componendo un mosaico che riflette la pluralità dell’esperienza femminile contemporanea. In questo senso, la raccolta si inserisce in una linea di scrittura che appartiene alla generazione delle donne nate negli anni Settanta e Ottanta, cresciute in un contesto di progressiva emancipazione ma ancora attraversato da vincoli tradizionali. Poesie come Penelope ed Errori di donna assumono un valore paradigmatico, poiché trascendono l’autobiografia per aprirsi a una dimensione corale e generazionale.
Dal punto di vista stilistico, i testi oscillano tra un registro essenziale, vicino all’ermetismo per la concentrazione di immagini e parole-chiave, e un registro narrativo, che si avvicina alla prosa poetica e alla scrittura diaristica. Tale alternanza produce una varietà espressiva che rispecchia la molteplicità dei temi affrontati. La scelta di un lessico semplice, privo di artifici retorici, conferisce alle liriche un’immediatezza comunicativa che ne rafforza l’efficacia. La musicalità dei versi nasce spesso da un ritmo breve e cadenzato, che richiama l’idea stessa della “goccia”: un flusso costante e ritmico, a volte sommesso, a volte impetuoso.
L’universo simbolico della raccolta si struttura attorno ad alcuni nuclei ricorrenti: l’acqua (pioggia, mare, ninfee) come metafora di instabilità e rinascita; il tempo (attesa, inciampare, partenza) come segno dell’ineluttabilità del destino ma anche della possibilità di trasformazione; la famiglia (madre, padre, nonni) come radice affettiva e al contempo luogo di conflitti irrisolti. Questi elementi vengono declinati attraverso immagini quotidiane che si caricano di valore emblematico: un cappello rosa, un giro di perle, un fascio di orchidee.
Dal punto di vista letterario, Gocce di vita si colloca in un crocevia che unisce la tradizione dell’Ermetismo italiano — nella scia di Ungaretti e Quasimodo per la forza dell’immagine condensata — alla scrittura femminile del secondo Novecento. È inevitabile, in questo contesto, richiamare la produzione di Alda Merini, che coniuga lirismo e autobiografia, di Patrizia Cavalli, con la sua attenzione al dettaglio quotidiano trasformato in riflessione universale, e di Dacia Maraini, la cui prosa poetica ha spesso esplorato il nesso tra intimità individuale e condizione sociale femminile.L’autrice, pur con uno stile personale e distinto, si inserisce in questa tradizione, declinandola in chiave generazionale e contemporanea.
ME infante
Amabile creatura
Macrocosmo e microcosmo in costante espansione.
Rapide esultanze, tragiche cadute
In salda apparente stabilità.
Stato di proiezione energica e tranquilla verso mete
Solo presente in linfa vitale
Conversione spontanea di movimenti, pulsioni e emozioni.
Nient’altro.
Essere.
Infanzia: il fondamento dell’Essere
In Me infante il soggetto poetico si rivolge all’infanzia come tempo originario e puro: “Amabile creatura / Macrocosmo e microcosmo in costante espansione”. Il linguaggio oscilla tra la delicatezza e la tensione cosmica, restituendo la grandezza dell’infanzia come energia vitale e autentica. Le “rapide esultanze, tragiche cadute” mostrano come anche il mondo infantile contenga già l’alternarsi di gioie e fragilità, fino alla chiusa lapidaria: “Nient’altro. / Essere.” La vita, nel suo stato primordiale, è nuda presenza, autentico battito vitale. Me infante di Tiziana Fiori La poesia Me infante si configura come una riflessione poetico-filosofica sull’infanzia intesa non solo come età biologica, ma come condizione originaria dell’essere. Fin dal titolo, l’uso del pronome riflessivo “Me” congiunto a “infante” orienta la lettura verso una dimensione autobiografica e al tempo stesso universale, in cui l’io lirico riconosce nella propria infanzia la matrice di un’esperienza condivisa dall’intera umanità. L’apertura con l’appellativo “Amabile creatura” pone il bambino in una prospettiva di tenerezza e sacralità, figura fragile ma depositaria di un duplice universo: “Macrocosmo e microcosmo in costante espansione”. L’infante viene così rappresentato come sintesi vivente tra il tutto e la parte, immagine che richiama la tradizione neoplatonica e umanistica dell’uomo quale microcosmo in relazione al macrocosmo. La struttura testuale è scandita da una serie di antitesi che riflettono la natura dialettica della vita: “Rapide esultanze, tragiche cadute / In salda apparente stabilità”. L’ossimoro della “stabilità apparente” sottolinea la precarietà dell’esistenza, che pur nel suo slancio vitale resta esposta alla caducità e al dolore. Un ulteriore elemento caratterizzante è la tensione verso il futuro: lo stato infantile è descritto come una “proiezione energica e tranquilla verso mete”, in cui l’energia vitale si fonde con una quieta fiducia. Tuttavia, il nucleo centrale della poesia risiede nella celebrazione del presente assoluto: “Solo presente in linfa vitale / Conversione spontanea di movimenti, pulsioni e emozioni”. L’infanzia è l’età in cui l’essere umano si identifica con l’atto stesso del vivere, con la linfa vitale che scorre, senza mediazioni razionali. È l’età della spontaneità e dell’immediatezza, dove emozione ed esistenza coincidono. La chiusa “Nient’altro. / Essere.” conferisce alla lirica una forte connotazione filosofica. La riduzione estrema del linguaggio riflette un approdo esistenziale che ricorda la riflessione heideggeriana sull’“esserci”: non occorrono definizioni ulteriori, poiché l’infanzia, come condizione pura dell’esistenza, si identifica semplicemente con l’“essere”. Dal punto di vista stilistico, il testo si caratterizza per l’essenzialità espressiva e la densità semantica. I versi brevi, frammentari e assertivi assumono quasi la forma di enunciati assoluti, di piccole rivelazioni che si succedono in modo progressivo fino alla parola conclusiva. In definitiva, Me infante è una poesia che, pur nella sua brevità, riesce a condensare una visione cosmica ed esistenziale dell’infanzia, elevandola a metafora dell’autenticità dell’uomo e del suo legame indissolubile con il flusso vitale dell’universo.
SEI TU
Non sono giorni vuoti
Non sono attimi persi
Non sono gesti inutili
Non sono sorrisi sprecati
Non sono sguardi sfocati
Non sono abbracci non dati
Non sono parole cadute
Non sono solo lacrime versate
Non sono parole senza senso.
Sei tu
La poesia “Sei tu” è costruita su una struttura anaforica molto evidente: la ripetizione della formula “Non sono…” all’inizio di quasi tutti i versi. Questa tecnica retorica crea ritmo, insistenza, e al tempo stesso delimita un campo semantico: quello della negazione di vuoti, mancanze, sprechi emotivi o gestuali. Analisi del contenuto Negazione del nulla: ogni verso esclude la possibilità che l’“io” o il “tu” siano riconducibili al vuoto, alla perdita o all’inutilità. Viene messa in risalto una contrapposizione tra ciò che non è e ciò che realmente esiste.
RITRATTO DI SIGNORA
(autoritratto psicologico attuale)
Cappello rosa, viso radioso
Ombra interna
Immagine sbiadita, nuova proiezione
Fragilità di sentimenti, rocciosità d’intenti
Stato d’incertezza
Traballamento in assestamento.
Donna ora.
La maturità femminile e la complessità del sé Diversa è la tonalità di Ritratto di signora, che restituisce la figura di una donna adulta: “Cappello rosa, viso radioso / Ombra interna”. Qui emerge una dialettica tra luce e ombra, esteriorità e interiorità, bellezza e fragilità. La poesia sottolinea la condizione femminile come equilibrio instabile ma fecondo, in cui la vulnerabilità dei sentimenti si accompagna alla “rocciosità d’intenti”. L’ultima affermazione, “Donna ora”, è una conquista: non più soltanto proiezione o attesa, ma piena assunzione della propria identità.
PIOGGIA
Una tenda umida fuori
Un offuscamento nella mente.
Gocce in caduta libera
pensieri in fluttuazione disordinata.
Grigiore in pozze di vita.
Un ombrello improvvisamente a protezione.
Tranquillità interiore.
La poesia Pioggia arricchisce ulteriormente il saggio perché introduce con forza il tema della natura come specchio interiore
La Natura e interiorità: la pioggia come metafora
La poesia Pioggia si inserisce nel solco della lirica naturalistica che l’autrice piega a simbolo di stati interiori. L’immagine esterna – “Una tenda umida fuori” – si riflette immediatamente nel mondo mentale: “Un offuscamento nella mente”. Le gocce che cadono, “in caduta libera”, si associano a pensieri disordinati, mentre il grigiore si tramuta in “pozze di vita”. La natura diventa specchio e trasposizione dell’animo umano, capace di rivelare inquietudine ma anche conforto. L’“ombrello improvvisamente protezione” non è solo oggetto concreto, ma simbolo della capacità di trovare riparo e resilienza. La chiusa, “Tranquillità interiore”, ribalta la tensione iniziale, mostrando la funzione catartica della poesia e della contemplazione naturale.
All’interno della raccolta Gocce di vita, testi come Sei tu e Pioggia mostrano con particolare chiarezza la linea tematica che attraversa l’opera: la costante oscillazione tra assenza e presenza, disordine e quiete, fragilità e senso. In Sei tu l’io poetico lavora attraverso un processo di esclusione: le negazioni che scandiscono il testo cancellano via via i segni della perdita – i giorni vuoti, i gesti inutili, le parole cadute – fino a svelare che il significato si condensa nell’incontro con un “tu”, figura salvifica e generatrice di senso. In Pioggia, invece, la medesima dinamica si articola sul piano della percezione sensoriale.
Mettendo in dialogo Ritratto di signora, Sei tu e Pioggia, si evidenziano i fili comuni che li legano all’interno della raccolta Gocce di vita.
Queste tre poesie, pur nella loro autonomia tematica e formale, condividono un medesimo nucleo poetico: la rappresentazione di una condizione di fragilità esistenziale che viene progressivamente trascesa e trasformata in senso. La dinamica di trasformazione In Sei tu, la serie di negazioni dissolve l’assenza per approdare a un “tu” che diventa senso e presenza piena. In Pioggia, il caos atmosferico e mentale si scioglie nell’immagine protettiva dell’ombrello, fino a raggiungere la “tranquillità interiore”. In Ritratto di Signora diventa asserzione definitiva finale “donna ora”.
Emergono concluse tematiche comuni: Infanzia ed Essenza in dialogo con Fragilità e Rinascita . La poesia Me infante si colloca in un punto cruciale della raccolta: è il testo che più esplicitamente afferma l’idea dell’essere originario, inteso come condizione di autenticità e vitalità. L’infante, “amabile creatura” sospesa tra macrocosmo e microcosmo, incarna la purezza del presente, il fluire spontaneo di emozioni e pulsioni che non hanno ancora conosciuto mediazioni o ferite. Questo nucleo poetico dialoga profondamente con le altre liriche analizzate. Se in Me infante l’“essere” è dato come stato di grazia, in Pioggia e Sei tu la percezione dello stesso diventa precaria.
In Ritratto di signora, infine, la condizione infantile sembra trasfigurarsi nel percorso di maturazione della donna: da una parte il peso delle “ombre interne”, dall’altra la possibilità di affermarsi con la parola definitiva “Donna ora”. È un passaggio dalla spontaneità dell’infante alla consapevolezza adulta, che però non cancella ma rielabora la purezza originaria.
L’ALBA
Linee dipinte si rifrangono sulla pellicola vergine della notte.
Lentamente il chiarore aggredisce il buio
Fasci di luci sempre più accecanti si disegnano nella trasparenza del cielo.
Sono sempre più grandi, sempre più lontani…
Il sipario della notte si apre ed il giorno appare immobile.
Chiarezza di pensieri.
Questi versi hanno già una forza evocativa molto intensa — sembrano un vero e proprio epilogo simbolico: la notte come condizione di oscurità interiore, il chiarore che la “aggredisce” come processo di rinascita, fino alla quiete del giorno, immobile ma luminoso, dove finalmente la mente si apre a una “chiarezza di pensieri”. Se li metti in relazione con le poesie che stavi analizzando: sono il contrappunto perfetto a Pioggia, perché mostrano il passaggio dalla tempesta alla trasparenza; richiamano Me infante, nel senso di uno stato originario e incontaminato (“pellicola vergine della notte” come tela su cui disegnare la vita); anticipano Ritratto di signora, con la conquista di un’identità lucida e salda; e con Sei tu condividono la funzione rivelatrice.
Gocce di vita è più di una raccolta: è un itinerario di crescita e consapevolezza, un diario intimo che diventa specchio universale. Le poesie di Tiziana Fiori sono piccole epifanie, capaci di fermare il flusso dell’esistenza e di restituirlo al lettore in forma essenziale, luminosa e vitale.


















